La via difficile del complimento


Nelle relazioni di coppia e sociali il complimento non è facile da fare. Perchè? Perchè siamo più reattivi che attivi! La consapevolezza è una conquista
La via difficile del complimento

Nel percorso di aiuto psicologico è per me importante che la persona si senta compresa e accolta, e soprattutto che avverta di essere coinvolta attivamente nel suo cambiamento o miglioramento.

Al termine di una seduta concordammo con Lucio che si sarebbe impegnato a osservare quante critiche, giudizi, osservazioni negative avrebbe fatto alla moglie in quella settimana, e quanti ne avrebbe ricevute da lei; come pure quanti apprezzamenti, complimenti, ringraziamenti avrebbe fatto e ricevuto. Lucio trovò il compito interessante e si propose di fare una piccola indagine tra gli amici.

Quando rividi Lucio, questi era rimasto sorpreso, dopo la sua piccola indagine nel cerchio di amici, di non essere il solo a fare osservazioni negative, critiche alla moglie con più facilità rispetto ai complimenti. Si era, inoltre, accorto quanto la critica creava astio nella relazione e una maggior distanza nella coppia.

Quella settimana, con sua sorpresa si era accorto di aver fatto un complimento alla moglie per come si era vestita e di aver provato un sentimento piacevole nel fare quel complimento. Inoltre, sempre in quella settimana la moglie stessa gli aveva fatto i complimenti per un ottimo risotto. Il complimento arrivava da una persona a cui non piacevano i risotti!

«Vede dottore, è stato bello ricevere il complimento di mia moglie, come pure, o forse ancor di più averglielo fatto. In quelle due occasioni ci siamo sentiti più vicini e con sentimenti piacevoli. Allora perché continuiamo ad avere un comportamento che ci rende insopportabili agli occhi del partner?».

«Una bella domanda Lucio! Non c’è una sola risposta, tuttavia possiamo insieme osservare quali meccanismi psicologici favoriscono la critica al complimento. Se ci pensa cosa risponderebbe?» «Risponderei che dietro c’è la paura di perdere potere! Nella critica mi sento superiore a mia moglie e, quindi, meno vulnerabile! Non “calo le braghe” come si dice da noi!»

«Bella risposta Lucio!»

Per capirci ti faccio un esempio. Ti accorgi che tua moglie non ha portato via le immondizie. Appena la vedi l’aggredisci verbalmente rilevando che ancora una volta si è dimenticata! La sua reazione sarà il contrattacco (ti fa osservare che anche tu fai altrettanto) o la fuga (si chiude nel silenzio, alza un muro). Se, invece, accorgendoti delle immondizie non portate via, rifletti che forse tua moglie aveva altre cose da sbrigare o era preoccupata per altro, puoi scegliere di portarle via tu, senza farlo pesare a lei; oppure le chiederai gentilmente la motivazione. Quando lei si sentirà ascoltata e capita non potrà che ringraziarti.

Quando noi agiamo la critica o il giudizio, stiamo reagendo a una situazione guidati da quello che è chiamato cervello rettiliano, che è deputato alla salvaguardia, alla difesa. È evidente che se mi difendo ti allontano o mi allontano. Quando, invece, sospendiamo per un attimo l’istinto a reagire, e osserviamo la situazione, agiamo attraverso quella parte del cervello che ha come scopo la cooperazione, la ricerca della relazione, l’intimità. A quel punto ci si avvicina all’altro/a e si vive un’esperienza di calore.  

«Molto interessante dottore, ma anche preoccupante. Se ho capito bene significa che siamo più reattivi che attivi!».

«Sì, Lucio è proprio così. Le persone pensano di agire in maniera conscia, in realtà sono guidate da dei sistemi che non richiedono una consapevolezza, come è il sistema di difesa (biologico/comportamentale) e agonistico o di rango (interpersonale). E tu prima l’hai detto chiaramente, quando hai affermato che si critica per mantenere la propria posizione di potere, ossia di rango. Perché agiamo in quel modo? Perché lo scopo di questi sistemi è la nostra salvaguardia, incolumità. L’altro che ho di fronte è un pericolo dal quale devo difendermi. Tutto questo non richiede una consapevolezza, anche perché in determinate situazioni la vita sarebbe messa in pericolo».

«Dottore, mi sta dicendo che quando critico mia moglie sto reagendo in modo inconsapevole e guidato dall’istinto della sopravvivenza? In questo modo è chiaro allora che si ottiene l’effetto contrario, ossia l’allontanamento reciproco. Come se ne esce?»

«Bravo, Lucio! Come se ne esce? Grazie a quella terza parte del cervello, che i neuroscienziati localizzano nella neo-corteccia, che ci permette di capire l’altro e di ampliare il significato del gesto o della parola».

«Quindi, dottore, se reagisco, che si traduce in critica, giudizio, opero a livello inconsapevole, sono nell’automatismo della sopravvivenza e non creerò relazione; se invece agisco, ossia mi fermo a pensare per quale motivo mia moglie ha agito in quel modo, divento artefice delle mie azioni che creeranno dialogo e mi farà gustare la presenza di mia moglie. Accipicchia quante occasioni perse!».

«Non si preoccupi Lucio, importante è iniziare a usare tutta la ricchezza che abbiamo come esseri umani. Un complimento alla persona con cui viviamo è il segno che stiamo agendo per la costruzione della nostra coppia, mentre una critica o giudizio creano un terreno fragile e pericoloso. Qui la scelta è nostra».

«Sì, dottore, ma non è facile agire e non reagire!»

«Certo Lucio, per questo tu mi hai chiesto aiuto e sempre più riesci a comprendere quanto sia importante conoscere te stesso per poter creare una relazione di coppia dove si vive e non sopravvive».

 

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di Dott. Andrea Ferrari

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