Addebito separazione e risarcimento danni


Onere della prova dell'addebito della separazione in caso di tradimento e coesistenza del risarcimento danni
Addebito separazione e risarcimento danni
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11516 del 25.03.2014 ha elaborato il principio che: "in tema di separazione giudiziale dei coniugi, si presume che l’inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravità, determini l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando, così, di per sé, l’addebito al coniuge responsabile, salvo che questi dimostri che l’adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo quest’ultima già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale (da ultimo, Cass. 14.02.2012, n. 2059, nonché Cass. 7.12.2007, n. 25618).
La giurisprudenza, quindi, ritiene che sussista una presunzione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed in particolare in caso di tradimento, onerando l’altro coniuge alla prova contraria.
In tal caso il richiedente l’addebito non deve neppure provare il nesso causale tra il comportamento oggettivamente trasgressivo ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza.
A fronte della violazione dei doveri familiari, previsti dall’art. 143 c.c., ovvero dell’obbligo alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia il richiedente l’addebito, assolve completamente all’onere della prova su di lui gravante quando i tradimenti, l’abbandono del tetto coniugale, la mancanza di assistenza morale e materiale e la mancanza di collaborazione nell’interesse della famiglia riautlamente dedotti siano ammessi dal coniuge, non risultando lo stesso onerato anche della dimostrazione dell’efficienza causale dai medesimi svolti. Il tal caso spetta all'altro coniuge di provare, per evitare l’addebito, il fatto estintivo e cioè che l’adulterio, così come l’abbandono del tetto coniugale ed il disinteressamento totale della famiglia, sopravvenne in un contesto familiare già disgregato al punto che la convivenza era mero simulacro.
La Corte di Cassazione con la sentenza del 01.06.2012, n. 8862 ha affermato il principio che nel caso di separazione tra coniugi possono sicuramente coesistere la pronuncia di addebito ed il risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente differenti. I Giudici della S.C., sposando una nuova impostazione derivante dall’evoluzione giurisprudenziale in materia, hanno ritenuto che in tale contesto rileva proprio la qualità di coniuge e la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, che da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, dall’altro si configura come comportamento (doloso o colposo) che, incidendo sui beni esenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile.
In definitiva, quando si è in presenza di violazioni di doveri coniugali che abbiano leso un diritto costituzionalmente tutelato della persona, marito o moglie che sia, è ipotizzabile richiedere, oltre ovviamente alla separazione con addebito, un risarcimento del danno subito a seguito dei comportamenti illeciti del coniuge.
In tali casi si ritiene ipotizzabile a carico del coniuge separato con addebito una responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c., in quanto inadempiente ai doveri coniugali (ex art. 143 c.c., di fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell’interesse della famiglia, nonché dei principi enunciati dagli artt. 29 e 31 Costituzione) ove venga accertata sia l’obiettiva gravità della condotta assunta dall’agente in violazione di uno o più doveri nascenti dal matrimonio sia la sussistenza di un danno oggettivo.
Per i Giudici il risarcimento del danno, ex art. 2043 c.c., è dovuto per il verificarsi di una modificazione peggiorativa della sfera personale, intesa come l’insieme delle attività dei vissuti affettivi, emozionali e relazionali in cui si esplica la personalità. (v. Trib. Milano 04.06.2002 , FI, 2002, II, 2290, con nota di O.B. Castagnaro, RCP, 2002, 1440, 1257 nota di P. Cendon, - G. Sebastio).

Articolo del:


di Avv. Mario D'Aniello

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