Magistrati e provvedimenti disciplinari (parte 5)


Termini carcerazione, qualificazione fatti e rapporto di specialità tra fattispecie illeciti disciplinari
Magistrati e provvedimenti disciplinari (parte 5)
Nel caso di Cass. SU n.2803/2018 la censura per inescusabile negligenza era stata irrogata ad un GIP, oltre che per mancato rispetto dei termini di carcerazione preventiva, anche per il mancato controllo sul protrarsi delle condizioni di legge per la custodia cautelare e per aver omesso di controllare la correttezza della qualificazione dei fatti operata dal PM nella richiesta di giudizio immediato. L'imputato era rimasto in cella più del dovuto per 23 giorni.
Il ricorrente era il coordinatore dell'Ufficio GIP, che aveva dovuto sostituire due colleghi, altrimenti titolari del procedimento, assenti, l'uno perché trasferito e l'altra perché assente per maternità, e chiedeva annullamento della sentenza del CSM per carenza di motivazione (consisteva nella "tautologica" affermazione che l'omesso controllo costituiva illecito disciplinare), mancando qualsiasi considerazione intorno alla gravità e se questa fosse stata determinata da ignoranza o negligenza inescusabile (come per legge), senza considerare che, non titolare, si era dovuto occupare di un fascicolo con annotazioni sul frontespizio di capo di imputazione e termini di custodia originari più gravi di quanto successivamente formulato, in una situazione di carenze di organico e di sue gravi difficoltà familiari. Il ricorrente citava a questo proposito indirizzo giurisprudenziale, negletto nel suo caso, che riconosce la scusabilità dell'errore qualora il ritardo nella scarcerazione sia stato posto in essere dal magistrato perché "indotto in errore dal comportamento altrui", come nel caso in cui abbia fatto "affidamento su dati ricavati da attestazioni provenienti da registri o prodotte dai propri collaboratori" o sulla "apparente esattezza del termine di fase come annotato sulla copertina", ovvero quando l'errore derivi dalla "insostenibilità di un assetto organizzativo" dell'Ufficio di appartenenza dell'incolpato "che impediva un'ordinata gestione dei numerosissimi fascicoli e un conseguente compiuto controllo per ogni singolo fascicolo assegnato dei termini di custodia cautelare".
Il ricorrente inoltre insisteva nella richiesta di nullità della sentenza con rinvio per la mancanza di motivazione in ordine all'invocato principio della specialità bilaterale tra i due illeciti contestati per cui sarebbe stato applicabile, nel caso all'esame, al piu', la sola disposizione di cui alla lettera g) dell'articolo 2 del citato Decreto (la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile) invece oltre questa anche a) (comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti).
Tale motivo viene respinto dalla Cassazione per la quale "va ribadito in questa sede, secondo cui le fattispecie di illecito disciplinare previste, rispettivamente, del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, articolo 2, comma 1, lettera a) e g) - che sanzionano l'una la violazione dei doveri di imparzialita', correttezza, diligenza, laboriosita', riserbo ed equilibrio e rispetto della dignità della persona che arrechi ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti, e l'altra la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile - non sono tra loro in rapporto di specialità, atteso che l'elemento connotante la prima fattispecie é costituito dalla conseguenza ("ingiusto danno" e "vantaggio indebito") derivante dalla violazione dei doveri primari incombenti sul magistrato, laddove gli elementi caratterizzanti la seconda fattispecie (gravita' della violazione di legge e inescusabilità dell'ignoranza o negligenza) attengono essenzialmente alla condotta ed all'elemento psicologico dell'illecito, sicché é la loro diversa natura di illeciti "di evento" e "di pura condotta" a comportare che un unico comportamento possa integrare entrambi gli illeciti".
Senonché così come interpretata la norma ha come esito paradossale l'addebito di due illeciti per un unico fatto, considerato però prima sotto il profilo dell'effetto ("ingiusto danno" e "vantaggio indebito") e poi sotto il profilo psicologico, tenendo conto che non si può avere l'uno senza l'altro.
La Cassazione ha respinto l'eccezione di carenza di motivazione perché ha ritenuto che la parte ricorrente l'abbia invocata con riguardo alla valutazione probatoria e non al profilo logico (anche se invero dal testo qui in esame si ricava un'accusa di "tautologismo" del provvedimento impugnato in ragione del mancato esame degli elementi "ignoranza" e "negligenza inescusabile).
Riguardo poi all'esimente rappresentata dalle condizioni oggettive di disorganizzazione dell'Ufficio la Cassazione ha risposto che "nel caso all'esame, la predetta Sezione Disciplinare ha chiaramente ritenuto di attribuire carattere assorbente, rispetto ad ogni altra considerazione, al fatto che, in conseguenza dell'illecito del magistrato incolpato, l'imputato fosse stato privato senza titolo di un bene fondamentale come la libertà personale per ventitré giorni".
Ora le esimenti nel Dlgs n. 109/2006 sono sempre, purché sussistano, causa di esclusione di responsabilità di fatti gravi (perché quelli di poco conto ex art. 3bis non sono sanzionati). La disorganizzazione degli uffici ed il carico di lavoro, non sono pregiudizialmente respinti come causa esimente, ma si richiede che siano estremamente rilevanti, ma senza che la Cassazione fornisca gli elementi che consentano la "misurazione" di tale gravità, con il rischio evidente di operare inique disparità di trattamento da caso a caso.
Peraltro anche in caso di situazioni obiettivamente gravi, accade, come si evince dall'ultima sentenza esaminata, che l'esimente non venga presa in considerazione, perché "assorbita" dall'interesse prevalente dell'imputato. Ora nel nostro ordinamento le attenuanti specifiche vengono sempre prese in esame per accertare se sussistano o meno e non è previsto che se ne tralasci l'esame in ragione di un qualsiasi "assorbimento". Per fare un esempio: la legittima difesa può sussistere o meno, esser proporzionata o meno, ma non risulta che possa esser negata come esimente in quanto "assorbita" dall'interesse dell'aggressore. Nel caso in questione non è dato di ricavare quando questa esimente possa esser considerata non assorbente anche in caso di grave carenza e disorganizzazione dell'Ufficio.

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di Pietro Bognetti

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