Cuore contro Cuore. Se l'Aritmia dice NO (parte I)


In un caso clinico l'esemplificazione del significato psicosomatico di una classica sintomatologia definita di competenza esclusivamente medica
Cuore contro Cuore. Se l'Aritmia dice NO (parte I)
Monica ha 17anni e da qualche tempo <>, come mi racconta la madre che l’accompagna al primo appuntamento, oltre a essere <>. Il cardiologo che l’ha visitata ha diagnosticato un’aritmia sinusale (un’alterazione che consiste in una quasi costante variazione del ritmo cardiaco che aumenta durante l'inspirazione e diminuisce con l'espirazione) di una certa importanza visto che il disturbo non tende a regredire, nonostante la terapia farmacologica intrapresa, il medico decide di consigliare un trattamento psicosomatico.
Secondo il cardiologo, infatti, Monica è <> e parlare con uno psicosomatista la potrebbe aiutare a uscire dall’isolamento in cui si trova. Durante il primo colloquio, la madre, rimane per un certo periodo nello studio assieme alla ragazza, ed è proprio la donna a spiegare, con un tono molto tranquillo e razionale, i disturbi di Monica, sottolineando, ad esempio, come gran parte dei problemi siano iniziati dopo la morte del padre, avvenuta due anni prima per un infarto cardiaco. Dal racconto sembra però emergere che questo lutto ha messo in crisi un po' tutto il nucleo familiare: l’assenza dell’uomo, bonario e pronto a minimizzare qualsiasi difficoltà facendosene carico in prima persona, ha portato allo scoperto tensioni che la sua presenza riusciva a contenere. Mentre la madre parla, Monica resta silenziosa, immobile, chiusa in se stessa (come testimonia anche la postura molto raccolta) e nel suo dolore; si apre un po' solo quando comincia a piangere, se il discorso tocca temi per lei particolarmente dolorosi. Il contrasto tra la figura della madre e quella della figlia appare netto: da un lato la donna si affida esclusivamente a un linguaggio verbale, in modo molto razionale; dall’altro Monica utilizza un linguaggio corporeo (l'atteggiamento di chiusura) ed emotivo (il pianto); la sensazione è che si tratti di un contrasto più generale, che non si limita a questi aspetti. E nelle sedute successive, quando la madre non è più presente, la difficolta di rapporto si fa più evidente: ad esempio, la madre ha sempre preteso da Monica un impegno molto elevato per quanto riguarda «il tuo lavoro», cioè lo studio, come la donna lo definisce normalmente, tanto che la giovane ha sempre sentito come suo preciso dovere quello di preparare ogni giorno ciascuna materia prevista dall'orario delle lezioni come se l’attendesse un esame. Ora però non riesce più a mantenere questo ritmo e anche la frequenza scolastica si è fatta "aritmica", per le numerose assenze dell'ultimo periodo.

E’ la madre a dettare il ritmo
Queste prime impressioni portano a ipotizzare che vi sia una analogia tra il rapporto madre-figlia e l'aritmia sinusale di cui soffre Monica: la caratteristica di questa alterazione è la tendenza del nodo seno-atriale (cioè il gruppo di cellule del cuore deputate a far nascere lo stimolo alla contrazione del tessuto muscolare cardiaco) a modificare il proprio ritmo sotto l’influenza di esigenze "esterne" (come quelle respiratorie), ponendo in secondo piano quelle "interne", proprie del cuore. Proprio come il nodo seno-atriale si fa "influenzare" finendo così per alterare il naturale ritmo del cuore, così la madre di Monica non "rispetta" le naturali tendenze della figlia, ma cerca di impostare un ritmo che la ragazza fatica a seguire.
Lo studio ne è un esempio (come abbiamo appena visto, Monica si sforza di seguire le richieste della madre); un altro è il momento della morte del padre: la donna reagisce dichiarando che «l’importante - dice - è rialzarsi in fretta», costringendo Monica a seguire lo stesso atteggiamento, senza lasciarle vivere il dolore provato. In altre parole la madre agisce su Monica proprio come il nodo seno-atriale nei confronti del resto del cuore: entrambi battono un ritmo non consono alle esigenze di Monica e del suo cuore.

L'intervento dello Psicoterapeuta e la svolta
Si trattava quindi di far accettare a Monica un ritmo <> in cui a momenti di attività (analogamente simili al movimento cardiaco <<sistolico>>), seguissero momenti <<diastolici>> di rilassamento, analogamente simili al movimento del sangue che riempie il cuore in fase di riposo. Per portare Monica a contattare questo ritmo costante, regolare il terapeuta decide di alternare una seduta legata principalmente al colloquio ad una dedicata esclusivamente all’apprendimento ed all’esecuzione in studio di una tecnica di rilassamento. Il risultato più interessante è consistito, ad un certo punto, nella richiesta di Monica di alternare le sedute, venendo in studio ogni due settimane, secondo il proprio ritmo. (segue)

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di Mario Bianchini Psicologo Psicoterapeuta

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