Dolo eventuale incompatibile con il reato tentato


La S.C. ribadisce che l'elemento psicologico nella forma del dolo eventuale è incompatibile con il tentativo di omicidio
Dolo eventuale incompatibile con il reato tentato
Con la sentenza n. 39328 del 18.07.2017 la Prima Sezione della Suprema Corte afferma il principio - ormai acclarato dalla giurisprudenza - secondo cui non sussiste l’ipotesi di tentato omicidio se manca il dolo omicida, essendo stato individuato l’elemento psicologico solo nel dolo eventuale, incompatibile con il tentativo.

Il caso è quello di tre uomini che, subito dopo aver compiuto un furto in abitazione, si davano alla fuga in auto, andando ad impattare frontalmente con quella dei Carabinieri intervenuti sul posto, cagionando loro forti lesioni. Il conducente del veicolo riusciva a darsi alla fuga, mentre gli altri due venivano tratti in arresto.
La Procura contestava a tutti gli imputati anche il reato di tentato omicidio, ipotesi questa confermata anche dal Tribunale del Riesame di Ancona, che riconosceva la responsabilità anche degli imputati che non erano alla guida del veicolo. Gli stessi proponevano così ricorso per Cassazione, asserendo che non potesse sussistere nel caso di specie l’ipotesi di omicidio tentato, sia perché il veicolo sul quale si trovavano i due indagati era condotto da un diverso soggetto datosi alla fuga, sia perché l’azione sarebbe priva di dolo omicida, essendo stato individuato dal Tribunale l’elemento psicologico nel dolo eventuale, incompatibile con il tentativo di omicidio, sia perché i ricorrenti non hanno tenuto alcun comportamento neppure in termini di istigazione.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, scrive che emerge un vizio di motivazione concernente l’elemento psicologico del reato che è stato ritenuto sussistente quantomeno nella forma del dolo eventuale - essendo tale figura del tutto incompatibile, per costante giurisprudenza, con il tentativo di omicidio (Sez. 1, sent. n. 25114 del 31.03.2010, Vismara, Rv. 247707), poiché l’ipotesi del tentativo richiede il dolo diretto, al più nella forma del dolo alternativo.
L’ordinanza impugnata, che adombra l’eventuale qualificazione della condotta degli indagati alla stregua del concorso anomalo di cui all’art. 116 c.p., non si confronta tuttavia con le conseguenze di tale asserzione da cui discende, a mente del comma secondo del citato articolo, un diverso titolo di responsabilità per il reato più grave non voluto che non sarebbe priva, nell’ipotesi data, di conseguenze per quello che concerne il titolo cautelare sotto l’angolo visuale della pena edittale e dei conseguenti termini di custodia cautelare (Sez. 5, sent. n. 7468 del 28.11.2013, Pisano, Rv. 258984).

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di Avv. Massimo Titi

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