Trasferimento di un cittadino detenuto all'estero: come ottenerlo
La Legge 25 luglio 1988 n. 334, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 188 dell'11 agosto 1988, ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983.
Scopo della Convenzione - firmata dagli Stati membri del Consiglio d'Europa e da altri Stati extraeuropei - è quello di favorire lo sviluppo della cooperazione internazionale in materia penale, nonché il reinserimento sociale delle persone condannate.
Quest'ultimo obiettivo, dichiaratamente perseguito dagli Stati firmatari attraverso la Convenzione, poggia sul rilievo, certamente condivisibile, che gli stranieri privati della libertà a seguito della commissione di un reato, hanno maggiore possibilità di reinseririsi positivamente nella società scontando la condanna nell'ambiente sociale d'origine.
Donde la previsione di una procedura che, al ricorrere di determinate condizioni, consenta il trasferimento dei detenuti nei loro paesi di origine.
Il trasferimento può essere richiesto o dallo Stato di condanna (il paese in cui è stata inflitta la condanna), o dallo Stato di esecuzione (paese di origine nel quale lo straniero intende essere trasferito). In ogni caso, la procedura internazionale per consentire il trasferimento, andrà sollecitata dal detenuto, il quale dovrà manifestare questo suo desiderio a uno dei due Stati. Difficilmente, infatti, verrà attività d'ufficio.
Indice:
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Quali sono i presupposti affinché un cittadino italiano detenuto all'estero possa chiedere di essere trasferito in Italia?
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Come si ottiene il trasferimento?
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Conseguenze del trasferimento
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L'esecuzione in Italia della pena inflitta all'estero soggiace alla normativa italiana?
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Quali sono gli Stati firmatari della Convenzione?
Quali sono i presupposti affinché un cittadino italiano detenuto all'estero possa chiedere di essere trasferito in Italia?
Le condizioni in base alle quali può essere richiesto il trasferimento sono fissate all'art. 3 della Convenzione, che così recita:
"Una persona condannata può essere trasferita in applicazione della presente Convenzione se ricorrono le seguenti condizioni:
a. la persona condannata è cittadino dello Stato di esecuzione;
b. la sentenza è definitiva;
c . la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata;
d. la persona condannata - o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale - acconsente al trasferimento;
e. gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; e
f. lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento".
Pertanto, stando alla lettera dalla norma sopra riportata, deve trattarsi, innanzitutto, di cittadino italiano: per la definizione di tale status, non è superfluo specificarlo, occorre rinviare alla relativa legge italiana.
La sentenza di condanna, poi, deve essere definitiva. Non è ammesso, quindi, il trasferimento di un cittadino italiano detenuto all'estero in regime di custodia cautelare.
Inoltre, allorché venga avanzata la richiesta di trasferimento, il residuo di pena da scontare deve essere di almeno sei mesi.
E' previsto il consenso della persona condannata al trasferimento. Consenso che, ovviamente, in caso di richiesta da parte del detenuto stesso, non dovrà essere ulteriormente esplicitato, potendosi ritenere già manifestato.
E' necessario, infine, che i fatti oggetto di condanna costituiscano reato anche in Italia (il caso più ricorrente è quello del traffico internazionale di sostanze stupefacenti), e che vi sia accordo al trasferimento da parte di entrambi gli Stati.
Come si ottiene il trasferimento?
Una volta verificata la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla Convenzione, il trasferimento avrà luogo all'esito di una procedura internazionale, che coinvolgerà, necessariamente, lo Stato Italiano, per il tramite del Ministero della Giustizia, e lo Stato estero ove il cittadino italiano è ristretto.
L'iter così avviato culminerà con la conversione, che consiste nella procedura giudiziaria o amministrativa attraverso la quale lo Stato italiano converte la condanna inflitta nello Stato estero in una decisione interna al suo ordinamento.
Attraverso questa operazione, la pena inflitta nello Stato di condanna viene sostituita con una sanzione prevista dalla legge dello Stato italiano per lo stesso reato.
Conseguenze del trasferimento
Per effetto del trasferimento, l'Italia, quale Stato di esecuzione, è tenuta a garantire che l'esecuzione della condanna continuerà immediatamente.
In base a quanto stabilito all'art. 10 della Convenzione, lo Stato di esecuzione (nel nostro caso, l'Italia) è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo Stato di condanna.
Per fare un esempio, ciò significa che se un cittadino italiano è stato condannato in via definitiva dalle Autorità cilene a 9 anni di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti, l'Autorità Giudiziaria italiana, in sede di conversione della sentenza, dovrà adattare detta sanzione alla pena prevista dall'ordinamento italiano per lo stesso tipo di reato. La natura di tale pena deve corrispondere, per quanto possibile, a quella inflitta con la condanna da eseguirsi, e non potrà mai essere più grave, per natura o durata, della sanzione imposta nello Stato di condanna, nè eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione.
L'esecuzione in Italia della pena inflitta all'estero soggiace alla normativa italiana?
L'art. 9 della Convenzione prevede espressamente che "L'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato è l'unico competente a prendere ogni decisione al riguardo".
Dunque, con l'unico obbligo, da parte dell’Italia, di garantire, come abbiamo visto, la continuazione dell'esecuzione, quest'ultima sarà regolata dalle norme contenute nell'Ordinamento Penitenziario italiano.
Pertanto, il condannato trasferito in Italia potrà accedere, alle condizioni previste dal nostro ordinamento, alle misure alternative alla detenzione.
Resta, invece, radicata in capo allo Stato di condanna, cioè allo Stato estero che ha pronunciato la sentenza, la competenza a decidere su una eventuale richiesta di revisione della stessa.
Quali sono gli Stati firmatari della Convenzione?
La Convenzione, per quanto sopra accennato, è aperta alla firma anche degli Stati non membri del Consiglio d'Europa.
Ad oggi, è stato ratificata da tutti Paesi membri del Consiglio d'Europa, tranne Monaco, nonché da:
• Australia
• Bahamas
• Bolivia
• Brasile
• Canada
• Cile
• Costa Rica
• Ecuador
• Filippine
• Ghana
• Giappone
• Honduras
• India
• Israele
• Mauritius
• Messico
• Mongolia
• Panama
• Repubblica di Corea
• Santa Sede
• Stati-Uniti d'America
• Tonga
• Trinidad e Tobago
• Venezuela
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