Tutela del nascituro e accordi di separazione

L’art. 1 del codice civile, collocato al titolo primo del libro primo del codice, dettato in tema di capacità giuridica, stabilisce che «La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita», subordinando al momento della nascita la possibilità di esercizio di qualunque diritto.
L'orientamento della Corte Costituzionale [Sentenza n. 84 del 22 marzo 2016], recentemente pronunciatasi sul tema della tutela concessa all'embrione umano nel quadro della ricerca scientifica, riconosce uno nitido ambito di tutela dell’embrione umano ancorato alal sua dignità, in quanto esso costituisce una «entità che ha in sé il principio della vita (ancorché in uno stadio di sviluppo non predefinito dal legislatore e tuttora non univocamente individuato dalla scienza)» ossia «comunque, un valore di rilievo costituzionale «riconducibile al precetto generale dell’art. 2 Cost.» (sentenza n. 229 del 2015); la tutela dell’embrione non è suscettibile di affievolimento». Una conclusione in piena sintonia con l'orientamento della Grande Chambe della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ricorda che «l’Italia non è, pertanto, l’unico Stato membro del Consiglio d’Europa che vieta la donazione di embrioni umani alla ricerca scientifica (paragrafo 179)». Questa pronuncia fu attesa dal Giudice delle leggi, che nel 2016, sospese il giudizio per attendere la pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, concludendo che «senza, dunque, entrare in collisione con i parametri europei, il legislatore italiano del 2004 ha correlato la tutela dell’embrione alla ricerca scientifica, disponendo (così testualmente sub comma 2 del denunciato art. 13 della legge n. 40) che «La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative».
Il nostro ordinamento, nell’equilibrio dei principi che lo sorreggono, riconosce al nascituro una soggettività che fonda la sua tutela, sia rispetto ai danni che potrebbero ad esso derivare da parte di chi non sia più interessato ad esso, sia in favore di chi, pur in condizioni di difficoltà, esprime in relazione ad esso, la responsabilità genitoriale.
E’ la rivoluzione copernicana, dello «sguardo sul figlio» della quale parla Marcel Gauchet (Il figlio del desiderio, VP, 2009), per la quale «prima ancora di nascere, il bambino è iscritto nello spazio iter-umano degli esseri dotati di soggettività. Del resto, questo significa che lo si considera immediatamente capace di partecipazione al processo di costituzione della propria personalità», già iniziata, nel diritto civile, con l’art. 1 della legge 40 del 2004, può giungere a compimento, con il riconoscimento al nascituro di una soggettività dalla quale la regolamentazione non può prescindere. Il figlio del desiderio «è atteso ‘in persona’ e appare nel segno dell’anticipazione del suo essere (Ivi)» meritevole di tutela da parte dell'ordinamento giuridico.
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