Come difendersi dalla falsa testimonianza processuale?

Falsa testimonianza all'interno di un processo penale
È questa la formula che viene recitata dai soggetti chiamati a svolgere l’importante ruolo di testimone all’interno di un processo penale. Se a causa di un testimone che ha dichiarato il falso in udienza si perde la causa, ci si può tutelare agendo sia in sede penale, che in sede civile.
Se si agisce penalmente si dovrà sporgere una denuncia-querela, nei confronti del “falso” testimone per il reato di falsa testimonianza, allegando alla denuncia tutti i documenti atti a dimostrare la falsità delle dichiarazioni rese dal testimone. Secondo la formula dell’art. 372 c.p. commette questo delitto colui che, “deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato”.
La ratio della disciplina dettata dal c.p. è posta a tutela dell’attività giudiziaria, la quale, per assolvere i suoi compiti, ha bisogno di mezzi di prova, in particolare di testimonianze che devono raggiungere un elevato grado di completezza e di veridicità, affinché possano essere emessi dei provvedimenti giusti, o, meglio ancora, conformi a quanto stabilito dalla legge e nel rispetto di quest’ultima. Il reato di falsa testimonianza fa parte dei delitti contro l’amministrazione della giustizia: in sostanza, il reo viene punito in quanto la falsità delle sue dichiarazioni intralcia la giustizia inducendola in errore.
L’attività giudiziaria, quindi, rappresenta il bene giuridico leso dalla condotta di colui che afferma il falso, nega il vero, o tace circostanze a sua conoscenza relative ai fatti per i quali è sentito.
La Corte di Cassazione ha affermato al riguardo che nel reato di falsa testimonianza, che tutela il bene giuridico dell’ordinato svolgimento dell’attività giudiziaria, persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività, e ciò in base alla considerazione che la disposizione del codice penale che disciplina tale fattispecie criminosa non contempla altre vittime del reato cui poter riconoscere una posizione qualificata rispetto a qualsiasi danneggiato dal reato; la Suprema Corte ha precisato altresì che il privato danneggiato dalla falsa testimonianza non può dirsi titolare o contitolare dell’interesse preso in considerazione dalla norma incriminatrice. il reato può essere commesso solo da chi ricopra la qualità di testimone, a prescindere che si tratti di una testimonianza resa in in giudizio penale o in un giudizio civile.
Per tale motivo la falsa testimonianza fa parte di quella categoria di reati che vengono definiti “reati propri”, ossia fattispecie criminose che possono essere commessi non da chiunque ma solo da chi riveste una particolare qualifica. non solo negare qualcosa che si sa essere vero o l’affermare qualcosa che si sa essere falso integra la fattispecie criminosa: il nostro ordinamento punisce anche il tacere in tutto o in parte fatti di cui si ha conoscenza.
Ai fini di stabilire quando si realizza il reato la dottrina ha elaborato la cosiddetta teoria del vero soggettivo: per la configurabilità della falsa testimonianza ciò che conta è non già il contrasto tra il fatto narrato dal soggetto e il fatto realmente accaduto, ma il contrasto tra le dichiarazioni che il soggetto fa in relazione alla sua percezione di un dato fatto e la diversa percezione che in realtà il soggetto ha avuto di quel fatto o addirittura la mancanza di percezione in ordine a quel fatto.
Per essere più chiari, supponiamo che il testimone riferisca davanti a un giudice di aver visto l’imputato minacciare la moglie, ma si sbaglia perché, in realtà, le cose non sono andate così. Se pensa di aver visto una cosa che non è accaduta, non c’è il reato di falsa testimonianza. Ma se lui crede di aver visto l’imputato baciare la moglie e lo accusa di averla picchiata, ecco che lo si può denunciare per falsa testimonianza: oltre ad aver detto il falso in Tribunale, il testimone ha volutamente mentito.
Non c’è il reato di falsa testimonianza nemmeno se la dichiarazione che non corrisponde alla verità riguarda fatti e circostanze del tutto estranei all’oggetto. Con pronunce piuttosto recenti la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che il reato di falsa testimonianza è un reato di pericolo e per la sua integrazione non è necessario che il giudice sia in concreto tratto in inganno, essendo invece sufficiente che la falsa deposizione risulti astrattamente idonea ad alterarne o, comunque, a influenzarne la formazione del convincimento; precisa la Suprema Corte che il reato non è integrato solo quando il mendacio o la reticenza abbiano a oggetto fatti o circostanze non rilevanti per la ricostruzione del fatto in giudizio, in quanto tali falsità o reticenze sono strutturalmente inidonee ad influire sulla decisione del processo e a deviare il corso dell’accertamento della verità processuale.
Affinchè si possa denunciare qualcuno per falsa testimonianza, tuttavia, è necessario un requisito ulteriore: è necessario che che il testimone menta sapendo di mentire. Ciò significa che il reo deve agire con dolo, ossia con la coscienza e volontà di deporre in difformità al vero, risultando del tutto indifferente il fine specifico avuto di mira dal falso testimone. È possibile che si possano verificare ipotesi in cui il testimone venga avvicinato da altro soggetto e che questi lo induca o lo istighi a dire il falso in Tribunale, quindi a rendere una falsa testimonianza.
Quali sono le conseguenze per il testimone e per il suo istigatore in casi simili?
Ebbene, qualora il testimone accolga l’istigazione e riferisca il fatto o ometta il vero, egli verrà punito per falsa testimonianza sulla base di quanto detto nei paragrafi precedenti. L’istigatore, invece, verrà punito anche nel caso in cui il testimone rifiuti la sua offerta e renda una dichiarazione veritiera innanzi al giudice. Il solo fatto di offrire o promettere denaro o altra utilità a chi è chiamato a testimoniare per indurlo a raccontare il falso è punito con la reclusione fino a quattro o fino a sei anni, a seconda di chi raccoglie la testimonianza (a seconda, cioè, che le dichiarazioni vengano fatte innanzi al Pubblico ministero, alla Corte penale internazionale, ad un difensore, al presidente di un Tribunale, ecc.).
Tale condotta veniva chiamata in precedenza “subornazione”, mentre il codice penale la definisce intralcio alla giustizia. Per tale reato è prevista la pena applicata in caso di falsa testimonianza ridotta dalla metà ai due terzi. Se, invece, per convincere il testimone a dichiarare il falso viene usata la violenza o la minaccia, le pene sono le stesse ridotte di non più di un terzo. In ogni caso, chi istiga alla falsa testimonianza viene interdetto dai pubblici uffici.
Con riferimento a tale fattispecie criminosa, la Corte di Cassazione ha affermato che commette il reato di intralcio alla giustizia la condotta chi compie pressioni e minacce sulla persona che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurla alla ritrattazione nella medesima fase ovvero in prospettiva del successivo dibattimento.
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