Atti osceni, non sempre è configurabile il reato
L'art. 527 del Codice Penale prevede: "Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000. Si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309" .
La norma prevede sostanzialmente tre fattispecie: la prima punita a titolo di dolo con la sanzione amministrativa fino a 30.000€ la seconda, sempre a titolo di dolo, con la reclusione qualora il luogo sia abitualmente frequentato da minori e vi sia pericolo che assistano all'attività oscena ed infine l'ultima punita a titolo di colpa.
La ratio della norma è la tutela del bene collettivo del pubblico pudore soprattutto in ordine a ciò che attiene alla sfera sessuale.
In un caso di cui ci siamo occupati veniva richiesto il rinvio a giudizio per il reato di cui all’art. 527 comma 2 c.p. perché l'indagato avrebbe compiuto atti osceni (di autoerotismo) in luogo esposto al pubblico; in particolare avrebbe mostrato gli organi genitali e si sarebbe masturbato di fronte alla porta-finestra della propria abitazione, che affaccia su una corte interna sulla quale si affaccerebbero anche altri appartamenti nei quali abitano persone minori di 14 anni, i quali correvano il concreto pericolo di assistere alle suddette condotte.
Ho sostenuto che lo stesso non avrebbe compiuto alcun atto osceno ed in oltre quanto ipotizzato dalle denuncianti e riportato nel capo d’imputazione non emergeva alcuno degli elementi tipici del reato neanche in astratto.
Innanzitutto, ho analizzato se il luogo fosse realmente esposto al pubblico.
Il luogo esposto al pubblico di cui all’art. 527 comma 2 c.p. è il luogo in cui non vi è libero accesso (che invece è il luogo pubblico o aperto al pubblico), ma che è posizionato in modo tale che il pubblico può vedere o sentire ciò che in esso si trova. Ad esempio, il terrazzo di un edificio che volge su una strada trafficata o l'abitacolo di un'automobile parcheggiata in pubblica via.
Il terrazzo in questione era posizionato ai piani alti e all’interno di una corte interna non accessibile ad un pubblico indefinito e pertanto non vi è la concreta visibilità richiesta da costante giurisprudenza per i luoghi esposti al pubblico.
La giurisprudenza di legittimità in una serie di pronunce, si è soffermata sulla distinzione tra atti osceni commessi in luogo pubblico o aperto al pubblico da un lato, ed atti osceni commessi in luogo esposto al pubblico dall’altro.
Il requisito della concretezza della visibilità, secondo la Suprema Corte, doveva ritenersi necessario solo per la seconda eventualità, ma nel presente caso tale concreta visibilità era del tutto assente poiché l'imputatosi trovava all’interno della propria abitazione, non sul terrazzo.
Quindi, chi ha denuncianto non avrebbe potuto vedere niente se non violando l’intimità del domicilio del malcapitato e commettendo il reato di cui al 615 bis.
Inoltre, in merito ai canoni valutativi da utilizzare al fine di verificare la sussistenza del requisito della visibilità si è evidenziato che gli atti osceni in luogo esposto al pubblico si configurano come reato di pericolo, per cui la visibilità deve essere valutata ex ante, in relazione al luogo, all’ora ed alle modalità del fatto (Cass. pen., Sez. III, 21 aprile 2000, n. 4954).
Nel caso di specie, secondo quanto riportato dalle denunce i supposti atti osceni sarebbero stati effettuati in orario notturno, all’interno dell’appartamento del sig. S. che si trovava in una stanza che affaccia su una corte interna.
Anche ex ante non vi è alcuna possibilità di essere visto se non per mezzo di comportamenti intrusivi.
Secondo quella che è l’impostazione maggiormente seguita in giurisprudenza, il concetto di visibilità deve essere inteso in concreto e non in astratto. Il reato non potrà sussistere nel caso in cui grazie anche alle precauzioni adottate, oppure al luogo estremamente buio o isolato, la possibilità di essere scorti da altre persone doveva essere esclusa con un grado quasi vicino alla certezza anche in caso di luogo aperto al pubblico quindi a maggior ragione in luogo esposto al pubblico.
Pertanto essendo completamente assente il requisito del luogo esposto al pubblico il Giudice ha assolto l'imputato perchè il fatto non sussiste.
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