Scuole guida, corretta applicazione dell'IVA (I PARTE)


L'imposizione IVA diventa tema centrale anche per quei settori prima d'ora solo latamente sfiorati. La didattica ne è esempio per volontà della Corte Europea
Scuole guida, corretta applicazione dell'IVA (I PARTE)

Ha suscitato non poco scalpore la pronuncia della Corte di Giustizia Europea dello scorso 14 Marzo con la quale è stata presa posizione sulla nozione di "insegnamento scolastico o universitario" ai fini della corretta applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativamente ai corsi di guida per il conseguimento della patente B e C1.

Nello specifico la causa, (V Sezione n.ro C-449/17 tra A & G Fahrschul-Akademie GmbH contro Finanzamt Wolfenbüttel) scaturiva da una domanda di esenzione posta da una società nei confronti del fisco tedesco il quale, per il tramite della Corte Tributaria Federale, ricorreva in via pregiudiziale ai Giudici dei Trattati affinché si esprimessero sull’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa per l'appunto al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

Bene da subito precisare che l’articolo 132 della Direttiva 2006/112, è inserito nel Capo 2 rubricato "Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico" e al comma 1 recita: "Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: (...) lettera i) l'educazione dell'infanzia o della gioventù, l'insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili; lettera j) le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all'insegnamento scolastico o universitario; (...)".

La conclusione alla quale è pervenuta la Corte è stata favorevole al fisco concludendo, dopo ampio argomentato, che l’insegnamento della guida automobilistica in una scuola guida, pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario.

Per l'effetto la nozione di "insegnamento scolastico o universitario", ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112 doveva quindi essere interpretata nel senso che essa non comprende l’insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1.

Come noto anche nel nostro ordinamento esiste, all'art. 10 D.P.R. 633/72, disposizione analoga a quella comunitaria. Analoga ma, non identica.

La questione è stata quindi subito presa in esame dalla Divisione Centrale dell'Amministrazione Finanziaria la quale, superando i propri chiarimenti forniti con le risoluzioni n. 83/E-III-7-65258 del 1998 e n. 134/E del 2005, con propria Risoluzione 79 del 2 Settembre 2019 rispondeva all'interpello presentato da una scuola guida affermando che, in forza delle predetta sentenza della Corte Europea, la corsistica offerta non poteva andare esente da imposta. Purtuttavia, sulla base del principio cardine della Carta del Contribuente del legittimo affidamento, con riferimento alle prestazioni poste in essere antecedentemente alla risposta all'interpello l'Amministrazione finanziaria non applicava sanzioni né chiedeva interessi moratori essendosi l'interpellando di fatto adeguato alle indicazioni precedentemente dalla stessa fornite.

Veniamo quindi ai giorni nostri.

Il recente Decreto Legge del 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), entrato in vigore lo scorso 27 Ottobre, se non proprio scalpore, quantomeno ha suscitato perplessità negli operatori del diritto prima e nei cittadini tutti poi.

Fra le pieghe di un provvedimento dove spicca la decisa presa di posizione del Governo per contrastare il contante, la conseguente spinta verso la moneta elettronica collegata alla lotteria degli scontrini, l'inasprimento delle pene in materia di reati tributari viene dedicata anche una precisa disposizione proprio in ragione del pronunciamento della Corte di Giustizia UE del 14 marzo 2019.

L'Art. 32, infatti, prevede la modifica del predetto Art. 10 del D.P.R. 633/72 (Decreto IVA), ovvero di quella disposizione contenuta nella legislazione domestica che si occupa dei casi in cui l'attività di vendita beni o prestazione di servizi debba ritenersi esente da imposta sul valore aggiunto.
Il paragrafo di nostro interesse è al comma 1 n. 20 che, fino a ieri, testualmente prevedeva l'esenzione per: "(...) le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale (...)".

Fino a ieri, dunque, l’esenzione ex art. 10 veniva concessa a quei soggetti che lo Stato riconosceva perché, sulla base dei requisiti posseduti (quali l’idoneità professionale dei docenti, l’efficienza delle strutture e del materiale didattico, ecc.), erano in grado di offrire prestazioni didattiche aventi finalità simili a quelle erogate dagli organismi di diritto pubblico (cfr. risoluzione 17 marzo 2003, n. 65/E, risoluzione del 18 settembre 2001, n. 129/E, risoluzione del 17 giugno 1999, n. 100, risoluzione del 17 gennaio 1992, n. 430379).

In particolare la stessa Amministrazione Finanziaria dichiarava che "(...)In materia di norme sulla disciplina del codice della strada, l’articolo 123 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 stabilisce che le scuole per l’educazione stradale, l’istruzione e la formazione dei conducenti (denominate espressamente “autoscuole”) svolgono l’attività propria sulla base di autorizzazioni rilasciate dalle Amministrazioni provinciali, le quali tengono conto della capacità finanziaria e dei requisiti morali del titolare, dell’attrezzatura tecnica e didattica dell’autoscuola nonché dell’idoneità degli insegnanti e degli istruttori riconosciuta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (...)".

Cancellata con un colpo di spugna la locuzione "didattica [di ogni genere]" l'attuale formulazione pertanto viene allineata a quella della Direttiva re-stringendo il campo d'esenzione alle sole prestazioni direttamente riferibili ad un insegnamento scolastico, universitario o di formazione professionale ovvero per le sole attività che si distinguono tanto per la loro specifica natura, quanto per il contesto in cui sono esercitate (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2007, Horizon College, C-434/05, EU:C:2007:343, punto 20).

Il 2 comma del predetto art. 32 pertanto continua specificando che "Le prestazioni d'insegnamento scolastico o universitario di cui all'articolo 10, comma 1, n. 20) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non comprendono l'insegnamento della guida automobilistica ai fini dell'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1". Stante il carattere estremamente puntuale con il quale vengono indicate le categorie che non possono godere dell'esenzione verrebbe da chiedersi: la formazione e didattica per altre tipologie di patente - ad esempio la A - è anch'essa soggetta all'imposta sul valore aggiunto? Ho timore di sì. Ulteriori dubbi potrebbero scaturire anche nel caso vengano offerti corsi per il conseguimento di patenti per la guida "professionale" di veicoli adibiti al trasporto di passeggeri e di merci. Il tutto come da Direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo recepita dal nostro Stato1. Ad ogni buon conto il comma 3 specifica che "Sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, per effetto della sentenza Corte di Giustizia UE del 14 marzo 2019, causa C-449/17" indicando all'ultimo comma il comportamento che le autoscuole dovranno tenere ai fini della corretta gestione dei corrispettivi e indica, quale periodo di entrata in vigore delle disposizioni relative, al 1 gennaio 2020. Una riscrittura certamente figlia di un ampio contenzioso che da tempo vede contrapposti gli interessi Nazionali con quelli della Comunità.

Al 2019, infatti, risultano ancora aperte ben 77 (settantasette) procedure di infrazione instaurate nei confronti della Repubblica italiana. Ovviamente fra queste una su tutte merita la nostra attenzione. Si tratta della procedura 2008/2010 tutt'ora pendente nei confronti dell'Italia per il “Non corretto recepimento della Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA)”. Guarda un pò. Con tale procedura la Commissione contesta le modalità di recepimento della soggettività passiva nell’articolo 4 del D.P.R. IVA ed in particolare, l’aver messo fuori campo operazioni che tutt’al più avrebbero dovuto essere esentate o anche, in alcuni casi, l’eccessivo allargamento della fattispecie posta fuori campo rispetto alla fattispecie che avrebbe dovuto essere esentata. Nella relazione semestrale che il MEF (Ministro dell'economia e delle Finanze) in concerto con il Ministero degli Affari Esteri, dedica all'impatto che può avere il contenzioso fra l'Italia e l'UE sulla procedura di infrazione in materia IVA si ricavano numerosi ed interessanti spunti di riflessione. Soprassedendo sul fatto che nonostante ben due lettere di messe in mora (l'ultima è del Luglio 2019) l'Italia non si sia ancora adeguata poiché la Corte avrebbe intenzione di archiviare alcuni dei punti controversi. Si legge però che, "(...) Con riferimento, invece, ai seguenti altri punti, sarebbero disponibili alla definitiva archiviazione della procedura a fronte dell’impegno delle Autorità italiana a versare una compensazione sulle risorse proprie:

1) L’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA (invece dell’esenzione, ove ne ricorrano i presupposti) delle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate per finalità istituzionali dalle associazioni politiche, sindacali, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona a favore dei propri soci, associati o partecipanti dietro pagamenti di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto;

2) L’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA (invece dell’esenzione, ove ne ricorrano i presupposti) delle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle assemblee nazionali e regionali;

3) L’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA della somministrazione di alimenti e bevande a soci, associati o partecipanti effettuata da bar ed esercizi similari presso le sedi in cui le associazioni di promozione sociale, le cui finalità sono riconosciute dal Ministero dell’Interno, svolgono l’attività istituzionale, sempre che tale attività sia strettamente complementare a quella svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali;

4) Mancata previsione di talune esenzioni obbligatorie. (...)".

Compensazione che risulterebbe ad oggi irrealizzabile e che vede arenate le trattative al Dicembre 2017 in considerazione del fatto che un tale impegno non avrebbe alcuna base giuridica e potrebbe comportare responsabilità contabili.

Ma la manovra, come vedremo, non avrà ricadute solo sui cittadini che, da oggi, si vedranno aggravati da ulteriori oneri in quanto consumatori finali ma, soprattutto, sui soggetti operanti nel Terzo Settore in generale e nel mondo sportivo dilettantistico in particolare, i quali, al pari delle Autoscuole, non potranno più beneficiare dell'esenzione ex art. 10. V...iva l'Europa!

La Direttiva 2003/59/CE ha introdotto, per i conducenti che effettuano trasporti professionali su veicoli per la cui guida è richiesta la patente delle categorie C, C+E, D e D+E, la carta di qualificazione del conducente, denominata CQC.

Articolo del:


di Avv. Paolo Rendina

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse