Pregressi dissidi non integrano la premeditazione


Per i giudici di legittimità la premeditazione non può essere confusa con la semplice preordinazione di mezzi
Pregressi dissidi non integrano la premeditazione
Con la sentenza n. 8175/12 la Suprema Corte ha escluso la sussistenza dell’aggravante della premeditazione vista la limitatezza di tempo tra l’uscita di casa dell’imputato e l’azione concretamente posta in essere e vista l'esistenza di meri pregressi dissidi familiari.

Il caso è quello di uomo condannato dalla Corte di appello di Roma (che confermava in toto la sentenza del primo Giudice) per il reato di tentato omicidio premeditato ai danni della moglie. La Corte territoriale riteneva sufficienti - per la configurabilità della richiamata aggravante - le frequenti liti familiari tra i coniugi ed il lasso temporale trascorso tra l’uscita dell’imputato dalla propria abitazione ed il momento in cui lo stesso ha percosso violentemente la moglie.
La difesa impugnava tale sentenza dinanzi al Supremo Collegio in quanto il lasso temporale intercorrente tra l’uscita di casa dell’imputato e la concreta azione nella fase esecutiva era troppo ristretto e dunque irrilevante per la contestazione dell’aggravante in esame, ed inoltre il maturato consolidamento dell’intento omicidiario non poteva essere conseguenza della lunga stagione dei dissidi tra i coniugi.
La Suprema Corte - accogliendo le censure mosse - deduceva "l’illogicità della motivazione della Corte territoriale in quanto riferita a meri dissidi coniugali ed apodittica in quanto basata su ripetute precedenti minacce - delle quali è generica traccia nella sentenza di prime cure, ma neppure menzionate in quelle di appello - ove non si dimostri che tali minacce fossero realmente sintomatiche di una già consolidata, e mai rimossa, perdurante intenzionalità omicida; poi, a riprova della fragile trama argomentativa sul punto, la Corte territoriale fa coincidere la premeditazione con un assunto di freddezza esecutiva ("colpendola ripetutamente a freddo") che raccordato all’ennesima lite appena intercorsa tra i due protagonisti, difficilmente sfugge a censura di illogicità. In definitiva, da un lato va censurata la motivazione che raccorda la premeditazione al concetto secondo cui la stessa sarebbe connotata da una frase esecutiva caratterizzata da frigido pacatoque animo, di tal che a quest’ultimo atteggiamento, se pur vi sia stato in concreto, corrisponderebbe sempre premeditazione; dall’altro va riaffermato che la vera e propria premeditazione (proposito risoluto, fermo mantenuto per un considerevole lasso di tempo) non può essere confusa con la semplice preordinazione di mezzi (Cass. Pen. Sez. 1’, n. 3082/1996: "apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione nella fase a quest’ultima immediatamente precedente")".

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di Avv. Massimo Titi

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