“Truffe affettive” e amministrazione di sostegno per soggetti fragili


Rispetto alle c.d. “truffe affettive”, condotte che fingono amore per estorcere denaro, è opportuno richiedere l'amministrazione di sostegno anziché l’inabilitazione
“Truffe affettive” e amministrazione di sostegno per soggetti fragili

L'istituto dell'amministrazione di sostegno si caratterizza per una stretta aderenza alle ragioni del potenziale beneficiario e presenta una spiccata elasticità con evidenti riflessi sul contenuto dei provvedimenti stilati in specifica relazione alle esigenze di pratica assistenza del soggetto in difficoltà a provvedere ordinariamente ai proprio personali interessi, anche quando l’esigenza si presenti in assenza di situazioni di strutturale incapacità.

Il focus posto dal legislatore sulla condizione di fragilità di un soggetto costituisce anche la ragione per la quale il provvedimento del Giudice può decidere anche in contrasto con la possibile idea del beneficiario di poter continuare a prendersi cura dei propri interessi.

Le caratteristiche di questo istituto di tutela di soggetti fragili sono poste in adeguata e ampia evidenza dalla recente sentenza del 30 gennaio 2021 del Tribunale di Ravenna, chiamato a decidere, tra gli altri, su tutti gli aspetti appena richiamati.

Il procedimento veniva avviato su iniziativa del marito e delle figlie di un’anziana donna per i comportamenti dalla stessa messi in atto e riconducibili a una documentata prodigalità mediante la quale da circa 6 anni, attraverso l'utilizzo di facebook e whatsapp, ella interloquiva con persone di sesso maschile di origine straniera non limitandosi a un mero rapporto epistolare, ma inviando ingenti somme di denaro alle predette persone, nell'erronea convinzione di intrattenere con loro una relazione sentimentale. 

Era anche emerso che la donna «nel trascorrere ore a chattare ed avendo perso ogni contatto con la realtà, si fosse addirittura convinta di essere sposata con un uomo diverso dall'effettivo marito e di avere una figlia (...) invero inesistente, al cui padre» aveva inviato del denaro.

Veniva formulata richiesta di inabilitazione, un provvedimento effettivamente previsto dalla legge per i casi di prodigalità e la donna si difendeva sostenendo «di non essere affetta da alcuna patologia psichiatrica, ma di vivere in una condizione di solitudine all'interno della propria famiglia» e di avere «trovato in internet occasioni per creare amicizie, di cui era poi rimasta vittima» sicura di essere «perfettamente in grado di provvedere a se stessa».

Il Tribunale valutava la richiesta di inabilità procedendo dai due significati che, in modo ormai consolidato, dottrina e giurisprudenza attribuiscono alla prodigalità, vista, da una parte, in senso “oggettivistico" in caso di «comportamento abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, indipendentemente da una derivazione di tale comportamento da una specifica malattia o infermità, e, quindi, anche quando tale comportamento si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili (cfr. tra tante Cass. sent. n. 786/2017; conf. Cass. ord. n. 5492/2018)»

E dall’altra, "soggettivistica", la quale sostiene che per «una misura protettiva di inabilitazione (o, come si dirà, di amministrazione di sostegno) è richiesto che la prodigalità trovi fondamento in una situazione psicopatologica o di alterazione dei processi mentali (cfr., in tal senso, Trib. Modena, 3.11.2017, in Fam. e d., 2018, 142 ss.)».

Con questi presupposti interagisce la posizione consolidata della giurisprudenza di legittimità, per la quale «può adottarsi la misura di protezione dell'amministrazione di sostegno, nell'interesse reale e concreto del beneficiario, inerente la sua persona e/o il suo patrimonio, anche in presenza dei presupposti dell'interdizione o dell'inabilitazione (cfr. Cass. sent. n. 18171/2013; Cass. ord. n. 20664/2017) e dunque anche quando ricorra una condizione di prodigalità. Infatti, l'istituto dell'amministrazione di sostegno ha, come noto, la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che - sacrificando nella minor misura possibile la capacità di agire dell'interessato - si distingue dagli altri istituti a tutela degli incapaci (non già per il diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto) per la maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del beneficiando, in relazione alla flessibilità dell'istituto ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa».

Nel caso in esame è risultata pacifica «la dazione di rilevanti somme di denaro, da parte dell'interessata, a soggetti da questa mai incontrati nel mondo reale e, addirittura, almeno in un caso, mai visti neppure attraverso webcam» essendo rimasta vittima di «"truffe affettive" (rectius: circonvenzione ex art. 643 c.p.)» venendo a trovarsi in «una chiara condizione di vulnerabilità, derivante da una riduzione della capacità critica e volitiva, tale da esporla ad azioni di circonvenzione da parte di terzi».

Il tribunale decideva opportunamente e correttamente escludendo la misura dell’inabilitazione giudicata «inadeguata rispetto alle esigenze di protezione dell'inabilitanda atteso che, per un verso, il curatore non avrebbe compiti di cura della persona (che invece possono assegnarsi all'AdS) e, per altro verso, la perdita parziale della capacità di agire per la sola straordinaria amministrazione non consentirebbe, in caso d'inabilitazione, un adeguato controllo sull'utilizzo del denaro nel quotidiano» e considerava come la persona fragile avrebbe potuto continuare a versare in favore di possibili approfittatori.

Il Tribunale decideva in favore dell'Amministrazione di Sostegno, in quanto meglio si presta, rispetto all'inabilitazione, a soddisfare gli interessi personali e patrimoniali della beneficianda «tenuto conto della duttilità della misura, della sua idoneità ad adeguarsi alle esigenze della persona protetta e dell'agilità della relativa procedura applicativa, che consente peraltro in ogni momento di rimodulare i poteri dell'AdS e la correlativa incapacità/capacità della persona beneficiaria».

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di Giuseppe Mazzotta

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