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Abuso del diritto e credito d'imposta sugli investimenti


La CTR Potenza esclude la sussistenza di abuso di diritto a fronte dell’acquisto di beni per i quali è invocato il credito d’imposta sugli investimenti.
Abuso del diritto e credito d'imposta sugli investimenti

La Commissione Tributaria Regionale di Potenza, con la sentenza n. 180/1/2020, ricostruisce i principi della fattispecie costitutiva dell’abuso del diritto, come regolata dall’art. 10-bis della L. 212/2000, e perviene all’interessante affermazione per cui l’accesso al credito d’imposta per investimenti rappresenta un vantaggio fiscale di sistema e, dunque, non contestabile in termini di abusività. Ulteriormente, il Collegio Potentino rileva che l’operazione assunta come fisiologica dall’Agenzia delle Entrate non può mai essere individuata in una costruzione in economia, risultando il detto percorso non rispondente a normali logiche di mercato.

La controversia prende le mosse dalla constatazione del fatto che la società ricorrente ha effettuato una serie di investimenti in assets di produzione di energia da fonti rinnovabili, in relazione ai quali ha invocato la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’art. 1, commi 271-279, della L. 27 dicembre 2006 n. 296.

In particolare, tra gli investimenti, in relazione ai quali la società ricorrente ha domandato ed ottenuto il credito d’imposta di cui all’art. 1, commi 271-279, della L. 27 dicembre 2006 n. 296, vi è l’acquisto di un parco fotovoltaico da parte di società ad essa collegata.
Su tali premesse, i verificatori, asserendo che la società ricorrente avrebbe avuto la possibilità di realizzare autonomamente l’impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, eccepiscono l’abuso di diritto nell’acquisto, ritenendo l’operazione fisiologica, da compiersi da parte della medesima società, individuabile nella costruzione in economia dell’impianto.

Sulla scorta delle menzionate argomentazioni, i verificatori intendono assumere come valore oggetto del credito d’imposta non più il corrispettivo di cessione ma il differente valore che, sempre a loro dire, avrebbe comportato la costruzione in economia.

La società interpone ricorso avverso l’atto di recupero del credito d’imposta, motivato sulla scorta delle ragioni sopra esaminate, rilevando:

•    L’illegittima applicazione dell’art. 10-bis L. 212/2000 nella individuazione della “operazione fisiologica” assunta a parametro, in quanto la scelta del parametro in contestazione per l’abuso di diritto deve riguardare un operazione ordinariamente sostituibile a quella ritenuta abusiva: la individuazione della “costruzione in economia” come operazione fisiologica è fuori dall’alveo della contestabilità dell’abuso in quanto non rappresenta un operazione “ordinaria e commerciale” sostituibile fisiologicamente a quella contestata;

•    L'illegittima applicazione dell’art. 10-bis L. 212/2000 nella individuazione della sussistenza di abuso: difatti, nella riformulazione dell’art. 10-bis L. 212/2000 i vantaggi fiscali debbono essere esclusivamente indebiti mentre il riconoscimento del credito d’imposta sulla vendita è vantaggio riconosciuto dal sistema e non indebito.

Il Collegio Potentino ha rilevato la fondatezza di entrambi i motivi di doglianza.
In riferimento alla valutazione dell’operazione fisiologica, la Commissione ricorda che l’art. 10-bis, comma 1, L. 212/2000 indica alcune attività preliminari da cui è possibile desumere la potenzialità elusiva di una determinata fattispecie.

La prima di tali attività di verifica è finalizzata a rilevare la deviazione del comportamento negoziale posto in essere dal modello negoziale ordinario che si ritiene fisiologico all’obiettivo economico da realizzare.

Naturalmente, il sopra descritto confronto deve avvenire tra due ipotesi cd. “omogenee” negli effetti e nei presupposti economici e giuridici, individuandosi un operazione cd. “naturale” che il contribuente ha eluso, preferendone un’altra che comporta dei vantaggi.
Ovvio che l’operazione cd. “naturale” deve avere gli stessi effetti giuridici di quella posta in essere.

Tanto è ritraibile dalle espresse previsioni di cui all’art. 10-bis della L. 212/2000 di cui ai commi 4 e 12:

4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.

12. In sede di accertamento l'abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.

Dal combinato disposto delle norme sopra evidenziate emerge con chiarezza che le operazioni contestate in termini di abuso sono operazioni vere, effettive e volute dalle parti (non contestate per ragioni di fittizietà, inesistenza o simulazione).

Tali operazioni (effettivamente poste in essere e volute dalle parti) sono poste a raffronto con il modello astratto di operazione ritenuto fisiologico per la realizzazione dello scopo economico e giuridico: solamente dove tale modello sussista, si procede a valutare se la deviazione da tale modello sia sostenuta da valide ragioni economiche ovvero sia finalizzata esclusivamente alla realizzazione di un vantaggio indebito.

Dunque, la ricerca di un modello fisiologico di operazione di mercato (identico nelle finalità economiche e giuridiche) è la condizione pregiudiziale per la contestazione in termini di abuso di diritto in quanto, ove tale modello non sia rinvenuto, l’abuso del diritto non è contestabile in quanto è “ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge” (art. 10-bis, comma 4, L. 212/2000).

Ebbene, nel caso che occupa, la Commissione Tributaria Regionale afferma che l’operazione individuata quale parametro (costruzione in economia) non rappresenta l’operazione “naturale” degli effetti giuridici voluti dalla parte (acquisizione a titolo oneroso di un impianto).

Difatti, nel paragone tra i due comportamenti non sussiste una valutazione sulla differenza di imposizione tra operazioni con eguali effetti giuridici (acquisizione a titolo oneroso di un impianto) ma, al contrario, si ipotizza (arbitrariamente) la necessità che il contribuente ponga in essere un differente comportamento pratico ed economico (finalizzato a mutare i fatti e gli effetti giuridici voluti dalle parti e non già l’imposizione del negozio).

Tale supposizione non rientra nei poteri di contestazione dell’abuso di diritto in quanto non ricerca una differente imposizione di un effetto negoziale (acquisizione a titolo oneroso di un impianto) ma, arbitrariamente, ipotizza un comportamento pratico adottabile dal contribuente che fuoriesce dagli effetti negoziali oggetto di valutazione.

Da ciò emerge con chiarezza che la contestazione sollevata si posiziona al di fuori dell’alveo dell’abuso di diritto ed attiene ad una ricostruzione di comportamenti negoziali e fattuali non effettuati e non voluti dal contribuente.

Tale conclusione si rinviene nelle definizioni di cui all’art. 10-bis, comma 2, let. b) ove il Legislatore specifica che “sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”.

Risulta chiaro che l’operazione è abusiva quando è arbitrariamente deviante nel raffronto con normali logiche di mercato.

Conseguentemente, l’operazione parametro, a cui va raffrontata l’operazione tacciata di abuso, deve essere un operazione tipicamente svolta come fisiologica secondo logiche di mercato.

Pertanto, su tale sola constatazione, la contestazione sollevata, risultando il rilievo della devianza dell’operazione posta in essere rispetto l’operazione fisiologica come elemento di prova gravante sull’Ufficio, esce fuori dal perimetro della nozione di abuso di diritto per come rappresentata dall’art. 10-bis della L. 212/2000.

Sul tema, la Suprema Corte insegna che si deve indagare se vi siano state manipolazioni e alterazioni di schemi negoziali classici, considerate irragionevoli in una normale logica di mercato (Cass. 2009/1465) e se vi sia reale fungibilità con le soluzioni prospettate da fisco (Cass. 2014/4604)”.

L’equiparazione delle due operazioni (quella asseritamente abusiva e quella asseritamente fisiologica) deve avvenire in riferimento agli effetti economici e giuridici (pur ammettendosi il superamento delle strutture negoziali) parametrati secondo logiche di mercato.

Sul punto, afferma il Collegio Potentino che mai è contestabile nelle forme dell’abuso di diritto la scelta di acquistare piuttosto che quella di costruire in via diretta ed in economia.

Ulteriormente, in ordine al vantaggio fiscale indebito, la Commissione Tributaria Regionale afferma che l’elemento davvero centrale della fattispecie, ai fini dell’abuso, è costituito dal conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, definito dalla norma come «un beneficio, anche non immediato, realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario».

Il vantaggio fiscale indebito, dunque, è quello non fisiologico nell’ordinamento.

Al contrario, il vantaggio del credito d’imposta sugli investimenti è del tutto ordinario e fisiologico nell’ordinamento tributario e direttamente correlato con l’acquisto di un bene ammortizzabile.

La natura fisiologica (e non disconoscibile) del menzionato vantaggio è direttamente correlata alla dichiarazione dei ricavi da parte del soggetto venditore e, conseguentemente, della natura simmetrica della previsione del credito d’imposta.

La definizione del vantaggio fiscale, rinvenibile nell’art. 10-bis, comma 2, let. b) della L. 212/2000, è pienamente in linea con la definizione espressa in sede comunitaria sia nella Raccomandazione del 2012 che nella Clausola antielusiva presente nella no¬vellata Direttiva madre-figlia.

Da ciò consegue che il vantaggio fiscale “abusivo” deve essere strutturato in una violazione di norme ordinamentali.

Da ciò consegue che mai, il credito d’imposta ottenuto nel rispetto della disciplina di riferimento, possa essere considerato un vantaggio indebito ai fini dell’abuso di diritto.

Ove, difatti, l’operazione idonea a far maturare il credito d’imposta sia, come nel caso di specie, una vendita e la vendita risponda a valori di mercato, il credito d’imposta è un beneficio di sistema che non può mai essere considerato indebito.

Pertanto, l’operazione non può essere contestata di abuso di diritto in quanto il vantaggio fiscale ottenuto non può essere qualificato come “indebito”.

Tali conclusioni sono recepite dall’Amministrazione Finanziaria con la Risoluzione 27 luglio 2017, n. 101/E.

In tal senso e testualmente, la sentenza n. 180/1/2020 “è insussistente anche il vantaggio fiscale che si individuerebbe in quello realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario essendo il vantaggio, determinato dal credito d'imposta, del tutto ordinario e fisiologico nell'ordinamento tributario e direttamente correlato con acquisto di bene ammortizzabile essendo rappresentato da un beneficio direttamente attribuito dall'ordinamento”.

 

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