Sull'omesso versamento di ritenute previdenziali


Il punto sul reato in oggetto tra futura depenalizzazione e normativa attuale
Sull'omesso versamento di ritenute previdenziali
L’omesso versamento dei contributi previdenziali è un’ipotesi di reato p. e p. dall’art. 2 comma 1 e 1 bis l.638/83 e successive modificazioni, per cui viene punito il datore di lavoro che non abbia versato le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.

La pena edittale prevista per la commissione del delitto indicato è quella della reclusione sino a tre anni e con la multa sino a due milioni.
Con la legge delega n. 67/2014 il Parlamento ha delegato al Governo l’attuazione, nel termine di 18 mesi, di uno o più Decreti Legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, in ordine a determinate fattispecie di reato, tra cui è specificato, all’art. 2 comma 2 lett. C, proprio il reato di omesso versamento dei contributi, purchè l’omesso versamento non ecceda il limite complessivo di € 10.000,00 annui.
In termini pratici, la legge delega è entrata in vigore il 17.05.14 ed, entro il 17.11.15, il Governo dovrebbe attuare il Decreto Legislativo che trasformi in illecito amministrativo, tra gli altri, il reato di cui dall’art. 2 comma 1 e 1 bis l.638/83.

Sino a qui appare tutto molto chiaro e, confidando doverosamente nella puntualità del Governo, dal 17.11.15 nessuno potrà più essere penalmente perseguito per il delitto de quo. Da un punto di vista giuridico e empirico molto più interessante è capire cosa accade nelle more, ovvero in attesa del Decreto Legislativo, per delimitare i confini di responsabilità di un individuo che si trovi processato per tale reato anteriormente al 17.11.15.

Per fare ciò, rilevata qualche sporadica pronuncia contraria da parte di Tribunali di merito in tal senso, bisogna valutare se la legge delega sia idonea o meno ad assumere il rango di legge a cui è riservata la normazione in materia penale.

In materia penale la nostra Costituzione, all’art. 25 II comma, fissa il principio della c.d. Riserva di legge, per cui "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso". Il termine "legge" inserito nella Carta Costituzionale è stato interpretato, dalla molteplice dottrina e giurisprudenza che ha affrontato la materia, in maniera prettamente garantista, e così dobbiamo ritenere che in materia penale sussista una riserva di legge c.d. assoluta, per cui la normazione è riservata a disposizioni emesse dalla Camere.

La Corte Costituzionale ha riconosciuto, con plurime decisioni, la possibilità che tale attività possa parzialmente essere delegata al Governo, per il tramite di Decreti Legge o Decreti Legislativi.

In particolare interessa che il Decreto Legislativo possa assumere rango di legge ex art. 25, II comma, Cost. qualora il legislatore delegante abbia definito l’oggetto della delega ed indicato con particolare precisione i principi e criteri direttivi, onde evitare che il Governo delegato sia libero di effettuare qualsiasi decisione in assoluta libertà.

La delega però, pur ponendo evidenti limitazioni, non può e non deve vincolare tutte le scelte concrete del Governo: proprio il fatto che rimanga a questo un margine di manovra nella formazione del Decreto porta a ritenere che è solo il Decreto Legislativo ad assumere il rango di legge, e non la delega che, lasciando un margine discrezionale al delegato, non confluisce necessariamente per intero nel testo del Decreto e perde di efficacia con la emanazione di questo.

Così dobbiamo ancora aderire alla dottrina maggioritaria e ritenere che la legge delega non sia autonomamente idonea a depenalizzare la norma ed, ad oggi, il reato di cui all’art. 2 comma 1 e 1 bis l.638/83 sussista.

Ciò doverosamente premesso, si ritiene che sussistano comunque margini di difesa per chi risulta imputato di omesso versamento di ritenute previdenziali entro gli € 10.000,00 e si trovi a dovere affrontare il processo entro l’attuazione del Decreto Legislativo e questa possibilità difensiva è data dalla nuova causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.

La norma indicata ha previsto per determinati reati, tra cui quello in esame, che la punibilità sia esclusa quando l’offesa è di particolare tenuità ed il comportamento non sia abituale.

Prescindendo dalla abitualità del comportamento (che andrà valutata soggettivamente caso per caso) lo scrivente ritiene si possa legittimamente sostenere che l’omesso versamento di contributi entro gli € 10.000,00 annui debba essere ritenuto fatto tenue.

E’ proprio il legislatore, nel caso, che fornisce una qualificazione oggettiva di tenuità del fatto, indicandoci un limite di valore entro il quale il fatto non deve avere rilevanza penale.

A mio modo di vedere perciò, la persona imputata di omesso versamento di ritenute previdenziali che debba affrontare il processo entro il 17.11.15, qualora possieda le qualità soggettive per fare valere la causa di non punibilità, potrebbe legittimamente avvalersi dell’applicazione della normativa di cui all’art. 131 bis c.p.

Articolo del:


di Avv. Luca Bicci

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse