5 cose da sapere su plusvalenze e minusvalenze


Certo è meglio non avere minusvalenze! Ma se per qualche motivo le hai realizzate, ti conviene capire quali sono gli atteggiamenti fiscalmente validi che puoi assumere
5 cose da sapere su plusvalenze e minusvalenze

Plusvalenza è il termine usato per indicare un guadagno fiscalmente rilevante da una vendita di uno strumento finanziario.

Al contrario minusvalenza non è altro che il termine fiscale per indicare la perdita su uno strumento finanziario, cioè le perdite realizzate quando il controvalore della vendita di uno strumento finanziario è inferiore a quanto pagato per l’acquisto (insomma un investimento andato male). Per questo le minusvalenze si verificano solo al momento della chiusura di operazioni.

Quali sono le imposte sulle plusvalenze?

Generalmente l’aliquota è il 26%.

Fanno eccezione i titoli emessi dallo Stato italiano e da altri Stati compresi nella White List: il prelievo in questo caso è del 12,50% su interessi, scarti di emissione e capital gain da negoziazione.

Per tutte le altre obbligazioni “corporate”, invece, il prelievo è del 26%.

Devi sapere che il fisco ti dà la possibilità di compensare le minusvalenze con le plusvalenze.

Questo significa semplicemente che sui guadagni, su un importo pari alle minusvalenze, non paghi tasse!

Certo è meglio non avere minusvalenze! Ma se per qualche motivo le hai realizzate, ora ti conviene capire quali sono gli atteggiamenti fiscalmente validi che puoi assumere.

Puoi compensare solo le minusvalenze pregresse. Questo significa che se realizzi prima un guadagno e successivamente una perdita non puoi fare il “giochino” della compensazione!

Ora cosa accade. Il fisco italiano, così come avviene in molti altri Paesi europei, applica alle plusvalenze un’aliquota fiscale del 26%, mentre le minusvalenze originano un credito fiscale.

Per capire meglio la ragione di questa regola, basti pensare a un investitore che ha registrato solo minusvalenze: lo Stato non può dare all’investitore il 26% di quello che ha perso, crea dunque un credito fiscale (o zainetto fiscale) che potrà essere compensato con future plusvalenze.

Esempio di calcolo di compensazione minusvalenze e plusvalenze
Hai comprato delle azioni per un valore complessivo di 10.000 euro, ma quando le vendi valgono 8.000 euro. La minusvalenza realizzata è di 2.000 euro.
Dopo qualche mese decidi di vendere un altro prodotto finanziario, questa volta a un prezzo più alto. Supponiamo tu l’abbia comprato a 20.000 euro e riesca a venderlo a 25.000. La plusvalenza realizzata è di 5.000 euro.
Poiché la minusvalenza è pregressa (più vecchia) nella plusvalenza, puoi compensarle tra loro.
La tassazione ti sarà applicata solo su (5.000 – 2.000) 3.000 euro. Considerando l’attuale tassazione del 26% paghi 780 euro di tasse.
Se non avessi compensato, avresti pagato 1.300 euro di tasse. Hai invece “risparmiato” 520 euro!

Attenzione però, non tutte le plusvalenze sono “uguali”, le minusvalenze invece sì!

Se le minusvalenze sono considerate sempre “redditi diversi”, le plusvalenze possono essere “redditi da capitale” o “redditi diversi” e solo queste ultime possono essere utilizzate per la compensazione.

Il fisco italiano, è proprio il caso di dirlo, ha fatto un bel pasticcio!

Il paradosso più evidente sulla fiscalità degli strumenti finanziari è rappresentata, in alcuni casi, dall’impossibilità di compensare plusvalenze e minusvalenze anche quando generate dallo stesso strumento finanziario!

Per chiarire ancora meglio, generano “redditi di capitale” e, quindi, NON possono compensare minusvalenze:

•    i fondi comuni di investimento;

•    le cedole dei titoli di Stato e delle obbligazioni;

•    le differenze e gli scarti di emissione delle obbligazioni;

•    i dividendi delle azioni;

•    gli etf

Generano “redditi diversi” e, quindi, permettono di recuperare minusvalenze:

•    i certificates

•    le azioni (non i dividendi, ma la variazioni di prezzo);

•    le obbligazioni (non le loro cedole, ma la variazione di prezzo);

•    gli Etc;

•    i derivati (opzioni e futures)

Le plusvalenze e minusvalenze generate dalla compravendita di azioni sono compensabili tra loro in quanto ad entrambe è attribuita la natura di redditi diversi.

I dividendi da azioni, invece, sono qualificabili come redditi da capitale e non possono essere utili a compensare le minusvalenze generate dalla vendita in perdita di titoli azionari.

Esattamente stesso discorso per i titoli di Stato e, in generale, per tutte le obbligazioni. Come per le azioni, anche le perdite e utili derivanti dalla compravendita di obbligazioni sono compensabili tra loro in quanto entrambi redditi diversi.

Le cedole periodiche, come i dividendi azionari, non sono invece compensabili con le minusvalenze perché redditi da capitale.

Per altri strumenti finanziari, come hai ben compreso, le cose non sono così lineari. In particolare per i fondi comuni d’investimento e gli etf.

Il Fisco nega, infatti, la compensazione tra plusvalenze e minusvalenze generate da fondi comuni ed etf!

Infatti, sia per i fondi comuni che per gli etf:

•    plusvalenze sono redditi da capitale

•    minusvalenze sono redditi diversi

Orma ti è chiaro, essendo di natura diversa, pur trattandosi di perdite e guadagni derivanti dallo stesso strumento non posso essere compensate tra loro!

Per fortuna c’è una soluzione!

Minusvalenze: ecco gli strumenti finanziari per compensarle.

Nello schema seguente è riportata la natura delle minusvalenze e plusvalenze dei principali strumenti finanziari. Lo schema è utile in quanto ti permette di comprendere a colpo d’occhio quali strumenti sono idonei a compensare le minusvalenze.

Il modo più “semplice” per compensare le minusvalenze con le plusvalenze è con obbligazioni ed azioni.

Vi sono poi gli ETC e diversi Certificati sui quali, però, ti consiglio di prestare moltissima attenzione per comprenderne completamente le caratteristiche (e soprattutto i rischi).

Attenzione però! Per quanto tempo vale il credito fiscale derivante generato dalle minusvalenze conseguite? Quattro anni, dopo scade, non smentendo il detto“il tempo è denaro”.

In pratica, significa che l’investitore che ha subito una perdita ha tempo quattro anni per compensarla con una plusvalenza dello stesso importo e su questa non pagare alcuna tassa.

Come si può ricostruire la propria posizione fiscale, ovvero quante minusvalenze sono in scadenza quest’anno?

Basta cercare, nella propria banca dove si effettuano gli investimenti, un documento chiamato “posizione fiscale” o “zainetto fiscale” che dovrebbe riportare l’elenco di tutte le minusvalenze divise per l’anno di scadenza.

La banca stessa funge da sostituto d’imposta, applicando l’imposta sulle plusvalenze e tenendo in memoria le minusvalenze. Le plusvalenze realizzate successivamente andranno a compensare le minusvalenze.

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di Vittorio Brebbia

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