Sui vaccini ai figli il genitore decide oltre le personali convinzioni


Il vaccino ha funzione preventiva e la percezione soggettiva della sua funzione e dei rischi non deve condizionare la scelta del genitore in relazione ai figli minori
Sui vaccini ai figli il genitore decide oltre le personali convinzioni

Un recente provvedimento della Nona Sezione Civile del Tribunale di Milano (N. 6014 /2021 R.G.) ha definito la controversia insorta in riferimento ad una minore dell’età di undici anni i cui genitori erano in contrasto sulla somministrazione dei «vaccini obbligatori per legge ed anche altri vaccini non obbligatori ma certamente utili per la tutela della sua salute» con l’opposizione di uno all’altro «ad effettuare il tampone molecolari per la diagnosi del Covid-19 ed il test antigenico per accedere alle lezioni scolastiche».

Nel procedimento era addirittura stata sollevata questione di legittimità costituzionale del DL 73/2017 convertito con modifiche nella legge 119/2017, questione ritenuta infondata dal Tribunale di Milano, il quale motiva che «la Corte Costituzionale con sentenza n. 5 del 2018 pubblicata il 18.1.2018 si è già occupata di valutare la legittimità costituzionale del DL 73/2017 e della legge di conversione 119/2017, su ricorso della Regione Veneto, ed ha dichiarato, tra l'altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate contro l'art. 1, commi da 1 a 5, e contro gli artt. 3, 4 e 5 del d.l. n. 73 del 2017, nella versione originaria e contro l'art. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter, e contro gli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla legge n. 119 del 2017, denunciati per violazione degli artt. 2, 3, 31, 32, 34 e 97 Cost., quest'ultimo in "combinato disposto" con gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Costituzione».

L’articolo 32 della Costituzione postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività (da ultimo sentenza n. 268 del 2017), nonché, nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l'interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura (ex multis, sentenza n. 258 del 1994). Il trattamento sanitario mediante il quale si pratica la vaccinazione non è incompatibile con l'art. 32 Cost. laddove il trattamento è preordinato a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi si sottopone ed anche a preservare lo stato di salute degli altri consociati che con esso entrino in contatto.

Il provvedimento del Giudice milanese è di particolare interesse perché si sofferma su un criterio di giudizio suscettibile di una generale applicazione alle molteplici decisioni sulle quali, in relazione al minore, i genitori possono trovarsi in confitto: un trattamento sanitario come la vaccinazione può essere percepito diversamente a seconda della fase storica nella quale viene somministrato.

«Paradossalmente» dice il giudice milanese «proprio il successo delle vaccinazioni induce molti a ritenerle erroneamente superflue, se non nocive: infatti, al diminuire della percezione del rischio di contagio e degli effetti dannosi della malattia, in alcuni settori dell'opinione pubblica possono aumentare i timori per gli effetti avversi delle vaccinazioni.».

Insomma, a seconda del momento, il vaccino viene letto e vissuto come un salvavita o come un semplice strumento di prevenzione, rispettivamente obliandone o sopravvalutandone, a seconda dei casi, i relativi ipotizzabili rischi; ciò non toglie che la sua funzione resti sempre la stessa ossia prevenire rispetto alla possibilità che una patologa venga contratta.

Potremmo altresì aggiungere che in fasi di sostanziale tranquillità, quelle che, in gergo, si definiscono di acquisita immunità di gregge, l’obiettivo della prevenzione è subito raggiunto; in situazioni, invece, di incombente minaccia della malattia, questo è conseguito al momento in cui il singolo vaccino sarà somministrato nel contesto di un numero tale da scongiurare la diffusione della patologia; eppure la funzione del vaccino resta la stessa ed il giudice, nella tutela del miglior interesse del minore, opera al di fuori di quella che può di volta in volta essere una percezione soggettiva dell’identità e funzione del trattamento sanitario.

La decisione del caso specifico è pertanto emblematica di un criterio che risponde al miglior interesse del minore ed ha autorizzato il genitore favorevole alla vaccinazione, nella fattispecie il padre, «a far effettuare alla figlia, senza il consenso della madre, tutte le volte che sia necessario, il tampone "anti-Covid" (nelle forme del test molecolare, test antigenico rapido, test sierologico tradizionale o rapido, test salivare secondo la necessità del caso)» oltre che a «valutare, in autonomia, senza l'accordo della madre, visti gli approdi della scienza, le autorizzazioni degli enti regolatori, le norme di legge, le raccomandazioni del pediatra che segue la minore, se sia necessario o anche solo opportuno somministrare il vaccino anti Covid 19 alla figlia minore, provvedendo di conseguenza» disponendo altresì che la minore «utilizzi la mascherina necessaria a limitare la possibilità di contagio da Covid 19 in tutte le situazioni imposte da legge o comunque in caso di assembramento, delegando il padre ad adoperarsi affinché ciò avvenga».

Infine, affinché tutto questo si potesse realizzare senza strascichi al di fuori dell’aula di tribunale, ha ammonito «la madre a non ostacolare l'effettuazione delle vaccinazioni e dei tamponi consegnando al padre la minore unitamente a tutta la documentazione richiesta ogni qualvolta sarà necessario per l'adempimento di quanto sopra, ed a non ostacolare l'uso da parte della figlia della mascherina anti Covid 19».

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di Giuseppe Mazzotta

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