Tenuità del fatto deducibile in Cassazione


La richiesta di non punibilità ex art.131 bis del c.p. è proponibile in Appello e in Cassazione anche se non avanzata nei motivi di impugnazione
Tenuità del fatto deducibile in Cassazione
L’art 131 bis del c.p, recentemente introdotto con il decreto legislativo 16 marzo 2005 n. 28 configura la possibilità di definire il procedimento con la declaratoria di non punibilità per la "particolare tenuità del fatto" relativamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla pena detentiva.
Per tale pronunzia devono sussistere i requisiti della particolare tenuità dell’offesa - desumibile dalle modalità della condotta e dalla esiguità del danno o del pericolo derivato dal reato - e della non abitualità del comportamento.

Tale istituto presuppone pur sempre e necessariamente un fatto offensivo, perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi e concretamente punibile, tuttavia, da ritenere non meritevole di condanna in ragione della volontà del legislatore di ritenere prevalenti i principi di proporzione ed economia processuale.
La natura sostanziale di tale norma, in mancanza di una disciplina transitoria, rende possibile l’applicazione retroattiva ai procedimenti in corso, trattandosi di norma più favorevole.

Consegue l’applicabilità dell’istituto nei giudizi di merito sia di I che di II grado.
In appello, se la richiesta di non punibilità ex art 131 bis c.p. non sia stata oggetto dei motivi di impugnazione in quanto norma introdotta successivamente alla proposizione dei motivi, la questione sarà dai giudici comunque valutabile.
Non è ipotizzabile che la richiesta di non punibilità debba essere proposta tra i " motivi nuovi " avanzabili fino a quindici giorni prima dell’udienza, ex art 585 co. 4 c.p.p, considerato che i " motivi nuovi " devono pur sempre richiamare i capi o i punti della decisione impugnata enunciati nell’atto di appello.

Cosa accade nel giudizio in Cassazione?
Se la possibile applicabilità dell’irrilevanza del fatto presuppone valutazioni tipicamente di merito, è lecito chiedersi se è esaminabile per la prima volta nel giudizio di Cassazione che è giudizio di legittimità?
La risposta è positiva.
La richiesta pur se sollevata verbalmente dal difensore per la prima volta nell’udienza fissata in Cassazione è senz’altro ammissibile.
Milita in tal senso l’orientamento espresso con la recente sentenza della Suprema Corte, n. 15449 del 15.04.2015.
La Corte di Cassazione dovrà innanzitutto verificare se il reato contestato rientra tra i limiti di pena per cui è astrattamente applicabile l’istituto.
In caso positivo, dovrà considerare se dalla motivazione della sentenza impugnata emergano spazi per una valutazione di particolare tenuità dell’offesa e della non abitualità del reato.
Dovendosi escludere - a parere dello scrivente - che la Corte sia onerata da una rilettura delle risultanze probatorie che esorbiterebbe dalla proprie funzioni di giudice delle leggi - la stessa dovrà attenersi alla verifica degli elementi risultanti dalle precedenti decisioni di merito.
Se la difesa riuscirà a valorizzare alcuni dati indicativi di una non gravità del fatto - come ad esempio, l’irrogazione di una pena vicina al minimo edittale, il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, la concessione di benefici di legge, l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di elementi di ravvedimento, necessariamente la Corte sarà chiamata ad un apprezzamento circa la ricorrenza dei presupposti che condizionano l’applicabilità dell’istituto.
Se sulla base di alcuni o più dei suddetti indici sono configurabili anche in astratto i presupposti per una valutazione di rilievo modesto del fatto, la Corte non potrà che annullare la sentenza " con rinvio ", rimettendo la decisione al giudice di merito sulla declaratoria di non punibilità.
Non vi è dubbio che l’introduzione di tale istituto - in presenza dei presupposti normativamente indicati - apre nuove speranze per i condannati non definitivi ad una sentenza di non doversi procedere ex art 131 bis c.p.

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di Avv. Michele Marchese

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