I (nuovi) limiti delle presunzioni fiscali
La recente Circolare dell'Agenzia delle Entrate lascia sperare in un utilizzo più attento e meditato delle presunzioni negli accertamenti tributari.
L'accertamento fiscale conosce diverse tipologie di presunzione a favore del fisco, dirette a favorire l'emersione e la quantificazione dell'eventuale evasione.
In primo luogo si rinvengono presunzioni di carattere generale, previste dall'art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, che di regola debbono rispondere ai requisiti della gravità, precisione e concordanza ma che, a determinate condizioni, possono addirittura derogare tali presupposti rilevandosi quindi di estrema insidiosità.
L'ordinamento tributario conosce pure presunzioni di carattere speciale; giusto per citarne alcune, il "redditometro", le indagini bancarie, i fondi detenuti in paradisi fiscali.
Nel corso degli anni si è spesso assistito alla contestazione di imponibili sommersi tramite ragionamenti o disposizioni presuntive che conducevano a conclusioni obiettivamente incompatibili rispetto alla effettiva situazione economica e patrimoniale del soggetto accertato.
Le cose sono forse destinate a cambiare in meglio per il contribuente, seppure in modo graduale nel tempo.
Con l'emanazione della recente Circolare n. 16/E del 28/04/2016 licenziata dall'Agenzia delle Entrate, il sistema variegato delle presunzioni non viene rinnegato (come ovvio), ma si pone l'accento sui principi di fondo che devono orientare l'accertamento presuntivo, secondo criteri che lo rendano equo e realistico, all'insegna della proporzionalità e ragionevolezza.
Nella Circolare in parola, spiccano i seguenti passaggi:
"L’utilizzo delle presunzioni deve essere attentamente valutato e portare a risultati realistici e coerenti con la effettiva capacità contributiva del soggetto indagato. Le presunzioni fissate dalla norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’ufficio secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza, avulse da un acritico automatismo e ricorrendo in via prioritaria alla collaborazione del contribuente ed alle dimostrazioni che questi potrà addurre a titolo di giustificazione. In modo analogo l’utilizzo delle indagini finanziarie, il cui ricorso è da preferirsi solo a valle di un’attenta analisi del rischio dalla quale possano emergere significative anomalie dichiarative e quando è già in corso un’attività istruttoria d’ufficio, deve essere appropriato e finalizzato ad attuare ricostruzioni credibili e realistiche. Vanno del pari assolutamente evitate ricostruzioni induttive, soprattutto se di ammontare particolarmente rilevante, effettuate senza valutare in modo attento e preciso la coerenza del risultato ottenuto con il profilo del contribuente e con l’attività dallo stesso svolta".
In buona sostanza i principi che l'Agenzia delle Entrate dichiara di voler seguire sono, in primo luogo, quello di scongiurare accertamenti disallineati alla realtà del contribuente.
Inoltre dalla lettura della Circolare si possono ricavare ulteriori considerazioni che potranno costituire elementi a difesa del contribuente durante l'accertamento nonché nella fase dell'impugnazione giudiziale.
Nel richiamo alla "collaborazione del contribuente", viene posto l'accento sulla centralità ed effettività del contraddittorio che, a questo punto, dovrebbe avvenire di regola in via preventiva all'emanazione dell'atto impositivo, in modo che le giustificazioni offerte siano vagliate con cautela e attenzione.
Per quanto concerne le indagini bancarie, sembra rintracciarsi un ruolo quasi residuale di strumento di indagine, anche in ragione della loro pervasiva incidenza sulla riservatezza del contribuente.
Da ultimo si sottolinea l'estrema cautela che dovrebbe guidare la ricostruzione di tipo induttivo.
Per certo l'esperienza sul campo consentirà, da un lato, di verificare la reale applicazione delle linee guida impartite dalla Circolare, dall'altro, di tracciare le strategie difensive da approntare per far valere nel migliore dei modi le aperture ivi riconosciute.
In primo luogo si rinvengono presunzioni di carattere generale, previste dall'art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, che di regola debbono rispondere ai requisiti della gravità, precisione e concordanza ma che, a determinate condizioni, possono addirittura derogare tali presupposti rilevandosi quindi di estrema insidiosità.
L'ordinamento tributario conosce pure presunzioni di carattere speciale; giusto per citarne alcune, il "redditometro", le indagini bancarie, i fondi detenuti in paradisi fiscali.
Nel corso degli anni si è spesso assistito alla contestazione di imponibili sommersi tramite ragionamenti o disposizioni presuntive che conducevano a conclusioni obiettivamente incompatibili rispetto alla effettiva situazione economica e patrimoniale del soggetto accertato.
Le cose sono forse destinate a cambiare in meglio per il contribuente, seppure in modo graduale nel tempo.
Con l'emanazione della recente Circolare n. 16/E del 28/04/2016 licenziata dall'Agenzia delle Entrate, il sistema variegato delle presunzioni non viene rinnegato (come ovvio), ma si pone l'accento sui principi di fondo che devono orientare l'accertamento presuntivo, secondo criteri che lo rendano equo e realistico, all'insegna della proporzionalità e ragionevolezza.
Nella Circolare in parola, spiccano i seguenti passaggi:
"L’utilizzo delle presunzioni deve essere attentamente valutato e portare a risultati realistici e coerenti con la effettiva capacità contributiva del soggetto indagato. Le presunzioni fissate dalla norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’ufficio secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza, avulse da un acritico automatismo e ricorrendo in via prioritaria alla collaborazione del contribuente ed alle dimostrazioni che questi potrà addurre a titolo di giustificazione. In modo analogo l’utilizzo delle indagini finanziarie, il cui ricorso è da preferirsi solo a valle di un’attenta analisi del rischio dalla quale possano emergere significative anomalie dichiarative e quando è già in corso un’attività istruttoria d’ufficio, deve essere appropriato e finalizzato ad attuare ricostruzioni credibili e realistiche. Vanno del pari assolutamente evitate ricostruzioni induttive, soprattutto se di ammontare particolarmente rilevante, effettuate senza valutare in modo attento e preciso la coerenza del risultato ottenuto con il profilo del contribuente e con l’attività dallo stesso svolta".
In buona sostanza i principi che l'Agenzia delle Entrate dichiara di voler seguire sono, in primo luogo, quello di scongiurare accertamenti disallineati alla realtà del contribuente.
Inoltre dalla lettura della Circolare si possono ricavare ulteriori considerazioni che potranno costituire elementi a difesa del contribuente durante l'accertamento nonché nella fase dell'impugnazione giudiziale.
Nel richiamo alla "collaborazione del contribuente", viene posto l'accento sulla centralità ed effettività del contraddittorio che, a questo punto, dovrebbe avvenire di regola in via preventiva all'emanazione dell'atto impositivo, in modo che le giustificazioni offerte siano vagliate con cautela e attenzione.
Per quanto concerne le indagini bancarie, sembra rintracciarsi un ruolo quasi residuale di strumento di indagine, anche in ragione della loro pervasiva incidenza sulla riservatezza del contribuente.
Da ultimo si sottolinea l'estrema cautela che dovrebbe guidare la ricostruzione di tipo induttivo.
Per certo l'esperienza sul campo consentirà, da un lato, di verificare la reale applicazione delle linee guida impartite dalla Circolare, dall'altro, di tracciare le strategie difensive da approntare per far valere nel migliore dei modi le aperture ivi riconosciute.
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