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La sensibilità all’incertezza nel rapporto con sé e con gli altri


La sensibilità all’incertezza è la condizione necessaria per un pensiero in grado di concepire il cambiamento delle proprie convinzioni e il confronto con gli altri
La sensibilità all’incertezza nel rapporto con sé e con gli altri

Stephen M. Fleming, uno dei maggiori esperti mondiali di metacognizione [1], nel suo testo “Conoscere se stessi” (2022), afferma che per un corretto percorso di pensiero è premessa indispensabile essere sensibili all’incertezza, al dubbio. La nostra mente lavora efficacemente, quando siamo consapevoli che la percezione della realtà o di un problema non è esaustiva, non è una “verità assoluta”, ma  limitata e quindi soggetta a possibili errori: illusioni, miraggi, distorsioni.

Aggiungiamo che la nostra percezione del mondo o di un problema è un’ipotesi, per cui dobbiamo poterci confrontare con altri punti di vista e nuovi dati di realtà, se vogliamo fare scelte meno errate possibili. È proprio questo tipo di sensibilità che consente di mettere in discussione le nostre idee, cercare nuove forme di analisi della realtà e possibili soluzioni ai problemi. Se manca questa consapevolezza e si è arroccati a precedenti convinzioni, si rischia di fare come i professori padovani del film “Galileo” (1968) di Liliana Cavani, in cui il fondatore della scienza moderna, dopo aver invitato inutilmente i suoi colleghi a vedere dentro il cannocchiale la corruttibilità dei cieli, stanco del sentirsi ripetere “Non è possibile, Aristotele ha detto che i cieli sono incorruttibili!”, prende in braccio il suo cagnolino e lo avvicina al cannocchiale, dicendogli: “Guarda almeno tu!” 

Il riconoscimento dell’improbabile

Accettare la dimensione dell’incertezza ci consente di riconoscere realtà diverse da quelle che finora abbiamo conosciuto. Il cigno nero, anche se abbiamo visto solo cigni bianchi, come afferma Nassim Nicholas Taleb nel suo libro “Il Cigno Nero” (2014).

È il “sapere di non sapere” di cui parlava Socrate, che ci permette di porre attenzione a ciò che ci circonda, di percepirlo e prendere delle decisioni opportune.

È dare valore al dubbio, come fa Bertold Brecht in “Lode del dubbio” (Poesie e Canzoni, 1975), che consente di ridurre la nostra capacità di sbagliare.

È la risorsa per non arroccarsi nella difesa dei propri punti di vista, avventurarsi nella conoscenza di altri aspetti di sé e dell’altro, mettere in discussione nostre convinzioni e accettare il cambiamento dentro e fuori di sé.

La falsificazione delle convinzioni

Essere consapevoli che la realtà dentro e fuori di noi non è assolutamente controllabile, mettere in conto l’imponderabile e accettare momenti d’incertezza sono esperienze interiori che ci rendono in gado di ascoltare punti di vista diversi. Ciò non vuol dire farli propri, ma piuttosto cercare di comprenderli e di valutarli in un rapporto di confronto e riflessione.

Questa consapevolezza del possibile cambiamento di prospettiva, con cui valutare i vari aspetti della realtà interna ed esterna, ci può rendere anche meno manipolabili dai rischi del nostro e altrui assolutismo, da quella forma di hýbris [2], che induce l’illusione di essere detentori di verità e ostacola il dialogo interno così come quello con le altre persone.

È uno dei fattori, ad esempio, per la prevenzione dei conflitti distruttivi di coppia, che trovano una possibile legittimazione nella presunta convinzione di uno dei due o di entrambi di vedere aspetti della loro vita assieme come gli unici “giusti”.

Il viaggio verso l’autoconsapevolezza

Questa pratica della sensibilità all’incertezza richiede senz’altro una pluralità di supporti, di guide, nelle varie fasi di vita.

I bambini piccoli, per iniziare questo viaggio verso ciò che non è noto, familiare, hanno bisogno di ricevere molta sicurezza attraverso le relazioni familiari (Bowlby, 1989). Hanno la necessità, però, anche di crescere con adulti – genitori, parenti, insegnanti, psicologi, allenatori, educatori, ecc. – che li proteggano, senza impedire loro di diventare autonomi.

Il dire degli adulti ai ragazzi quanto si deve fare, così come capire quando è necessario agire per loro oppure stimolarli a muoversi autonomamente, sono alcune delle funzioni educative più difficili nel rapporto con i ragazzi e gli adolescenti. Così è, però, se vogliamo che, non solo apprendano autonomie e consapevolezze, ma sappiano anche acquisire quella necessaria sicurezza che occorre per porsi con un atteggiamento aperto verso gli altri, il mondo e  le diverse dimensioni della propria interiorità.

Il supporto altrui è fondamentale quando siamo piccoli, ma necessario anche quando siamo adulti. L’adulto può costruire delle consapevolezze e affinare delle capacità, ma non può non fare i conti con le ferite, ciò che non ha ricevuto o con l’eccesso di avversità esterne. Tutti gli studi sul trauma (ad esempio, Van der Hart, 2011) ci mostrano come la funzionalità di pensiero possa essere alterata da quanto la psiche ha subito. La ricerca, ad esempio sullo stress negli ambienti di lavoro, ci dice che uno dei fattori stressogeni è dato dai superiori o dai colleghi che non aiutano a superare delle difficoltà percepite come  troppo grandi[3].  

Affrontare le incertezze

Viviamo in un’epoca di continui mutamenti, spesso stressanti, ma ancora di più se non ne teniamo di conto. Pensiamo solo, in ambito familiare, al cambiamento dei ruoli che vivono le donne e gli uomini delle ultime generazioni e che, se non ne hanno consapevolezza, li può trascinare in conflitti più o meno espliciti.   

Per contenere gli  stati di stress, di possibile malessere e reazioni emotive, dovuti alle rapide trasformazioni dei nostri tempi, sarebbe auspicabile un diffuso stile di pensiero, caratterizzato dalla consapevolezza delle trappole, innescate dall’arroccarsi su presunte verità esaustive, dalla negazione delle differenze e dalla sottovalutazione dei cambiamenti in atto. Uno stile di pensiero che preveda, come la scienza moderna, che la conoscenza procede non per “assoluti”, ma per ipotesi/verifica e quindi possibile individuazione di errori e necessità di nuove consapevolezze.  

 

Bibliografia

Brecht B. (1975). Poesie e Canzoni. Milano: Einaudi Editore.

Bowlby J. ( 1989 ). Una base sicura. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Fleming, S. M. (2022). Conoscere se stessi. La nuova scienza dell’autoconsapevolezza. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Van der Hart O., Nijenhuis E. R.S., Steele K. (2011). Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione strutturale. Milano: Cortina Raffaello Editore.

Taleb N.N. (2014.) Il Cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita. Milano: Il Saggiatore.

 


[1]Gli studi di metacognizione si occupano di come pensa il pensiero, della sua funzionalità e disfunzionalità con i relativi errori e  di come consentire alle persone di  “pensare al proprio pensiero”, monitorare e controllare il proprio flusso mentale (Flavell, 1979)- https://psycnet.apa.org/record/1980-09388-001)..

[2] I greci con il termine hýbris indicavano lo stato d’animo  di chi si poneva nei confronti degli altri con tracotanza,  eccesso", "superbia", “orgoglio”  e  "prevaricazione"e, così facendo, creava possibile conseguenze per sé e per gli altri.  Troviamo il riferimento alla hýbris nei miti, nei poemi omerici,  nelle tragedie e nella legislazione greca.  In seguito è stato ripreso anche dalla cultura cristiana  e, attualmente, lo si utilizza per indicare gli atteggiamenti onnipotenti delle persone con i rischi di presunzione ed aggressività..

[3] Si rimanda a INAIL. (2017) LA METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO STRESS LAVORO-CORRELATO.  https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-la-metodologia-per-la-valutazione-e-gestione_6443112509962.pdf

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