La violenza sulle donne è "cosa nostra"
La violenza di genere come problema sociale

Sono appena terminate le celebrazioni per la festa della donna ma non deve cessare la nostra attenzione sulla violenza di genere.
La cronaca, purtroppo, è densa di episodi che hanno visto le donne vittime o oggetto di violenza, dalle discriminazioni alle violenze sessuali, dai maltrattamenti fino ad arrivare al femminicidio, che è la conseguenza più estrema. I dati sono impressionanti: nel 2017 la media di donne uccise dal partner o dall’ex partner è di 1 su 3, 3 milioni e 468 mila le denunce per stalking e sempre secondo l’Istat sono circa 7 milioni le donne che hanno subito nel corso della loro vita almeno una forma di violenza (Violenza sulle donne, la strage continua - Redazione Ansa 21/09/2017 http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali). A questi dati dobbiamo aggiungere il sommerso, cioè tutti i casi non denunciati.
La drammaticità dei dati ci indica che la violenza di genere non è un fenomeno isolato, ma è un fenomeno sociale, che ha purtroppo radici molto profonde nella cultura.
Secondo la Convenzione di Istanbul (2011) la violenza nei confronti delle donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione che comprende atti di violenza fondati sul genere che provocano danni di natura fisica, sessuale, psicologica ed economica.
La violenza di genere è un fenomeno sociale perché si costruisce attorno a ruoli, comportamenti e funzioni che la società ha sancito e approvato, perché si alimenta di stereotipi e pregiudizi di genere.
Tali concezioni sono profondamente radicate nella nostra cultura. Lo stereotipo sessuale è infatti ancora molto attivo nelle relazioni uomo-donna, l’uomo è quello "che comanda", "che ha potere", la donna pur se più indipendente ed emancipata cerca di aderire all’immagine socialmente accettata. Può essere l’ "imprenditrice di successo" o la "casalinga", ma si adopererà per essere anche" la brava mamma"," la donna che si occupa di tutto", come se non si riconoscesse il diritto di essere anche diversa.
La storia ci insegna che da sempre le donne sono state relegate a posizioni subalterne, sono state considerate oggetto del potere maschile. La violenza di genere è cosi anche un fenomeno culturale.
E’ un fenomeno moderno, e non perché prima non sia esistita, ma perché nasce con la concezione moderna dell’unione, intesa come un patto d’amore, in cui ognuno è libero di esprimere sé stesso e la propria personalità. Un patto d’amore che a volte però uccide o maltratta, quando si vuole dire "No", quando si dice "Basta è finita", quando si cerca di affermarsi.
Fuori dalle mura domestiche, pur se osserviamo una forte emancipazione ed affermazione femminile, ancora assistiamo a discriminazioni sul lavoro, in alcuni casi, la donna viene solo considerata per il suo corpo, viene messa alla gogna quando è vittima di un episodio di violenza.
La violenza di genere è un problema articolato e complesso e richiede un intervento integrato.
E’ necessario un profondo cambiamento nel tessuto culturale, nelle credenze, nei valori e nella percezione di genere. Questo richiede la sensibilizzazione alla cultura di genere, la possibilità di riconoscere certi stereotipi e metterli in discussione, un’educazione al rispetto per le differenze, che poi è fondamentale per contrastare ogni discriminazione, non solo quella verso le donne. Tale processo deve investire tutti: Stato, Istituzioni, mass-media, opinione pubblica e privati cittadini.
La Convenzione di Istanbul individua le 3 P per contrastare il fenomeno: PREVENIRE, PROTEGGERE e PERSEGUIRE e uno Stato che si definisce civile deve assolvere a queste funzioni.
E’ doveroso, non possiamo più chiudere gli occhi o puntare il dito, pensando semplicemente che è accaduto a lei perché se l’è cercata.
La cronaca, purtroppo, è densa di episodi che hanno visto le donne vittime o oggetto di violenza, dalle discriminazioni alle violenze sessuali, dai maltrattamenti fino ad arrivare al femminicidio, che è la conseguenza più estrema. I dati sono impressionanti: nel 2017 la media di donne uccise dal partner o dall’ex partner è di 1 su 3, 3 milioni e 468 mila le denunce per stalking e sempre secondo l’Istat sono circa 7 milioni le donne che hanno subito nel corso della loro vita almeno una forma di violenza (Violenza sulle donne, la strage continua - Redazione Ansa 21/09/2017 http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali). A questi dati dobbiamo aggiungere il sommerso, cioè tutti i casi non denunciati.
La drammaticità dei dati ci indica che la violenza di genere non è un fenomeno isolato, ma è un fenomeno sociale, che ha purtroppo radici molto profonde nella cultura.
Secondo la Convenzione di Istanbul (2011) la violenza nei confronti delle donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione che comprende atti di violenza fondati sul genere che provocano danni di natura fisica, sessuale, psicologica ed economica.
La violenza di genere è un fenomeno sociale perché si costruisce attorno a ruoli, comportamenti e funzioni che la società ha sancito e approvato, perché si alimenta di stereotipi e pregiudizi di genere.
Tali concezioni sono profondamente radicate nella nostra cultura. Lo stereotipo sessuale è infatti ancora molto attivo nelle relazioni uomo-donna, l’uomo è quello "che comanda", "che ha potere", la donna pur se più indipendente ed emancipata cerca di aderire all’immagine socialmente accettata. Può essere l’ "imprenditrice di successo" o la "casalinga", ma si adopererà per essere anche" la brava mamma"," la donna che si occupa di tutto", come se non si riconoscesse il diritto di essere anche diversa.
La storia ci insegna che da sempre le donne sono state relegate a posizioni subalterne, sono state considerate oggetto del potere maschile. La violenza di genere è cosi anche un fenomeno culturale.
E’ un fenomeno moderno, e non perché prima non sia esistita, ma perché nasce con la concezione moderna dell’unione, intesa come un patto d’amore, in cui ognuno è libero di esprimere sé stesso e la propria personalità. Un patto d’amore che a volte però uccide o maltratta, quando si vuole dire "No", quando si dice "Basta è finita", quando si cerca di affermarsi.
Fuori dalle mura domestiche, pur se osserviamo una forte emancipazione ed affermazione femminile, ancora assistiamo a discriminazioni sul lavoro, in alcuni casi, la donna viene solo considerata per il suo corpo, viene messa alla gogna quando è vittima di un episodio di violenza.
La violenza di genere è un problema articolato e complesso e richiede un intervento integrato.
E’ necessario un profondo cambiamento nel tessuto culturale, nelle credenze, nei valori e nella percezione di genere. Questo richiede la sensibilizzazione alla cultura di genere, la possibilità di riconoscere certi stereotipi e metterli in discussione, un’educazione al rispetto per le differenze, che poi è fondamentale per contrastare ogni discriminazione, non solo quella verso le donne. Tale processo deve investire tutti: Stato, Istituzioni, mass-media, opinione pubblica e privati cittadini.
La Convenzione di Istanbul individua le 3 P per contrastare il fenomeno: PREVENIRE, PROTEGGERE e PERSEGUIRE e uno Stato che si definisce civile deve assolvere a queste funzioni.
E’ doveroso, non possiamo più chiudere gli occhi o puntare il dito, pensando semplicemente che è accaduto a lei perché se l’è cercata.
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