Dimissioni e risoluzione consensuale "on-line"


Di nuovo sul tema "dimissioni in bianco": il Legislatore questa volta torna sul tema creando non poche difficoltà d'applicazione.
Dimissioni e risoluzione consensuale "on-line"
Ormai la problematica delle "dimissioni in bianco" attanaglia il Legislatore il quale rivede la convalida delle stesse prevista dalla Legge 92/2012 non sufficiente a limitare l’utilizzo penalizzante di tale strumento; lo fa con l’art. 26 del D.Lgs 151/2015 che però già dalla sua stesura crea difficoltà e dubbia applicazione. Secondo le nuove disposizioni la comunicazione dal 12 Marzo 2016 deve avere il carattere di volontà del dipendente ma anche la certezza della data e l’autenticità della stessa: caratteri fondati sul nuovo modello da compilare a cura del dipendente dimissionario ed inviare direttamente al datore di lavoro nonché alla DTL competente. Tale disposizione si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro tranne i casi in cui le dimissioni vengono già certificare e novellate; rimangono fuori il rapporto di lavoro domestico ed i rapporti con la Pubblica Amministrazione. Le modalità di compilazione ed invio che deve osservare il dipendente dimissionario sono di norma telematiche e presuppongono una doppia autenticazione per conferire al modello un maggior livello di sicurezza: una volta che il datore di lavoro viene a conoscenza della volontà del dipendente deve esortarlo a seguire le nuove regole delle "dimissioni" perché ogni altro tipo di dimissione risulterà inefficace e il datore di lavoro sarà punito con sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000.
Il lavoratore potrà rivolgersi a dei soggetti abilitati identificati dalla norma ma dovrà prima richiedere il PIN d’accesso all’ INPS e successivamente creare un’utenza sul portale www.cliclavoro.gov.it. Ottenute le credenziali potrà accedere al modello telematico delle dimissioni, avendo l’accortezza di rispettare: il termine di preavviso prescritto dalla CCNL applicatogli, i dati anagrafici dell’azienda alla quale si comunica la propria volontà di recedere dal contratto di lavoro in essere.
Si precisa comunque che il dipendente potrà entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modello, revocare le proprie dimissioni con le medesime modalità, utilizzando il codice identificativo attribuito al momento della comunicazione di dimissioni tramite il quale il sistema consentirà la visualizzazione delle sole comunicazioni revocabili. Altro onere attribuito al dipendente è quello di inviare il modello con protocollo attribuito dal sistema, al datore di lavoro. Inizialmente la Legge prevedeva l’invio tramite posta certificata; con la circolare del 4 marzo 2016 il Ministero afferma che l'invio è effettuato tramite posta elettronica (anche certificata), il che fa presupporre una linea più morbida al fine di far giungere al più presto la notizia al professionista delegato alla comunicazione obbligatoria, ultimo anello di una catena di passaggi di comunicazioni in quanto permane la regola perentoria secondo la quale entro 5 giorni dalla cessazione dovrà verificarsi la comunicazione al centro per l’impiego.
Le nuove disposizioni sono state contestate anche con lettera inviata al Ministro del Lavoro dalla Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine Nazionale dei Consulenti del lavoro che rappresenta la categoria di quei professionisti che, in pratica, dovranno provvedere a rispettare le tempistiche e ad arginare le molteplici difficoltà; gli interrogativi sono numerosi: nel caso di mancata ricezione del modello on-line di dimissioni all'indirizzo del datore di lavoro, quest’ultimo come potrà giustificare l’assenza del dipendente che, si, non è convalidata, ma ne è a conoscenza? Inoltre, nel caso abbastanza frequente in cui il lavoratore abbandoni il posto di lavoro o non si preoccupi di rispettare le nuove disposizioni non facendo pervenire le dimissioni rassegnate nella nuova modalità telematica, il datore sarà costretto a provvedere ad inviare una contestazione disciplinare e in seguito procedere al licenziamento. Alla lettura della norma, questo sembrerebbe l'iter da percorrere e anche perseguibile se non fosse che a seguito di quel licenziamento, il datore si troverebbe a dover pagare anche il cosiddetto "ticket di licenziamento" che come sappiamo, potrebbe ammontare anche fino a 1.500 euro per un'anzianità fino a tre anni. In aggiunta, oltre a non aver compiuto il suo dovere, il lavoratore licenziato (e non più dimesso) si potrebbe avvalere anche del diritto di richiedere l'indennità di disoccupazione con relativa percezione della NASPI: aggravio di costi per il bilancio dello Stato. La norma ad oggi, infatti, prevede sanzioni per il datore di lavoro ma nulla per il dipendente dimissionario che non osserva il suo obbligo di convalida telematica.

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di Dott.ssa Alessandra Abratis

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