Come elaborare il lutto di una persona cara o di una prospettiva di vita


Che cosa si intende per lutto normale e per lutto traumatico, così frequente purtroppo in questi tempi di pandemia, e come elaborarlo
Come elaborare il lutto di una persona cara o di una prospettiva di vita

Il termine lutto, dal latino lugere (piangere), si riferisce a tutte le manifestazioni esterne che segnalano agli altri membri della comunità la condizione di sofferenza dei dolenti (pianto, silenzi, urla, espressioni di dolore del volto, sospiri, etc) e comprende le cerimonie di congedo della salma.

Secondo il filosofo Galimberti il lutto non è solo la perdita di una persona cara, ma anche di una prospettiva, di un progetto. Il lutto, infatti, viene definito come una risposta naturale e fisiologica a qualsiasi situazione in cui la persona sperimenta un distacco doloroso e definitivo da qualcuno o da qualcosa di importante.

Non solo la morte, quindi, ma anche il divorzio o la rottura di un rapporto, la perdita di un lavoro, la morte di un animale domestico, ecc.

L’accettazione e l'elaborazione del lutto comprendono da un lato le reazioni all'evento perdita e dall'altro la risoluzione/adattamento e quindi la diminuzione della sofferenza causata dalla perdita stessa.

 

Cos'è il lutto traumatico?

Si parla di lutto traumatico quando una persona perde un proprio caro in modo violento, improvviso e per cause esterne: la mancanza di controllo, il senso di rabbia e impotenza ad essa collegato, il verificarsi di eventi fuori dal comune e inaspettati sono le caratteristiche dell'evento traumatico e possono causare problemi di lunga durata.

La sintomatologia è simile a quella del Disturbo Post Traumatico da Stress. Shock e incredulità sono le reazioni che compaiono per prime, seguite da una modifica degli abituali schemi mentali: ecco che emergono difficoltà a comprendere l'accaduto, a dargli un senso, ad adattarsi alla nuova triste realtà.

I sintomi che possono insorgere in seguito ad un lutto traumatico sono di natura:

  • cognitiva (incubi, flashback, pensieri intrusivi e insonnia);

  • emotiva (ansia, anedonia, inappetenza, depressione e mancanza di progettualità);

  • comportamentale (difficoltà di attenzione, di memoria e concentrazione, abuso di sostanze, isolamento sociale e lavorativo).

 

Come intervenire

La morte della persona cara provoca il vissuto di vuoto e la sua assenza nei vari momenti della giornata e in momenti cruciali si struttura in un vissuto di assenza e solitudine: questo alimenta la distanza affettiva anche nei confronti di chi è rimasto, rendendo difficile chiedere aiuto. Quando perdiamo qualcuno, specialmente quando abbiamo avuto poco tempo per prepararci, capita spesso di sentirci arrabbiati, tristi, soli, disperati: dovremmo avere la possibilità di esprimere questi sentimenti per riuscire poi ad elaborarli nel rispetto dei tempi di ciascuno.

Nel processo di elaborazione del lutto, infatti, si parla di fasi e non di stadi perché queste si presentano in maniera differente e in tempi diversi da persona a persona. Secondo il modello proposto dalla Dottoressa Elisabeth Kubler-Ross le fasi sono 5 e valgono sia per il malato che va incontro alla morte sia per le persone che hanno perso un loro caro: esse sono negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione.

L’elaborazione del lutto richiede di affrontare la separazione dalla persona o dall’oggetto, ma richiede anche e soprattutto di ricostruire l’immagine di lui all’interno di noi. E' necessaria una grande forza e motivazione per decidere di chiedere aiuto e affrontare un dolore quasi indicibile. In genere accade a distanza di un certo tempo dall'evento perché la sofferenza all'inizio è insopportabile, lascia senza parole, e solo dopo può essere fronteggiata. Chi soffre spesso pensa che nessuno possa comprendere il proprio dolore, salvo qualcuno che stia vivendo la stessa disgrazia. Il pensiero, che esclude anche i familiari, è “Devo farcela da solo!” perché si stenta a credere che qualcuno sia disponibile ad ascoltare storie dolorose e abbia la possibilità di essere di aiuto. 

Il timore di sprofondare nella disperazione che il riconoscimento della morte potrebbe causare è l'ostacolo maggiore all'avvio dell'elaborazione. Un altro motivo si trova nell'ignoranza forzata da fattori esterni degli eventi connessi alla morte e/o nella negazione del diritto ai riti di congedo e alla narrazione, come troppo spesso è accaduto in questi ultimi due anni di emergenza sanitaria.

Nei colloqui individuali sono spesso necessari interventi informativi che normalizzino alcuni comportamenti e reazioni della persona in lutto: è importante porre attenzione alle emozioni del paziente, a come racconta i fatti, a cosa omette e a come parla della persona che ha perso. Lasciare raccontare permette alla persona di entrare in contatto con le proprie emozioni e averne consapevolezza. La narrazione ha una funzione fondamentale nel lavoro del lutto perché permette il ripensamento di tutte quelle identità personali, familiari e sociali che non possono restare invariate dopo la perdita di una persona cara, perché permette di dare un nome alle emozioni e di diluire la sofferenza e perché aiuta a creare nuovi legami interpersonali; la narrazione ha anche l'intenzione di mantenere viva la memoria di chi è morto e di significare la sua importanza per il mondo. Questo è un lavoro che è quasi impossibile per le persone portare a termine in solitaria, ma ha bisogno di un contesto relazionale accogliente e rispondente quale quello offerto da un terapeuta.

 

Conclusioni

Il lutto non è, quindi, di per sé una malattia, ma se sottovalutato o non affrontato può “cronicizzarsi” e divenire fonte di grande sofferenza: circa un terzo delle persone che hanno subito la perdita di una persona significativa va incontro a una condizione dolorosa che viene per lo più ricondotta nell’ambito dei disturbi depressivi e dei disturbi d’ansia. E solitamente, dopo un certo numero di colloqui (di solito intorno alla decina) la persona sente che può “camminare con le sue gambe”, che ha gli strumenti non per evitare il dolore, ma per attraversarlo poiché è l’unico modo per superarlo.

Oltretutto, in questo difficile momento storico le normative vigenti impediscono alle persone l’accesso in ospedale per stare accanto al proprio caro, spesso anche negli ultimi giorni di vita, e non solo per i pazienti affetti da Covid-19. Negli stessi Hospice ed Rsa l’accesso dei familiari è spesso vietato o limitato ad alcune ore al giorno. Si assiste quindi ad un lutto che viene vissuto come improvviso, senza riferimenti e soprattutto senza la possibilità di un ultimo saluto che ben sappiamo essere fondamentale per un’elaborazione del lutto “normale”. Anche tutti i rituali successivi alla morte sono fortemente limitati per numero di presenze, modalità di avvicinarsi alla salma, riti funebri e, anche ove possibili, le persone non possono abbracciarsi e sostenersi fisicamente.

Per questo ribadisco l'importanza, in tali situazioni, di rivolgersi ad un terapeuta, il cui valore aggiunto è l’ascolto: la presenza di un attento ed empatico testimone crea una relazione che può essere portatrice di cambiamento e di un nuovo equilibrio.

 

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di Dott.ssa Giovanna Faà di Bruno

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