Falsa querela e calunnia: facciamo ordine!
Non sempre è punibile per il delitto di calunnia chi sporge una querela per fatti falsamente attribuiti a taluno e l'atto è affetto da invalidità
La recentissima sentenza della Corte di Cassazione VI Sezione Penale n.335/18 ha sintetizzato il seguente principio di diritto:
"In tema di calunnia essendo indispensabile, ai fini della configurabilità del reato, che la falsa incolpazione, pur se non univocamente indicativa di una specifica fattispecie di reato, sia tale da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale a carico dell’incolpato, è da ritenere che non sussista tale condizione, allorquando nella falsa incolpazione si rappresentino esclusivamente".
Il delitto di calunnia (art. 368 c.p.: Chiunque, con denuncia, querela (...) diretta all'Autorità giudiziaria incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato) si perfeziona nel suo disvalore penale nel momento in cui il denunciante riferisca all’Autorità giudiziaria circostanze che, anche se non sono nella totalità riconducibili a fattispecie di reato in astratto, sono sufficienti a suscitare nel sensorio requirente l’ipotesi di un reato e che il soggetto indicato come responsabile ne sia l’autore.
La condotta deve essere oggettivamente idonea a determinare l’avvio di un procedimento penale da parte dell’Autorità nei confronti di una persona che si sa innocente.
La giurisprudenza, ormai concorde, ha ritenuto che per l’integrazione del reato di calunnia, la falsa l’esposizione che il soggetto rende a carico dell’incolpato non è necessario sia eminentemente tecnica e corredata da puntuali indicazioni delle norme che si assumono violate ritenendo sufficiente, per giungere alla soglia di punibilità della fattispecie ex art. 368 c.p., la condotta di chi porta a conoscenza dell’Autorità circostanze idonee nel concreto a far convergere su un determinato soggetto le indagini.
Dalle considerazioni fin qui esposte emerge chiaramente l’appartenenza del delitto di calunnia alla categoria dei reati di pericolo.
Nella sua essenza punitiva la norma che prevede e punisce il delitto di calunnia presidia l’interesse della collettività ad una regolare amministrazione della giustizia che non deve essere distorta o ingannata da false e manifestamente infondate notizie di reato e, nel contempo, tutela l’onore e la libertà personale del soggetto ingiustamente accusato.
Se pertanto le dichiarazioni di fatti falsamente rappresentati devono essere concretamente idonei a far attivare l’Autorità con l’apertura di un procedimento penale a carico di una persona specifica, quid iuris se oggetto specifico della falsa incolpazione sia un reato perseguibile a querela e questa non sia presentata o la stessa sia invalida?
Armonizzando quanto fin qui argomentato ne discende che se il pericolo che l’art. 368 c.p. tende a prevenire è costituito da una "inutile" apertura di un procedimento penale a carico del soggetto innocente, nel caso in cui il fatto reato falsamente attribuito appartiene alla cerchia dei reati perseguibili a querela e questa manchi, verrà meno anche l’obbligo dell’Autorità ad attivarsi stante la mancanza della pretesa punitiva azionata dal querelante.
Mutatis mutandis dicasi nel caso affrontato dalla Corte di legittimità (Sez. VI 09/01/2018 n.335) che ha annullato la sentenza di condanna del ricorrente, a cui veniva ascritto il delitto di calunnia, perché il fatto non sussiste.
I supremi Giudici dinanzi ad un atto di denuncia-querela per truffa e falso che ha rappresentato falsamente una serie di circostanze a carico dell’incolpato e che ha generato in capo a quest’ultimo un ingiusto procedimento penale, è stato sottoscritto dal querelante con in calce la nomina del proprio difensore di fiducia a cui fu conferita delega espressa per il deposito dell’atto presso l’Autorità giudiziaria.
Ad un’analisi più attenta la querela depositata dal difensore è risultata priva sia dell’autentica della firma del querelante (art. 39 disp. Att. C.p.p.) sia della firma dello stesso difensore di fiducia di seguito alla firma del patrocinato che ne costituisce equipollente.
Tali lacune affliggono di nullità l’atto di querela rendendolo invalido. Venendo meno l’atto di impulso, benchè esso contenga false dichiarazioni e circostanze sfavorevoli all’incolpato, esso non è oggettivamente idoneo a far attivare la pretesa punitiva dell’ordinamento e dunque a sottoporre ingiustamente il soggetto falsamente accusato ad un ingiustificato procedimento penale lesivo della sua onorabilità e della sua libertà personale.
Avv. Pasquale Improta
"In tema di calunnia essendo indispensabile, ai fini della configurabilità del reato, che la falsa incolpazione, pur se non univocamente indicativa di una specifica fattispecie di reato, sia tale da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale a carico dell’incolpato, è da ritenere che non sussista tale condizione, allorquando nella falsa incolpazione si rappresentino esclusivamente".
Il delitto di calunnia (art. 368 c.p.: Chiunque, con denuncia, querela (...) diretta all'Autorità giudiziaria incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato) si perfeziona nel suo disvalore penale nel momento in cui il denunciante riferisca all’Autorità giudiziaria circostanze che, anche se non sono nella totalità riconducibili a fattispecie di reato in astratto, sono sufficienti a suscitare nel sensorio requirente l’ipotesi di un reato e che il soggetto indicato come responsabile ne sia l’autore.
La condotta deve essere oggettivamente idonea a determinare l’avvio di un procedimento penale da parte dell’Autorità nei confronti di una persona che si sa innocente.
La giurisprudenza, ormai concorde, ha ritenuto che per l’integrazione del reato di calunnia, la falsa l’esposizione che il soggetto rende a carico dell’incolpato non è necessario sia eminentemente tecnica e corredata da puntuali indicazioni delle norme che si assumono violate ritenendo sufficiente, per giungere alla soglia di punibilità della fattispecie ex art. 368 c.p., la condotta di chi porta a conoscenza dell’Autorità circostanze idonee nel concreto a far convergere su un determinato soggetto le indagini.
Dalle considerazioni fin qui esposte emerge chiaramente l’appartenenza del delitto di calunnia alla categoria dei reati di pericolo.
Nella sua essenza punitiva la norma che prevede e punisce il delitto di calunnia presidia l’interesse della collettività ad una regolare amministrazione della giustizia che non deve essere distorta o ingannata da false e manifestamente infondate notizie di reato e, nel contempo, tutela l’onore e la libertà personale del soggetto ingiustamente accusato.
Se pertanto le dichiarazioni di fatti falsamente rappresentati devono essere concretamente idonei a far attivare l’Autorità con l’apertura di un procedimento penale a carico di una persona specifica, quid iuris se oggetto specifico della falsa incolpazione sia un reato perseguibile a querela e questa non sia presentata o la stessa sia invalida?
Armonizzando quanto fin qui argomentato ne discende che se il pericolo che l’art. 368 c.p. tende a prevenire è costituito da una "inutile" apertura di un procedimento penale a carico del soggetto innocente, nel caso in cui il fatto reato falsamente attribuito appartiene alla cerchia dei reati perseguibili a querela e questa manchi, verrà meno anche l’obbligo dell’Autorità ad attivarsi stante la mancanza della pretesa punitiva azionata dal querelante.
Mutatis mutandis dicasi nel caso affrontato dalla Corte di legittimità (Sez. VI 09/01/2018 n.335) che ha annullato la sentenza di condanna del ricorrente, a cui veniva ascritto il delitto di calunnia, perché il fatto non sussiste.
I supremi Giudici dinanzi ad un atto di denuncia-querela per truffa e falso che ha rappresentato falsamente una serie di circostanze a carico dell’incolpato e che ha generato in capo a quest’ultimo un ingiusto procedimento penale, è stato sottoscritto dal querelante con in calce la nomina del proprio difensore di fiducia a cui fu conferita delega espressa per il deposito dell’atto presso l’Autorità giudiziaria.
Ad un’analisi più attenta la querela depositata dal difensore è risultata priva sia dell’autentica della firma del querelante (art. 39 disp. Att. C.p.p.) sia della firma dello stesso difensore di fiducia di seguito alla firma del patrocinato che ne costituisce equipollente.
Tali lacune affliggono di nullità l’atto di querela rendendolo invalido. Venendo meno l’atto di impulso, benchè esso contenga false dichiarazioni e circostanze sfavorevoli all’incolpato, esso non è oggettivamente idoneo a far attivare la pretesa punitiva dell’ordinamento e dunque a sottoporre ingiustamente il soggetto falsamente accusato ad un ingiustificato procedimento penale lesivo della sua onorabilità e della sua libertà personale.
Avv. Pasquale Improta
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