Spazio culturale e comunicazione


Il linguaggio odierno, attraverso l'utilizzo di strumenti tecnologici, ha perso la sua funzione comunicativa e di interazione con l'altro
Spazio culturale e comunicazione
SPAZIO CULTURALE E COMUNICAZIONE

L’evoluzione tecnologica, che rappresenta un aspetto dominante nella società attuale, presenta aspetti positivi e negativi. Nell’arco di pochi decenni, abbiamo la possibilità di connetterci, attraverso Internet, con ed in qualunque parte del mondo.

Si ha la sensazione di un restringimento delle distanze, elemento che pare conferire una sorta di potere; il medesimo potere che avvertiamo di esercitare quando guidiamo l’auto. L’"Io" assume un senso di onnipotenza sul meccanismo "lo comando e faccio ciò che voglio".

Come si riflette tale potere sulla comunicazione?

Consideriamo ad es. facebook attraverso il quale abbiamo la possibilità di creare contatti, esprimere opinioni, condividere pensieri. In questo processo comunicativo si avverte la mancanza dell’interlocutore ed ecco che il linguaggio diventa aggressivo, impulsivo, giudicante e non si tiene conto di chi riceve il messaggio, ovvero l’"altro" che potrebbe avvertire il peso delle parole.

La comunicazione diventa indiretta, si utilizzano "frasi fatte" magari per colpire qualcuno. Il linguaggio assume una connotazione di tipo emotivo soprattutto nel processo mediatico in cui le emozioni si vivono in diretta, si piange, ci si arrabbia, si insulta, si gioisce. Si annulla lo spazio dell’altro.

E’ è questo lo spazio di cui ci parla Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, come sede dell’esperienza culturale.

Attraverso una citazione di Tagore "Sulla spiaggia di mondi senza fine, i bambini giocano" ci descrive il mare e la spiaggia come rappresentazione degli infiniti rapporti tra uomo e donna e di come un bambino emerga da questa unione. Come studioso del simbolismo inconscio, il mare è la madre e sulla riva del mare il bambino nasce.

Così ora la spiaggia è il corpo della madre dopo che il bambino è nato e la madre e il bambino, ora vivo, vanno conoscendosi l’un l’altro.

Quando un bambino comincia a far uso di un oggetto "transazionale" (che nello sviluppo infantile è un oggetto tipo un orsacchiotto, una copertina o un giocattolo morbido) avviene il primo processo di un "non me" equivalente al mondo esterno in quanto, nel momento in cui un bambino stringe il suo giocattolo, sa che questo oggetto non è la mamma anche se lo utilizza considerandolo mamma.

In questa fase di rappresentazione mentale nel mondo interno, è importante il rinforzo dato dalla disponibilità della madre reale, esterna e separata e dalla sua tecnica nel curare il bambino non anticipando i suoi bisogni né procrastinandoli.

Non è la soddisfazione istintuale che fa sì che il bambino cominci ad essere, a sentire che la vita è reale. E’ il Sé (il nucleo della personalità; l’unità e la totalità di quest’ultima nella sua parte cosciente e inconscia) che deve precedere l’uso dell’istinto poiché l’uomo è l’insieme delle sue esperienze culturali e l’insieme forma un’unità. Sempre secondo Winnicott, l’esperienza culturale è un’estensione dell’idea dei fenomeni transazionale e del gioco. "Cultura" come tradizione che si eredita, qualcosa che è parte del patrimonio comune dell’umanità a cui il singolo e i gruppi di individui possono contribuire e da cui tutti noi possiamo attingere se abbiamo un posto dove mettere ciò che troviamo.

Nell’attualità avviene che il "gioco", in diretta continuità con le esperienze culturali, diventa il gioco di coloro che non hanno ancora sentito parlare di gioco con regole.

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di Paola Piquè

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