Compravendita, cosa sapere se la casa da comprare è stata precedentemente donata

Può accadere che la casa che ci si accinge ad acquistare sia stata precedentemente donata al venditore. In questo caso è bene conoscere alcuni aspetti che potrebbero incidere anche notevolmente sulla possibilità che eventuali eredi del donate o il donante stesso possano richiederne la restituzione.
Vediamo prima cosa prevede la donazione e quali sono i caso di revoca.
Cos’è la donazione?
La donazione è un istituto definito come “atto di liberalità tra vivi” e disciplinato dal nostro ordinamento nel titolo V del codice civile (artt. 769-809). L’articolo 769 c.c. definisce la donazione come “il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione”.
Si definisce “atto di liberalità tra vivi” proprio per l’animus donandi, ovvero per la volontà di arricchire il donatario per il solo spirito di liberalità, perché lo si desidera, e non perché ci debba essere una controprestazione.
Il donante deve avere “piena capacità di disporre dei propri beni”, quindi non può essere un minore, un emancipato o un inabilitato (salvo rare eccezioni), mentre il donatario deve possedere la “capacità di ricevere”, sempre prevista (anche al concepito).
Oggetto della donazione può essere qualsiasi tipo di bene appartenente al patrimonio del donante. Quindi, può trattarsi di beni mobili o immobili oppure somme di denaro (in quest’ultimo caso si parla di donazione rimuneratoria).
Soprattutto quando si tratta di beni immobili, questi possono essere oggetto di una successiva compravendita. Dunque, è bene conoscere le implicazioni che potrebbero emergere, partendo dall’analisi dei casi di revoca della donazione.
Quando è possibile revocare una donazione?
In genere, la cosa donata non deve essere restituita. Però, il nostro ordinamento prevede due specifiche motivazioni in cui, al contrario, il donante può richiedere la revoca della donazione:
- revocazione per ingratitudine
- revocazione per sopravvenienza dei figli
Il primo caso di revoca è disciplinato dall’articolo 801 del codice civile ed è la “revocazione per ingratitudine”, che si può ottenere quando il donatario è irriconoscente e ingrato nei confronti del donante (sono previsti specifici casi di ingratitudine). Tale revoca può essere effettuata entro un anno dalla data in cui si è scoperto l'atteggiamento ingrato.
Il secondo caso di revoca è disciplinato dall’articolo 804 del codice civile ed è la “revocazione per sopravvenienza di figli del donante”. In questa ipotesi la revoca può essere proposta se nasce un figlio, se si scopre di aspettarne uno dopo aver donato oppure di avere un figlio nato fuori dal matrimonio o ancora dopo aver riconosciuto un figlio nato fuori dal matrimonio. Il termine per la revoca è di cinque anni a partire dalla data della scoperta del concepimento, dalla nascita del figlio, dalla scoperta o riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio.
In questa sede è sufficiente un accenno ai casi di revoca poiché si intende chiarire quali siano gli aspetti da considerare l’acquisto di una casa precedentemente donata. Per approfondire l’argomento dei casi di revoca potete leggere l’articolo “Come e quando revocare una donazione”.
E se la casa da acquistare è stata precedentemente donata?
Prima di acquistare un immobile è di fondamentale importanza capire se il venditore ne sia diventato proprietario tramite donazione. E in questo caso, stabilire quando è stata effettuata la donazione e se il donante sia ancora in vita o meno (e in caso di un suo decesso, sapere da quanto tempo è deceduto).
Queste indagini sono essenziali per proteggersi da un’eventuale azione rivendicativa sull’immobile da parte degli eredi o del donante stesso.
Prima di tutto va detto che l’azione di restituzione può essere effettuata dal donante stesso (nelle due sole ipotesi di revoca citate nel paragrafo precedente) oppure dagli altri eventuali eredi legittimari (oltre all’erede venditore) che non abbiano ricevuto beni sufficienti a coprire la loro quota di legittima.
Con la Legge 80/2005 è stato previsto che se siano trascorsi 20 anni dalla data della donazione, l’acquirente non corre alcun rischio. Non può essere avanzata, infatti, alcuna azione di restituzione né da parte degli eredi legittimari, né dal donante. Dunque, se sono passati oltre 20 anni, l’immobile può essere acquistato in sicurezza e indipendentemente che il donante sia ancora vivo o meno. Sul punto, però, occorre fare una precisazione: non si corrono rischi per le donazioni avvenute dopo il 15 maggio 2005 (ovvero dopo l’entrata in vigore della Legge 80/2005), poiché sulle donazioni avvenute prima di tale data, non è stata prevista una disciplina transitoria. Va aggiunto, però, cha la Corte di Cassazione (Cass. civ., n. 965/2019) ha affermato che il terzo acquirente, passati 20 anni dall’atto di donazione, non è esposto alle «conseguenze di un eventuale vittorioso esercizio dell'azione di riduzione da parte dei legittimari del donante».
Non vi sono rischi neppure se il donante è deceduto da più di 10 anni poiché il diritto all’azione di restituzione e quello di riduzione si sono prescritti come ribadito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione.
Se, però, il donante è deceduto da meno di 10 anni, l’azione di restituzione può essere esercitata dagli eredi legittimari se:
1. Il de cuius donante non ha lasciato beni sufficienti per coprire le quote di legittima di tutti gli altri eredi legittimari (oltre all’erede venditore);
2. L’erede venditore non ha un patrimonio tale da soddisfare le richieste degli altri eredi di ottenere la parte mancante della loro quota di legittima;
3. Non siano trascorsi più di 20 anni dalla data della donazione.
Lo stesso dicasi se il donante è ancora in vita: in questo caso, se sussistono le tre condizioni precedenti, l’azione di restituzione potrà essere esercitata solo alla morte del donante ed entro 10 anni dal suo decesso.
Cosa accade se l’acquirente non era a conoscenza della donazione?
Il venditore ha il dovere di comunicare al potenziale acquirente che il bene o l’immobile messo in vendita gli è stato precedentemente donato.
Ma se ciò non avviene e l’acquirente ignaro ha già firmato il compromesso, cosa succede?
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 32694 del 12 dicembre 2019, ha affermato che l’acquirente, venuto a conoscenza della donazione soltanto dopo aver firmato il compromesso, può rifiutare la stipula del rogito.
Nella sentenza, infatti, si legge:
“L’art. 1481 c.c., prima ancora che l’evizione si consumi, accorda al compratore un rimedio cautelare, consistente nella facoltà di sospensione del pagamento del prezzo, quando egli abbia ragione di “temere che la cosa possa essere rivendicata da terzi (…).
Si ritiene che la norma sia applicabile anche al contratto preliminare di compravendita (Cass. n. 402/1985; n. 3072/1982). Quando, in relazione al bene promesso in vendita, sussista il pericolo attuale e concreto di evizione, è concessa al promittente acquirente la facoltà di rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino a quando non venga eliminato tale pericolo (Cass. n. 24340/2011).
Il rimedio può considerarsi un’applicazione della eccezione di inadempimento, in presenza di un serio, concreto ed effettivo pericolo di rivendica (Cass. n. 8002/2012; 3806/1991)”.
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