La natura tributaria della TIA
Tariffa di igiene ambientale e imposta sul valore aggiunto. La Cassazione continua a ribadire il proprio orientamento sulla natura triburia della TIA

L’annosa - e ormai inflazionata - questione della natura tributaria della tariffa di igiene ambientale, pare non essere ancora stata metabolizzata da parte degli enti che tale tributo hanno applicato.
Ebbene, come ormai noto, la tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ha pacificamente natura tributaria.
Sul punto la giurisprudenza è monolitica (Corte Cost., sent. 16 novembre 2009, n. 300; Cass. Civ. SS.UU. 15 marzo 2016, n. 5078; Cass. civ. SS.UU., sent., 8 aprile 2010, n. 8313; Cass. civ. Sez. V, sent., 10 maggio 2013, n. 11157; nel merito, invece, si vedano: Giudice di Pace di Rovereto, sentenze 30 agosto 2017, nn. 76 e 77 (il quale, peraltro, si afferma anche la natura tributaria della TARI); Trib. Trento, Ord. 19 gennaio 2015, n. 111; Giudice di Pace di Trento, sent. 17 gennaio 2014, n. 11; Giudice di Pace di Lucca, sent. 30 ottobre 2013, n. 789; Trib. Ferrara, ord. 16 febbraio 2013, n. 1964; Giudice di Pace di Trento, sent. 10 dicembre 2012, n. 638; Giudice di Pace di Genova, sent. 6 maggio 2012, n. 3982; Giudice di Pace di Roma, decreto ingiuntivo 14 marzo 2012, n. 4727).
Tuttavia, nonostante un orientamento granitico, la Suprema Corte di Cassazione continua ad occuparsi di questa materia e, con la recentissima sentenza Cass. Civ. Sez. V, sent., 2 marzo 2018, n. 4958 ha ribadito, per l’ennesima volta, la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale.
Il caso oggetto del giudizio di cui alla pronuncia in commento presenta una peculiarità perché è stato proposto da una società commerciale che ha impugnato le fatture emesse dal soggetto che gestiva la riscossione della tariffa di igiene ambientale.
La società ha ricevuto una serie di fatture per l’anno 2009 in relazione alla tariffa di igiene ambientale. Ha presentato ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale contestando in via principale la debenza dell’intero importo e, in via subordinata, la debenza dell’imposta sul valore aggiunto.
Il giudizio di primo grado, così come quello di appello, si sono conclusi in modo parzialmente favorevole per la contribuente che ha visto accolta la propria domanda subordinata.
I giudici di merito, dunque, dichiarando che la tariffa di igiene ambientale ha natura tributaria, hanno escluso che alla contribuente potesse essere chiesto il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto in relazione a tale tributo.
La società che gestisce la riscossione della TIA, dunque, ha proposto ricorso per Cassazione contestando la decisione del giudice di secondo grado.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso accertando che nel periodo oggetto di contenzioso, la tariffa di igiene ambientale avesse pacificamente natura tributaria con conseguente applicazione dei principi derivanti da tale statuizione.
In particolare, la Corte, richiamando i propri precedenti, ha ricordato che "la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dal d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, non è assoggettabile ad IVA, in quanto essa ha natura tributaria, mentre l'imposta sul valore aggiunto mira a colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo, in linea con la previsione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, non quando si paga un'imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente". Inoltre, facendo esplicito riferimento alla pronuncia a Sezioni Unite del 2016, il Supremo Collegio ha ribadito che la natura tributaria della TIA deriva dall’assenza di "sinallagmaticità del rapporto tra soggetto prestatore del servizio ed utenti, difettando una funzione di scambio tra servizio che assolve ad esigenze pubbliche generali e valore tariffario applicato, essendo imposto all'utente il prelievo anche in assenza di controprestazione".
Secondo il Collegio, questa argomentazione "trova il suo fondamento negli elementi autoritativi che caratterizzano la cd. T.I.A., elementi costituiti dall'assenza di volontarietà nel rapporto fra gestore ed utente, dalla totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico - essendo irrilevanti le varie forme di attribuzione a soggetti privati di servizi (ed entrate) pubblici - nonché dall'assenza del rapporto sinallagmatico a base dell'assoggettamento ad IVA".
Per queste ragioni, come anticipato, la Cassazione ha rigettato il ricorso confermando, semmai ve ne fosse bisogno, che la tariffa di igiene ambientale ha natura tributaria e, conseguentemente, non è possibile applicare in rivalsa l’imposta sul valore aggiunto in relazione a tale tributo.
Ebbene, come ormai noto, la tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ha pacificamente natura tributaria.
Sul punto la giurisprudenza è monolitica (Corte Cost., sent. 16 novembre 2009, n. 300; Cass. Civ. SS.UU. 15 marzo 2016, n. 5078; Cass. civ. SS.UU., sent., 8 aprile 2010, n. 8313; Cass. civ. Sez. V, sent., 10 maggio 2013, n. 11157; nel merito, invece, si vedano: Giudice di Pace di Rovereto, sentenze 30 agosto 2017, nn. 76 e 77 (il quale, peraltro, si afferma anche la natura tributaria della TARI); Trib. Trento, Ord. 19 gennaio 2015, n. 111; Giudice di Pace di Trento, sent. 17 gennaio 2014, n. 11; Giudice di Pace di Lucca, sent. 30 ottobre 2013, n. 789; Trib. Ferrara, ord. 16 febbraio 2013, n. 1964; Giudice di Pace di Trento, sent. 10 dicembre 2012, n. 638; Giudice di Pace di Genova, sent. 6 maggio 2012, n. 3982; Giudice di Pace di Roma, decreto ingiuntivo 14 marzo 2012, n. 4727).
Tuttavia, nonostante un orientamento granitico, la Suprema Corte di Cassazione continua ad occuparsi di questa materia e, con la recentissima sentenza Cass. Civ. Sez. V, sent., 2 marzo 2018, n. 4958 ha ribadito, per l’ennesima volta, la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale.
Il caso oggetto del giudizio di cui alla pronuncia in commento presenta una peculiarità perché è stato proposto da una società commerciale che ha impugnato le fatture emesse dal soggetto che gestiva la riscossione della tariffa di igiene ambientale.
La società ha ricevuto una serie di fatture per l’anno 2009 in relazione alla tariffa di igiene ambientale. Ha presentato ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale contestando in via principale la debenza dell’intero importo e, in via subordinata, la debenza dell’imposta sul valore aggiunto.
Il giudizio di primo grado, così come quello di appello, si sono conclusi in modo parzialmente favorevole per la contribuente che ha visto accolta la propria domanda subordinata.
I giudici di merito, dunque, dichiarando che la tariffa di igiene ambientale ha natura tributaria, hanno escluso che alla contribuente potesse essere chiesto il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto in relazione a tale tributo.
La società che gestisce la riscossione della TIA, dunque, ha proposto ricorso per Cassazione contestando la decisione del giudice di secondo grado.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso accertando che nel periodo oggetto di contenzioso, la tariffa di igiene ambientale avesse pacificamente natura tributaria con conseguente applicazione dei principi derivanti da tale statuizione.
In particolare, la Corte, richiamando i propri precedenti, ha ricordato che "la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dal d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, non è assoggettabile ad IVA, in quanto essa ha natura tributaria, mentre l'imposta sul valore aggiunto mira a colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo, in linea con la previsione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, non quando si paga un'imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente". Inoltre, facendo esplicito riferimento alla pronuncia a Sezioni Unite del 2016, il Supremo Collegio ha ribadito che la natura tributaria della TIA deriva dall’assenza di "sinallagmaticità del rapporto tra soggetto prestatore del servizio ed utenti, difettando una funzione di scambio tra servizio che assolve ad esigenze pubbliche generali e valore tariffario applicato, essendo imposto all'utente il prelievo anche in assenza di controprestazione".
Secondo il Collegio, questa argomentazione "trova il suo fondamento negli elementi autoritativi che caratterizzano la cd. T.I.A., elementi costituiti dall'assenza di volontarietà nel rapporto fra gestore ed utente, dalla totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico - essendo irrilevanti le varie forme di attribuzione a soggetti privati di servizi (ed entrate) pubblici - nonché dall'assenza del rapporto sinallagmatico a base dell'assoggettamento ad IVA".
Per queste ragioni, come anticipato, la Cassazione ha rigettato il ricorso confermando, semmai ve ne fosse bisogno, che la tariffa di igiene ambientale ha natura tributaria e, conseguentemente, non è possibile applicare in rivalsa l’imposta sul valore aggiunto in relazione a tale tributo.
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