Stalking condominiale: è reato minacciare e molestare una famiglia dello stesso stabile


Stalking condominiale: la Cassazione ha applicato la disciplina degli atti persecutori anche in ambito condominiale
Stalking condominiale: è reato minacciare e molestare una famiglia dello stesso stabile

Se la società cambia e si trasforma, è auspicabile che anche il diritto assuma vesti nuove o mai indossate e cambi con lei. Compito precipuo del diritto è prima di tutto un’idea, quella di giustizia, e di un suo concretizzarsi al fine di tutelare chi – fra i consociati – assuma di aver subìto un torto giuridicamente rilevante.

Non stupisce, quindi, che nuove fattispecie calchino il palcoscenico della giuridicità – o meglio, antigiuridicità – e presentano caratteristiche meritevoli di essere approfondite.

Oggi trattiamo quindi di una nuova fattispecie – di un ibrido a dir la verità – qualificabile come stalking condominiale. È necessario dapprima inquadrare la suddetta da un punto di vista generale, presentandola nelle sue vesti ordinarie, in quelle socialmente più conosciute, per poi andare a tracciarne le specificità del caso concreto.

Il termine stalking è un prestito – fra i tanti effettuati negli ultimi anni – della lingua inglese, scelto per la sua capacità di esprimere un concetto, un’idea che in italiano richiederebbe l’utilizzo di troppe parole, perdendo così quell’efficacia diretta ed immediata di cui invece necessita a pieno.

In realtà, anche la fattispecie ex art. 612 bis c.p. risulta essere relativamente recente e, quindi, non stupisce che particolari sue declinazioni non le si conosca o le si conosca in minima parte. Il reato di atti persecutori – infatti – è frutto di quella scelta legislativa ante 2009 che non prevedeva l’ipotesi di un reato specifico, bensì tentava di punire un eventuale comportamento persecutorio facendo leva su fattispecie che troppo spesso non risultavano tutelanti nei confronti della vittima (molestia, ingiuria, lesioni). Senza che ci si soffermi sul punto e sulla storia normativa del reato di stalking, allorché detta fattispecie fu tipizzata, ne furono enunciati naturalmente anche i contenuti e le modalità di esplicazione.

E così, il “nuovo” delitto di atti persecutori, prevede e punisce le condotte persecutorie idonee a turbare le normali abitudini di vita, o a provocare uno stato di ansia o di paura, tale da ingenerare nella vittima un grave disagio psichico o fisico, o a determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di un prossimo congiunto.

Persecutorie – come evidenziato dalla giurisprudenza di merito – coincide necessariamente con ripetute, posto che l’abitudinarietà di un siffatto tipo di comportamento è uno fra i requisiti necessari per la configurazione a livello giuridico di un interesse che urge tutelarsi. Infine, bisogna aggiungere che gli eventi descritti dalla norma sono alternativi: la presenza di uno dei tre integra la fattispecie in questione.

Entrando nel merito della figura dello stalking condominiale, questa prende le mosse dalla giurisprudenza, non trattandosi di una fattispecie tipizzata, quindi prevista dal Codice penale. In particolare, con la recente sentenza n. 28340/2019, la Cassazione confermava la misura della custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di due condomini, responsabili di aver posto in essere un disegno criminoso con il precipuo scopo di minacciare e molestare una famiglia dello stesso stabile.

Nello specifico, il caso vedeva i due indagati i quali, “con reiterate e ripetute minacce e insulti quotidianamente rivolti alla famiglia N. negli spazi comuni del condominio, minacciavano e molestavano D.N. e i suoi famigliari, in modo tale da cagionare loro un grave stato di paura e da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria e dei prossimi congiunti e/o da costringerli a modificare le loro abitudini di vita”.

Essendo state numerose, negli ultimi anni, le sentenze di siffatto calibro, non stupisce l’inevitabile consacrazione dello stalking “a condominiale”, allorché la fattispecie nasca e si sviluppo all’interno di condomini, e più in generale stabili.

Lo stalking, quindi, esce dal suo naturale contesto sociale e giuridico per entrare nelle aule di giustizia con vesti differenziate. Per essere provato in giudizio è necessario dimostrare gli elementi che caratterizzano la figura ordinaria, vale a dire la presenza di atti persecutori, nonché la reiterazione di detti comportamenti da parte dello stalker, i danni psico-fisici imputabili al soggetto passivo ed il nesso causale fra il danno e gli atti persecutori.

La vittima dovrà fra l’altro preoccuparsi di sporgere denuncia entro 6 mesi dal realizzarsi dell’ultimo atto persecutorio posto in essere da parte dello stalker.

Articolo del:


di Avv. Elisabetta Rocco

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse