Lo Stress: una lettura multidisciplinare


Una panoramica generale sullo Stress
Lo Stress: una lettura multidisciplinare
In generale lo stress comporta uno stato di "pressione": è essenziale però comprendere come si passi da uno stress di tipo temporaneo, per il quale l'organismo si mette in condizioni di reagire ad eventi esterni che devono essere affrontati e risolti in breve tempo, ad un tipo di stress cronico, in cui lo stress permane al di là delle reali esigenze esterne e produce effetti dannosi di logoramento e squilibrio dei fuzionamenti dell'organismo. E' necessario fare chiarezza, anche metodologica, nello studio dei meccanismo che provocano il passaggio da una condizione positiva di modificazione momentanea della reattività dell'individuo agli stimoli esterni ed interni (eu-stress o stress temporaneo) ad una condizione negativa caratterizzata da modificazioni permanenti (di-stress o stress cronico).

Diverse ricerche hanno studiato lo stress temporaneo, cosa lo produce e cosa avviene quando si innesca. Nella vasta letteratura relativa allo stress si segnalano i lavori che insistono sulla complessità del fenomeno, conettendo aspetti biologici, immunitari e psicologici (tra i vari si segnalano: Stora, 2004; ron de Kloet et al., 2005; Aldwin, 2007). Le componenti situazionali e dipersonalità che elicitano e mediano lo stress, e i complessi legami tra stress e psicologia della salute sono descritti, tra i tanti: Prunetti (2010), Fiz Perez e Laudadio (2011). Sono stati individuati i tratti che perpetuano e amplificano lo stress portando a vere e proprie psicopatologie (Dohrenwend, 1998; Horowitz, 2004)

La fonte di stress patologico è stata individuata nelle pressanti richieste avanzate dal contesto esterno agli individui, mentre in essi non sono disponibili risorse per fronteggiare lo stress che ne può derivare. E' dimostrato che il contesto agisce generalmente sull'organismo in maniera aspecifica e indiretta, mentre altri fattori funzionano da mediatori specifici.
In uno studio del 2001 di Karg et al. viene ammessa la possibilità che componenti genetiche possono predisporre l'individuo ad una maggior vulnerabilità; tuttavia la mediazione tra agenti stressanti ed organismo è asicurata anche da fattori connessi alla gestione delle informazioni e al "filtro" di esse da parte dell'organismo stesso. A questo riguardo è importante ricordare la mediazione cognitiva nello stress oggetto degli studi di Lazarus e Flokman (1984): nel processo di coping (ossia l'insieme delle strategie messe in atto dall'individuo per fronteggiare situazioni stressanti), sia sul piano cognitivo che su quello comportamentale avvengono degli sforzi mirati a controllare e gestire richieste esterne o interne che sono valutate come eccedenti le risorse disponibili. Il coping è una variabile processuale, distinta dal comportamento adattivo automatico; essa designa lo sforzo per fronteggiare la situazione stressante, non il suo esito. Persone in cui le risorse per questo sforzo risultano insufficienti sono definite "vulnerabili"

Le teorie citate distinguono due stili nel processo di coping: uno focalizzato sul problema, l'altro orientato all'evitamento. Esiste anche una terza modalità: l'orientamento verso l'emotività, strettamente connesso con il modo in cui viene percepito lo stress. Negli ultimi due decenni è stato chiaramente dimostrato come uno stile di coping basato sulla focalizzazione del problema sia correlato positivamente ad affetti positivi e negativamente ad affetti negativi, mentre un quadro opposto è evidenziato dallo stile di coping fondato sull'evitamento (Ben-Zur, 2009).
Si può affermare che esiste un fltro che fa da mediazione e che è anch'esso multidimensionale e compelsso: costituito dal mondo dei pensieri e delle idee, ma anche dal piano delle emozioni, dall'insieme dei funzionamenti di tipo fisiologico e persino dall'esistenza di posture e movimenti abituali e ripetitivi che influenzano in modo sotterraneo ma intenso il mondo percettivo. Se questo filtro complesso è ben funzionante non si innescherà uno stress cronico se non in condizioni estreme; ma se questo filtro non è funzionante, allora l'organismo sarà in uno stato di allarme cronico anche prima di un evento stressante e non potrà reagire adeguatamente.

Da quanto detto, discende la necessità di valutare in modo corretto e preciso, i livelli di stress cronico: sia per la valutazione dell'efficacia e dell'efficienza del processo terapeutico, sia per intervenire a scopi diagnostici e preventivi in campo sociale o lavorativo. Solo una misura integrata dello stress può rispondere alla complessità del fenomeno e consentire di mettere in atto tecniche specificatamente mirate alla sua riduzione o prevenzione

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di dott. Lorenzo Zancolich

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