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La PROVA


Che cos'è il periodo di prova e perchè devo sottoscrivere il PATTO di PROVA.
La PROVA

Nel linguaggio comune siamo soliti parlare del periodo di prova. Ma che cos’è?

Il periodo di prova nasce per una pattuizione contrattuale e viene detto anche “patto di prova”. Gli addetti ai lavori sanno bene che è un istituto di matrice contrattuale e finalizzato alla reciproca verifica, di entrambe le parti protagoniste del rapporto di lavoro, circa la convenienza della prosecuzione lavorativa. Spesso è a vantaggio del datore di lavoro perché potrà giudicare l’idoneità fisica e attitudinale del lavoratore a svolgere la prestazione dedotta in contratto.

La sua disciplina è contenuta nell’art. 2096 del Codice Civile, il quale prevede che: “Salvo diversa disposizione [delle norme corporative] l'assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto. L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova.Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto., senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine. Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro”. 

Il patto di prova, per essere valido, deve possedere alcuni caratteri essenziali. Innanzitutto, deve risultare da atto scritto, pena la nullità della prova stessa. Infatti, spesso lo troviamo viene inserito in un’apposita clausola posta all’interno del contratto di assunzione dello stesso lavoratore.

In secondo luogo, è necessario che il patto di prova contenga l’indicazione delle precise mansioni affidate al lavoratore. L’indicazione potrebbe essere anche per relationem: semplice rinvio alle declaratorie del contratto collettivo che definiscano le mansioni comprese nella qualifica di assunzione (Cass. civ., sez. lav., 25 febbraio 2015, n. 3852 e Cass. civ., sez. lav. 14 gennaio 2022, n. 1099).

Per quanto concerne la durata del periodo di prova, essa viene fissata dai diversi Contratti Collettivi di lavoro, e comunque non può eccedere i 6 mesi. Naturalmente, rispetto a quanto stabilito dei vari CCNL di riferimento potrà variare, anche nella durata, in relazione agli accordi delle parti interessate. Le parti possono anche superare il limite previsto dai Contratti Collettivi, purché sempre nel tetto massimo di 6 mesi, a condizione che l’estensione sia giustificata da una particolare complessità delle mansioni con onere della prova a carico del datore di lavoro. Oppure, al contrario, il lavoratore assunto conosce già la mansione e chiede che il periodo di prova sia inferiore a quello previsto contrattualmente.

Al termine del periodo di prova, qualora nessuna parte esprime volontà di recedere, la prova si ritiene automaticamente superata e il contratto prosegue in via definitiva, senza che sia necessario provvedere ad alcuna formalità in tal senso. Quindi, se il periodo di prova è finito e il lavoratore ha automaticamente proseguito nel rapporto di lavoro, non è più in prova.

In caso contrario, come già avevo scritto in un differente articolo, qualora la prova non si ritenga superata, il datore di lavoro avrà cura di comunicarlo al lavoratore prima della conclusione del periodo di prova ed il contratto si intenderà automanticamente risolto.

Nella terza ipotesi, in cui il lavoratore ha concluso il periodo di prova però viene licenziato successivamente allo scadere del periodo di prova, sarà tutelato sia in termini economici che normativi con tutela ordinaria (perchè risultava assunto a tutto gli effetti con contratto a tempo indeterminato, salvo ulteriori clausole contrattuali). 

 

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