Spese di giustizia


Una parola chiarificatrice da parte della Suprema Corte
Spese di giustizia
La materia della regolazione delle spese processuali è sempre molto discussa e spesso le decisioni dei giudici di merito sul punto non lascia completamente convinti.
In particolare, poi, quando parte del giudizio sia una Pubblica Amministrazione, non di rado si assiste a decisioni che troppo spesso appaiono favorire l’Ente Pubblico.
Nel caso di cui si è occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 13.1.05, il giudice di merito, pur avendo accolto il ricorso del contribuente avverso una sanzione amministrativa in materia tributaria irrogata dalla locale Prefettura, ha disposto la compensazione delle spese di lite in ragione della mancata costituzione della Prefettura stessa.

Ed invero, in conformità a quanto già espresso in precedenti casi, la Cassazione ribadisce che, poiché, ai fini della distribuzione dell'onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l'aver dato causa al giudizio, la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta così da rendere necessario l'accertamento giudiziale. Infatti, l'individuazione del soccombente si fa in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che hanno anticipato nel processo, è quella che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi.

Non può quindi assumere rilievo alcuno, ai fini dell'applicazione della disciplina fissata nell'art. 92 c.p.c., la circostanza che la parte che ha dato causa al processo abbia poi omesso di costituirsi in esso e comunque di dispiegare attività difensiva, condotta alla quale va attribuita valenza totalmente neutra siccome inidonea a costituire indice di esclusione del dissenso e addirittura di adesione all'avversa richiesta, e che, anzi, conclude la pronuncia in epigrafe, può semmai considerarsi espressione di mera indifferenza rispetto alle ragioni di economia che dovrebbero indurre le parti (specialmente le parti pubbliche) all'adozione di ogni cautela utile ad evitare inutili dispendi di energia processuale.

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di Avv. Giuseppe Del Sole

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