E se poi posso uscire...

“E se poi posso uscire...... e se mi dicono che le restrizioni non sono più così limitanti ed io ho la possibilità di uscire, cosa faccio?”
Questa è solo una delle infinite domande che oggi, nella fase 2, ci poniamo.
Lasciare la nostra casa, il nostro nido è molto difficile. Per tutto il tempo del lockdown è stato l’unico luogo dove ci potevamo sentire al sicuro. C’è chi si è abituato con fatica, chi invece si è abituato con meno problemi. Tutti abbiamo cercato di abbellire la “nostra caverna” per rendere questo tempo meno cupo, meno angoscioso. Ciascuno ha messo in atto le proprie strategie per sopravvivere, chiusi in casa, alla propria angoscia determinata dalla lotta impari con un nemico invisibile. Un nemico che, come nel più strabiliante film fantasy/apocalittico, può trasformare la persona che più amiamo come il coniuge, un familiare o un amico nel nostro più acerrimo nemico.
Allora cosa abbiamo fatto?
Ci siamo inventati una vita al chiuso cercando di riempirla con la visione di film, lettura di libri, coltivando quello che pensavamo fossero nostri hobby per scoprire poi che non lo erano...video lezioni didattiche, di pilates, meditazioni, videochiamate con propri affetti attraverso whatsapp, zoom, skype.
Tutto sembrava prendere una nuova routine alla quale ci stavamo quasi quasi abituando, mentre il mondo fuori continuava senza di noi, l’aria più leggera, mari e fiumi più limpidi, senza smog, senza inquinamento acustico... Quasi come se la Terra, senza la presenza dell’uomo, avesse avuto la possibilità di tirare finalmente un sospiro di sollievo.
Ora cosa succederà?
Nessuno lo sa, si dice che sicuramente presto tutto tornerà come prima, ma è esattamente così? Niente potrà essere come prima, non si può tornare indietro, ma con fatica si andrà avanti!
Sì, si andrà avanti con gran fatica perché abbiamo paura di uscire di casa, unico luogo dove ci siamo sentiti al sicuro, ora che possiamo ci sentiamo come in una roulette russa nello sfidare la sorte.
La “sindrome del prigioniero” come è stata chiamata non colpisce solo chi è stato costretto a lunghi periodi di degenza, ma qualsiasi persona anche quelli che non hanno mai manifestato disturbi psicologici; basti pensare all’aumento dell’ansia o della paura legata più o meno al disturbo del sonno.
L’ansia e la paura possono essere legate all’ambiente esterno che può essere visto come pericoloso.
“Chi mi dice che nonostante i mezzi di protezione possa infettarmi o infettare a mia volta qualcuno?” “Sto forse diventando ipocondriaco?”
Dubbi senz’altro attinenti, ma che non hanno risposta certa e che avviluppano il pensatore nella paura della paura. E’ necessario strategicamente ‘riorientare’ il pensiero per scoprirne le potenzialità.
Chi può esserne maggiormente a rischio?
Tutti noi lo siamo, ma sicuramente in maggior misura coloro che hanno meno capacità di adattamento o che hanno meno strumenti per poter affrontare una realtà così complessa. Sicuramente, come è stato detto “siamo tutti nella stessa tempesta e non ci si salva da soli!"
Il problema “ è collettivo” e mi immagino che con aiuti psicologici competenti messi in atto dalle istituzioni, dalle strutture territoriali, nonché dai singoli specialisti se ne possa “uscire” e tornare ad una nuova realtà!
Dott.ssa Paola De fusco
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