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Intimazione di pagamento e avvisi di accertamento impoesattivi


Illegittima l’intimazione di pagamento qualora non indichi quale titolo esecutivo l’atto rideterminativo
Intimazione di pagamento e avvisi di accertamento impoesattivi

La CTP di Campobasso, con la sentenza n. 69/01/2021, si pronuncia sul tema del coordinamento dell’intimazione di pagamento, di cui all’art. 50 del D.p.r. 602/1973, con gli atti rideterminativi, di cui all’art. 29 del D.L. 78/2010, ed afferma la violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del D.p.r. 602/1973 in combinato disposto con l’art. 29 del D.L. 78/2010 nella misura in cui venga assunto come titolo esecutivo, a fondamento dell’intimazione di pagamento, l’avviso di accertamento pur a seguito dell’emanazione di un atto “impoesattivo-secondario” ai sensi dell’art. 29, comma 1, let. a) del D.L. 78/2010.

1.1. Sulla introduzione degli atti cd. “impoesattivi”

La novella introdotta dal D.L. 78/2010 (cd. concretazione della riscossione nell’accertamento) ha eliminato l’utilizzazione del ruolo esattoriale quale titolo esecutivo ed ha disposto la nascita di atti cd. “impoesattivi” portanti la natura di accertamento e titolo esecutivo.

Gli "atti impoesattivi" che, nella predetta sequenza temporale, si definiscono “primari” e vengono notificati per primi al contribuente, in considerazione della loro natura precettiva devono contenere l'"intimazione ad adempiere", così necessariamente differenziata:

a) con specifico riferimento all'ipotesi di "tempestiva proposizione del ricorso", legittimante l'avvio della riscossione frazionata a titolo provvisorio, l'intimazione ad adempiere è quantitativamente limitata agli importi dovuti ai sensi dell'art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, vale a dire in misura pari ad 1/3 dei tributi "corrispondenti agli imponibili accertati dall'Ufficio ma non ancora definitivi", nonché dei relativi interessi;

b) l'intimazione ad adempiere è estesa alle somme complessivamente dovute - a titolo di tributo, sanzioni ed interessi - per l'eventualità in cui il contribuente non impugni l'atto impoesattivo.

Nel disciplinare le tipologie provvedimentali attraverso le quali si realizza la "concentrazione della riscossione nell'accertamento", il legislatore ha previsto l'adozione di "atti rideterminativi" degli importi dovuti in base all'atto impoesattivo precedentemente notificato. 

La ratio della previsione è evidente: posto che sussistono svariate fattispecie in cui emerge la necessità di rendere esecutive delle somme per importi non previsti dalla disciplina dell’atto impoesattivo “primario”, si esige la formazione di idonei titoli esecutivi attraverso l'adozione di atti diretti alla rideterminazione delle somme pretese con il primo atto impoesattivo. 

A differenza dell'atto impoesattivo primario, quindi, gli "atti rideterminativi" non possono ritenersi veri e propri avvisi di accertamento ma hanno in comune la componente precettiva e la valenza esecutiva. Infatti, oltre a dover contenere "l'intimazione ad adempiere", anch'essi "divengono esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica". In proposito, basti rilevare che l'art. 29, comma 1, lett. b), del D.L. n. 78/2010, nello stabilire che "gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica", non distingue affatto gli atti impoesattivi "originari" da quelli "rideterminativi", confermandone la comune natura di titoli esecutivi tributari.

Tale natura è imposta, in primo luogo, dallo stesso istituto della concentrazione della riscossione nell’accertamento, che presuppone il perfezionamento di un titolo esecutivo tributario legittimante la riscossione, anche coattiva, degli importi dovuti a seguito del superamento, in via amministrativa, dell’atto impoesattivo primario. 

Titolo esecutivo, che non può essere più rappresentato dall’iscrizione a ruolo, da notificarsi al contribuente mediante riproduzione nella cartella di pagamento. 

Pertanto, gli atti rideterminativi assumono una autonoma componente precettiva ed un’autonoma valenza esecutiva. Infatti, oltre a dover contenere “l’intimazione ad adempiere”, anch’essi “divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso”, posto che l’art. 29, comma 1, lett. b), del citato D.L. n. 78/2010, nello stabilire che “gli atti di cui alla lett. a) divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso”, non distingue affatto gli atti impoesattivi originari da quelli rideterminativi, confermandone la comune natura di titoli esecutivi tributari. Né la norma da ultimo citata distingue gli atti impoesattivi originari da quelli rideterminativi nell’esigere che rechino “l’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli Agenti della riscossione anche i fini dell’esecuzione forzata”. Parimenti, relativamente all’operatività della sospensione ex lege della riscossione coattiva, è testualmente disposto che “l’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti di cui alla lett. a)”, senza differenziare gli atti impoesattivi “originari” da quelli “rideterminativi”.

1.2. Sugli atti “rideterminativi” in conseguenza della decadenza dalla disciplina di cui all’art. 15 del D.Lgs. 218/1997 

Qualora l’avviso di accertamento sia oggetto alla fattispecie dell’acquiescenza (ex art. 15 del D.Lgs. 218/1997) non si verifica alcuna delle ipotesi di “esecutività” dell’atto (presentazione del ricorso o definitività dell’atto) che comportano la nascita del titolo esecutivo dell’atto “primario”.

In tal caso, dunque, il contribuente è ammesso al pagamento rateale con il beneficio delle sanzioni ridotte e non viene costituito alcun titolo esecutivo.

Tuttavia, nel caso in cui si decada dalla rateazione e dai conseguenti benefici in materia sanzionatoria, emerge la necessità della costituzione di un titolo esecutivo e, conseguentemente, la disciplina della concentrazione della riscossione nell’accertamento contempla la fattispecie degli “atti impoesattivi secondari” ovvero gli atti, successivi all’originario avviso di accertamento, che costituiscono il titolo esecutivo per la riscossione delle somme portate dall’originario avviso di accertamento (nonché, nel caso della decadenza dalla rateazione, delle maggiori sanzioni del 30%).

1.3. Sulla natura della “intimazione di pagamento” ex art. 50 del D.p.r. 602/1973 e sul collegamento esecutivo con il solo atto “rideterminativo” in conseguenza della decadenza dalla disciplina di cui all’art. 15 del D.Lgs. 218/1997 

Ferma restando l’essenzialità dei requisiti contenutistici implicati dalla valenza precettiva ed esecutiva, gli atti rideterminativi, temporalmente precedenti rispetto all’affidamento all’agente incaricato dell’attività di riscossione, non vanno confusi con l’“intimazione di pagamento”, che, nel rispetto dell’iter procedimentale prescritto dall’art. 26 del medesimo D.P.R. n. 602/1973 per la notificazione della cartella, deve essere notificata dall’agente della riscossione soltanto ove sia decorso un anno dalla notificazione di atti impoesattivi primari o secondari, in applicazione dell’art. 50, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 602/1973, rappresentando un (eventuale) atto prodromico rispetto all’inizio dell’espropriazione forzata, vale a dire il pignoramento. Trattasi di atto contraddistinto da un’efficacia temporalmente limitata, che cessa decorsi centottanta giorni dalla sua notifica, e l’“intimazione” ivi contenuta presuppone il perfezionamento dell’atto impoesattivo prodromico, primario o secondario.

Difatti, l’intimazione di pagamento ex art. 50, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 602/1973 rappresenta un atto di esecuzione del pregresso “titolo esecutivo”.

Difatti, dispone testualmente, l’art. 50, comma 2, del D.p.r. 602/1973:

Se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla  notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di  un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni

Si rende necessario rammentare che l’art. 29, comma 1, let. g) del D.L. 78/2010 dispone quanto segue:

g) ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a) ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni del presente comma; la dilazione del pagamento prevista dall'articolo 19 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, puo' essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione e in caso di ricorso avverso gli atti di cui alla lettera a) si applica l'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; 

Conseguentemente, è chiaro che l’intimazione di pagamento rappresenta condizione di procedibilità di un precedente ruolo o, per l’espressa equiparazione di cui all’art. 29, comma 1, let. g) del D.L. 78/2010, di un precedente atto impoesattivo “primario” o “rideterminativo”.

Pertanto, l’intimazione di pagamento qualora segua un atto rientrante nella disciplina della concentrazione della riscossione nell’accertamento deve intimare l’esecuzione del “titolo esecutivo” prodromico e, dunque, correttamente o l’atto impoesattivo “primario” o l’atto “rideterminativo”.

1.4. Sulla erronea intimazione di esecutività  contenuta nella “intimazione di pagamento” ex art. 50 del D.p.r. 602/1973 del titolo esecutivo ritenuto sussistente nell’atto impoesattivo “primario”

Nel caso di specie, venivano notificati al contribuente due avvisi di accertamento, entrambi emessi ai sensi dell’art. 29 del D.L. 78/2010 e, dunque, sogetti alla disciplina esecutiva dei cd. “atti impo-esattivi”, cumulando la natura di atto di accertamento nonché di titolo esecutivo e di precetto.

Il contribuente si avvaleva dell’istituto deflattivo dell’acquiescenza, ex art. 15 del D.Lgs. 218/1997.

Tuttaviail contribuente, per intervenute difficoltà finanziarie, non riusciva ad ottemperare al pagamento rateale.

Pertanto, venivano notificati al contribuente gli atti di “intimazione” nella forma degli atti cd. “impo-esattivi” di secondo livello ex art. 29 del D.L. 78/2010. Detti atti assumevano la natura di titolo esecutivo per l’esazione dei crediti esposti.

La natura di titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 29, comma 1, let. a) del D.L. 78/2010, è confermata dalla irrogazione delle sanzioni ex art. 13 del D.Lgs. 471/1997 conseguenti alla decadenza dalla rateazione che, ovviamente, non potevano essere contemplate nell’avviso di accertamento.

Tuttavia, l’AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE procedeva alla notificazione della INTIMAZIONE DI PAGAMENTO, in forza della quale si intima il pagamento delle somme dovute in base al “titolo esecutivo” dell’Avviso di accertamento.

Da quanto sopra esaminato, consegue la pacifica violazione dell’art. 50 del D.p.r. 602/1973 in quanto l’AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. e P.I. 13756881002) intende intimare l’esecuzione in forza di atti non aventi la natura di titolo esecutivo.

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