Maltrattamenti in asilo


L’omessa denuncia da parte di una maestra configura l’ipotesi di concorso di reato
Maltrattamenti in asilo
La IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 10763 del 09 Marzo 2018, affronta un caso di maltrattamento, ex Art. 572 Cod. Pen., all’interno di un asilo, evidenziando come l’omessa denuncia da parte di una maestra possa configurare l’ipotesi di concorso di reato.
Nel caso di specie, la Suprema Corte riforma la Sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato un’educatrice di asilo nido solamente per omessa denuncia, ex Art. 361 Cod. Pen., per aver mantenuto il silenzio in relazione alla conoscenza dei comportamenti messi in atto dalle proprie colleghe all’interno dell’istituto.
Mentre i giudici di merito escludevano la sussistenza del reato di maltrattamenti, gli Ermellini ribadivano come tale delitto possa essere realizzato anche mediante concorso per omissione in condotte commissive, oltre che in assenza di un rapporto diretto tra reo e vittima.
I giudici di legittimità, ricalcando un costante orientamento della giurisprudenza, così si esprimono:
"...anche per i reati imputati ai sensi dell’art. 40 cod. pen. l’elemento psicologico si configura secondo i principi generali, sicché è sufficiente che il garante abbia conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di attivarsi per impedire l’evento e si astenga, con coscienza e volontà, dall’attivarsi, con ciò volendo o prevedendo l’evento nei delitti dolosi ovvero provocandolo per negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme nei delitti colposi e nelle contravvenzioni in genere; anzi, ancor più specificatamente, si è osservato che, nei reati commissivi mediante omissione, la stessa consapevolezza del non porre in essere la condotta positiva richiesta, implica la volontà di non attivarsi nel modo richiesto e, quindi, di non fare ciò che si è tenuti a fare."
È ben vero che maltrattare evoca, prima facie, la necessità di un comportamento attivo, ma non può dubitarsi che l’atto del maltrattare possa realizzarsi anche attraverso comportamenti omissivi.
Il secondo comma dell’Art. 40 Cod. Pen. recita: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".
Questa norma costituisce il cardine dell’intera categoria dei reati omissivi impropri e introduce il c.d. principio di equivalenza causale tra la causalità dell’azione e la causalità dell’omissione.
La disposizione di cui all’art. 40 Cod. Pen. non costituisce soltanto un criterio di definizione di reati, ma, di per sé, costituisce anche il criterio di identificazione del nesso causale: non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Anche secondo un criterio sistematico, non è un caso se il principio di equivalenza si trova nell’articolo rubricato "rapporto di causalità".
Deve concludersi, pertanto, che in virtù dell’Art. 40 Cod. Pen. il reato di maltrattamenti, disciplinato dall’Art. 572 Cod. Pen., può configurarsi anche mediante condotte omissive, specialmente in fattispecie in cui rileva la posizione di garanzia (della maestra, in questo caso) ove vige il dovere di attivarsi per la cessazione di condotte lesive.

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di Avv.to Angelo De Nina

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