Diffamazione a mezzo stampa ed esercizio del diritto di critica


Diffamazione a mezzo stampa - Critiche all’operato del pubblico ministero nel corso delle indagini giudiziarie (Cass., Sez. 5, Ord. n. 5638/2015)
Diffamazione a mezzo stampa ed  esercizio del diritto di critica
Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata di un caso giudiziario in cui un giornalista ha pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale degli articoli dal contenuto pretesamente offensivo della reputazione di un Pubblico Ministero titolare di un’indagine, contenente, in particolare, affermazioni idonee a far ritenere gravemente negligente il comportamento del magistrato inquirente e a presentare come solerte e preciso il lavoro della polizia, pigro e superficiale invece quello del p.m., sì da costituire un’oggettiva occasione di reiterazione del delitto.

La Corte ha affermato che l’esercizio del diritto di critica giudiziaria non deve trasmodare nel dileggio e nella gratuita attribuzione di malafede a chi conduce le indagini, avendo anche il magistrato del pubblico ministero diritto alla tutela della propria reputazione e alla intangibilità della propria sfera di onorabilità.
Afferma, al tempo stesso, la Corte che ogni provvedimento giudiziario può essere oggetto di critica anche aspra, purché questa non si risolva in un attacco alla stima di cui gode il soggetto criticato.

Nel caso di specie, la conclusione cui è pervenuta la Corte è stata quella di ritenere non esorbitante dal legittimo esercizio del diritto di critica la notizia riportata da un giornalista che, senza travisare i fatti nel loro nucleo essenziale, aveva censurato l’operato del pubblico ministero, che non aveva richiesto alcuna misura cautelare nei confronti di un uomo indagato per l’omicidio di una donna, il quale successivamente si era reso responsabile della morte della fidanzata.
In estrema sintesi, pur riconoscendosi alla critica una natura soggettiva e opinabile, è necessario, perché il giornalista possa essere considerato esente da responsabilità penale, che la notizia diffusa riguardi fatti di rilevanza sociale, descritti con una narrazione e con espressioni corrette e che, comunque, le critiche trovino riscontro in una corretta e veritiera riproduzione della realtà fattuale. Pertanto, non si può e, anzi, non si deve mai pervenire da parte del giornalista a una ricostruzione volontariamente distorta della realtà, preordinata esclusivamente ad attirare l’attenzione negativa dei lettori sulla persona criticata.

Solo a queste condizioni si può anche esprimere una polemica intensa su temi di rilevanza sociale, senza però attribuire gratuitamente mala fede a chi conduce le indagini giudiziarie, e salva restando comunque la possibilità di criticare ogni provvedimento giudiziario, anche aspramente, in ragione dell’opinabilità degli argomenti a sostegno, purché la critica non si risolva in un attacco alla reputazione e in una lesione alla stima di cui gode il soggetto criticato, penalmente illecite dovendo considerarsi quelle critiche virulente che comportino il dileggio dell’autore di un provvedimento giudiziario.

Nel caso di specie, come detto, è stato escluso il carattere diffamatorio degli articoli giornalistici, che, valutati nel loro portato complessivo, non contenevano travisamenti o alterazioni capziose del fatto.

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di Avv. Stefano Cultrera

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