Sinistro stradale e terzo trasportato, il nuovo orientamento


Ecco qual è il nuovo orientamento della Cassazione civile in materia di risarcimento del danno da sinistro stradale subito dal terzo trasportato
Sinistro stradale e terzo trasportato, il nuovo orientamento

Oggi per il terzo trasportato non sembrerebbe più sufficiente dimostrare di essere a bordo dell’auto oggetto del sinistro e di aver subito lesioni poiché la Corte di Cassazione ha proposto un nuovo orientamento che richiede il presupposto della corresponsabilità del conducente del veicolo vettore.

Occorre brevemente ricostruire il quadro normativo in materia di risarcimento danni del terzo trasportato e della recente interpretazione introdotta dalla Corte di Cassazione. Ai fini della richiesta di risarcimento del terzo trasportato, l’art. 141 co. 1 D.lgs. n.209 del 2005 (cd. Codice Assicurazioni Private, d’ora innanzi CdA) stabilisce che “Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge […] a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. […]”.

L’art. 141 CdA consente al trasportato danneggiato il diritto di esercitare un’azione diretta verso l’assicuratore dell’auto su cui viaggiava, pur essendo estraneo al rapporto assicurativo, con il solo limite rappresentato dal “caso fortuito”.

La Corte di Cassazione, non ravvisando nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale una risposta univoca sul concetto di “caso fortuito”, ha proposto una interpretazione letterale dell’art. 141 CdA.

Con Sentenza n. 4147 del 13/02/2019 la Corte di Cassazione ha analizzato gli elementi costitutivi della fattispecie normativa di cui all’art. 141 CdA e ha rilevato che la nozione di “caso fortuito” utilizzata dal legislatore deve essere interpretata in senso giuridico, ossia comprensiva non solo di ogni evento naturale e imprevedibile, ma anche della condotta umana atta a causare l’evento.

Pertanto l’espressione “salvo il caso fortuito” non deve indurre a ritenere che l’art. 141 contempli una sorta di responsabilità oggettiva del conducente, ma va considerata sotto un profilo processuale inerente l’onere della prova. La pronuncia n. 4147 del 13/02/2019 ha infatti puntualizzato che: “se il legislatore avesse inteso oggettivizzare la responsabilità dell’assicuratore del vettore, sarebbe stato logico - e più che mai per l’incipit sul caso fortuito - che l’inciso in questione fosse stato: ‘a prescindere dall’accertamento della responsabilità del conducente’, mentre ha usato l’accezione ‘salvo il caso fortuito’“.

Ad avviso della Suprema Corte, dunque, il legislatore ha inteso regolare la responsabilità dell’assicuratore del vettore mediante il criterio del caso fortuito.

L’utilizzo di questo criterio genera, a parere della Corte, “due effetti: uno sostanziale ed uno processuale. L’effetto sostanziale è, come si è visto, che la responsabilità dell’assicuratore del vettore non sussiste se causa del sinistro non è la condotta dell’assicurato, cioè del vettore. L’effetto processuale è che, non emergendo che il legislatore abbia derogato all’ordinario paradigma dell’onere probatorio del caso fortuito, l’attore/trasportato non ha alcun onere di prova a riguardo, perché sarebbe altrimenti gravato di una prova negativa, cioè di provare che non esiste il caso fortuito per dimostrare che esiste la responsabilità del convenuto”.

Ciò premesso, dunque, la corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “L’art. 141 d.lgs. n. 209 del 2005, in conseguenza del riferimento al caso fortuito - nella giuridica accezione inclusiva di condotte umane - come limite all’obbligo risarcitorio dell’assicuratore del vettore verso il trasportato danneggiato nel sinistro, richiede che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro quale presupposto della condanna risarcitoria del suo assicuratore; una volta accertato l’an della responsabilità del vettore, non occorre accertare quale sia la misura di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, dovendo comunque l’assicuratore del vettore risarcire in toto il trasportato, salva eventuale rivalsa verso l’assicuratore di altro corresponsabile o di altri corresponsabili della causazione del sinistro“ (Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 07-11-2018) 13-02-2019, n. 4147).

Più di recente l’orientamento è stato ribadito da altra pronuncia della Corte di Cassazione sull’azione di cui all’art. 141 CdA secondo cui “[…] L’azione diretta del terzo trasportato nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore è data a condizione che sia individuabile una responsabilità concorrente, anche soltanto presunta, del conducente del veicolo sul quale il terzo trasportato viaggiava” (Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 10-12-2019) 29-04-2020, n. 8386).

Presupposto indefettibile per l’operatività dell’art. 141 CdA, inteso quale strumento di tutela “aggiuntivo”, è che anzitutto l’attore dia prova di essersi trovato a bordo dell’autoveicolo garantito quale terzo trasportato e che sia provata una responsabilità anche solo presunta del conducente del mezzo a bordo del quale viaggiava.

Quindi, sarebbe più prudente sia in fase stragiudiziale che in quella giudiziale rivolgere le proprie pretese ad entrambe le compagnie assicuratrici, soprattutto se il conducente del veicolo a bordo del quale si trova il terzo non sia responsabile nella causazione del sinistro, neppure in minima parte.

 

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di Avv. Antonella Rinaldi

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