Liceità della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo


Rimane vietata la “mercificazione” onerosa dei gameti estranei alla coppia
Liceità della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo

L’intervento della Corte Costituzionale sembrava aver sopito le discussioni intorno al tema della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, ovvero eseguita con l’utilizzo di gameti provenienti da donatori esterni alla coppia che ricorra a tale tipo di intervento.

La sentenza n. 162 del 2014, invero, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentiva il ricorso alla procreazione di tipo eterologo anche qualora fosse stata diagnosticata e debitamente documentata una patologia causa di infertilità o sterilità irreversibili, ovvero che non fosse possibile risolvere attraverso altre terapie.

L’intervento della Consulta ha evidentemente assicurato una tutela più ampia alle coppie che, pur desiderose di mettere al mondo figli, non hanno alternativa se non ricorrere all’aiuto di soggetti estranei al nucleo familiare, donatori di gameti. Questo nel rispetto della libertà di autodeterminarsi che gode di copertura costituzionale.

Occorre, tuttavia, circoscrivere l’ambito del penalmente lecito alle condotte di “produzione” e “scambio” di gameti che avvenga “volontariamente” e soprattutto in forma “gratuita”. Tali limiti vincolano il nostro legislatore, in quanto specificamente previsti e dettati dalla direttiva comunitaria 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31/03/2004.

L’intento è proprio quello di evitare una “mercificazione” dei gameti e di incentivare il ricorso a trattative private tra la coppia e il donatore estraneo, che si metta a disposizione non per spirito di liberalità, ma per conseguire un ingiusto profitto.

La normativa nazionale legittima, difatti, solo il riconoscimento di un’indennità in favore dei donatori a copertura delle spese anticipate per terapie o cure cui abbiano deciso di sottoporsi, con l’intento di assicurare la riuscita della procreazione assistita.

In alcuni casi il confine tra remunerazione dei gameti e indennizzo al donatore può essere labile e condurre ad un errore di valutazione da parte del Giudice chiamato a dirimere una controversia.

E’ proprio quanto accaduto nella fattispecie portata all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha annullato senza rinvio la sentenza di un GUP che, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., aveva prosciolto gli imputati per insussistenza del fatto contestato.

Il Giudice del merito aveva ritenuto lecite le condotte realizzate dagli imputati, in quanto non vi sarebbe “commercio” “allorché il trasferimento della cellula riproduttiva umana avviene all’interno di un trattamento di fecondazione c.d. eterologa”, in quanto finalizzato alla procreazione medicalmente assistita.

Ad avviso della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione tale motivazione è erronea, non operando quel necessario distinguo tra la donazione di gameti spontanea e gratuita, l’unica ad essere consentita, e lo “scambio” sorretto da finalità di lucro e finalizzato a conseguire illeciti profitti.

La sentenza n. 36221 depositata il 19/08/2019 ha, quindi, rimarcato i requisiti che rendono lecita la condotta di produzione e scambio di gameti, finalizzata alla procreazione di tipo eterologo, purché non si tratti di attività remunerata. Al donatore può, pertanto, essere riconosciuta solamente un’indennità a copertura delle spese che abbia anticipato per sottoporsi a cure o prelievi.

 

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di Avv. Manuela Martinangeli

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