Lo sviluppo del linguaggio e le balbuzie


Il linguaggio viene appreso durante i primi anni di vita e questo apprendimento si configura per PERIODI o STADI che gradualmente precisano...
Lo sviluppo del linguaggio e le balbuzie
Il linguaggio viene appreso durante i primi anni di vita e questo apprendimento si configura per PERIODI o STADI che gradualmente precisano e differenziano gli elementi fonologici, morfologici, semantici e sintattici:
· 0-3 mesi emissioni di suoni vocali. Primo tentativo vocalico del neonato.
· 4-6 mesi uso di espressioni facciali sia negative sia positive e inizio della lallazione
Fra il secondo e il quinto/sesto mese il bambino inizia ad esercitare un controllo su alcuni elementi della produzione vocalica in particolare nella durata e nell'intensità, permettendo alla mamma di riconoscere il pianto di fame, il pianto di capriccio, ecc.
· 6-9 mesi ricerca della sorgente del dialogo, pronunciazione di gorgheggi, lallazione abbondante, uso dell'indice per indicare un oggetto (pointing).
· 9-12 mesi risposta al richiamo del proprio nome, emette i bisillabi, messaggi di sguardo e ripetizione dei messaggi falliti, in modo che siano più efficaci.
· 12-13 mesi pronunciazione di parole comuni, come mamma e papà
· 14-18 mesi si hanno le prime parole-frasi (frasi semplici)
· 18-24 mesi il vocabolario si arricchisce, il 50% delle consonanti è prodotto correttamente, il linguaggio è predominante rispetto ai gesti
· 24-36 mesi il 70% delle consonanti è prodotto correttamente, uso dei pronomi (io/tu, me/te)
· 3-5 anni il discorso è comprensibile nella sua interezza, ma possono essere presenti difficoltà nei fonemi "r" "v" e gruppi consonantici.
· 6-11 anni sviluppo grammaticale completo e arricchimento del linguaggio con la scolarizzazione
Lo sviluppo e l'espansione del lessico impegna il bambino a coniugare le esigenze della sintassi (prime regole) e l'organizzazione delle idee. Da questa interna fatica e in coincidenza con questo sovraccarico sistemico possono presentarsi fenomeni linguistici scompensati quali esitazioni, e ripetizioni in particolare nell'esordio della frase, dando origine a disfluenze. Come aveva già messo in evidenza Lev Semenivic Vygotskij, il linguaggio è strettamente interconnesso con pensiero e ambiente sociale. Il linguaggio è lo specchio di un pensiero, è indice di capacità logiche e organizzative, è frutto di una delicata organizzazione cognitiva e neuromuscolare. Ma il linguaggio è anche riflesso di emozioni, di quella che Daniel Goleman definisce intelligenza emotiva e che, nel caso del linguaggio, crea una costante comunicazione tra contenuto del pensiero, espressione verbale, emozioni sottostanti. Il linguaggio, quindi, non è una semplice emissione vocale ma è in stretta relazione con il nostro stato emotivo. Ansia, paura, confusione mentale, organizzazione del pensiero, tratto caratteriale, si riflettono sempre nel nostro modo di parlare: nelle pause che facciamo, nel tono della voce, nella fluidità dell'emissione vocale e, quindi, anche nella presenza o meno di alterazioni nella articolazione di parole e frasi e in tutti quei fenomeni disfluenti. La balbuzie infantile ha molte cause, e non è difficile farla risalire ad un disagio psicologico, temporaneo o cronicizzabile, che il bambino sta vivendo. La balbuzie, o qualsiasi altra espressione psicosomatica, compare durante o dopo un evento che il bambino percepisce come traumatico o, comunque, destabilizzante rispetto ad un precedente equilibrio. A volte basta un trasloco, l'inizio della scuola, la nascita di un fratellino, un distacco dai genitori prolungato, per far emergere un disagio sotto forma di disfluenza: il bambino, come l'adulto, può vivere stati d'ansia, dolore, frustrazione, perdita di autostima e incertezza e la balbuzie infantile può esprimere il tentativo del bambino di comunicare al mondo adulto, spesso distratto e poco presente, un disagio che sta attraversando.
Le disfluenze inoltre non sono rare quando un bimbo comincia a parlare e spesso il bambino può presentare balbuzie nelle sue varie forme (clonica, tonica, mista), sostituzione di consonanti e inversioni di sillabe. Ma non bisogna subito entrare nel panico. Certo, non bisogna lasciar correre e far finta di nulla, ma neanche invadere il piccolo con la nostra ansia adulta.
Non tutte le balbuzie si cronicizzano: alcune sono espressione di un disagio momentaneo, possono regredire appena il bimbo acquisisce maggiore fiducia in sé, possono semplicemente migliorare parallelamente alle maggiori competenze linguistiche che si acquisiscono.
Cosa devo e non devo fare quando mio figlio balbetta:
devo:
ascoltare quello che dice e non come lo dice;
dargli tempo ed ascoltare finché non abbia finito;
comportarmi come se non balbettasse;
seguire i suggerimenti e le indicazioni ricevute e magari da lui stesso praticate, per esempio parlargli più lentamente;
mantenere un atteggiamento calmo, in modo che il bambino non si senta pressato nel parlare, finendo così con l’aumentare la velocità di parola;
badare bene a non prestare maggiore attenzione ai momenti di balbuzie a scapito di quelli di normale fluenza;
ridurre la velocità di parola.
non devo:
riprenderlo per la balbuzie;
"abbandonarlo" quando balbetta;
dirgli di smettere di balbettare;
punirlo perché balbetta;
mostrarmi preoccupato per la sua balbuzie;
arrabbiarmi o essere impaziente quando fa fatica a parlare;
dire per lui la parola che non gli riesce di dire;
fargli troppe domande e soprattutto non fargliele tutte insieme.
Ascoltare. Cosa fare quando sto ascoltando mio figlio.
Se siamo occupati, diciamogli che vorremmo senz’altro sapere quello che lui ci vuole dire, ma lo preghiamo di aspettare fino a quando potremo ascoltarlo per bene e con la massima attenzione. Naturalmente va previsto poi, senza farlo aspettare troppo, un momento di calma in cui potergli dedicare tutta l’attenzione di cui ha bisogno;
guardarlo;
parlargli sempre faccia a faccia e, se possibile, ponendomi alla sua stessa altezza;
dimostrargli che lo stiamo ascoltando con interesse anche per potergli rispondere al meglio;
non pretendiamo da noi stessi di ascoltare avendo la mente occupata.
Complimentarsi. Come posso aiutare mio figlio ad essere più sicuro di sé
gratificarlo per qualcosa che ha fatto bene, per esempio anche solo per un disegno fatto per noi, o per aver apparecchiato la tavola, dicendo ad esempio: "Bene, complimenti!"
essere sinceri, appropriati e coerenti nelle nostre gratificazioni;
quando lo si ringrazia per un compito svolto, aggiungiamo magari un complimento: l’hai fatto bene!;
incoraggiamolo a contraccambiare i complimenti, così impareremo a reagirvi sempre meglio in modo positivo.
Queste ed altre semplici indicazioni possono essere utili per migliorare l’efficacia della comunicazione, le relazioni, il clima emotivo nella nostra famiglia. Ognuno di noi può avere un periodo di disagio, e imparare a condividerlo, a comunicarlo alla propria famiglia, è fondamentale per facilitarne la risoluzione.

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di Dott.ssa Maria Cristina Piemontese

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