Andamento settimanale dei mercati
Cosa sta accadendo ai mercati finanziari
È stata una settimana caratterizzata dai contrasti.
Le buone notizie arrivano dagli USA: l’indice PMI è salito a 55.7 e la Fed ha dichiarato la sua disponibilità a sopportare anche un livello d’inflazione superiore rispetto al target del 2%, dimostrando di non avere preoccupazioni sul fronte monetario. Inoltre, il Congresso ha votato per una potenziale riduzione dell’impatto della legge Dodd-Frank che favorisce le banche statunitensi e infine la guerra commerciale tra US e Cina sembra essersi almeno temporaneamente sospesa in attesa della visita in Cina da parte del Segretario del Commercio Ross a inizio giugno. L’unica nota stonata è stata la rinuncia di Trump al summit nordcoreano, ma il dialogo continua, il che rimane un successo notevole rispetto agli ultimi anni.
Sfortunatamente in Europa il quadro non è così buono. Innanzitutto l’indice PMI ha ripreso la discesa e la BCE sembra meno fiduciosa riguardo la fine del Quantitative Easing a settembre (e quindi sull’eventuale aumento dei tassi), il che è negativo per le banche. Le stesse banche e in generale gli asset europei sono stati ulteriormente colpiti dal tentativo di Lega e 5Stelle di formare un governo con Conte come primo ministro e l’euroscettico Savona come ministro dell’Economia. Lo spread contro il Bund ha superato la soglia dei 200 punti base, il livello più alto dal 2014 e le azioni bancarie sono state assai colpite. È importante tenere a mente che ~30% del debito italiano è detenuto da stranieri e ~1/2 del debito complessivo scadrà entro i prossimi 5 anni. Per finire, in Spagna, uno scandalo in seno al partito di Governo ha fatto sì che il Parlamento minacciasse di revocare la fiducia al governo di Rajoy.
Sui mercati emergenti l’aumento del 3% del tasso turco sembra aver stabilizzato la lira mentre la potenziale riduzione, nel secondo semestre del 2018, della produzione accennata dall’OPEC ha portato un po’ di tranquillità al mercato del petrolio e ha ridotto i timori legati all’inflazione e alla crescita globale.
C’è molto da digerire e l'Europa è certamente nell'occhio del ciclone, anche se la speranza è che le perturbazioni del mercato finiranno per contenere l'ambizione del programma populista, seppur potrebbe permanere della volatilità fino ad allora.
Le buone notizie arrivano dagli USA: l’indice PMI è salito a 55.7 e la Fed ha dichiarato la sua disponibilità a sopportare anche un livello d’inflazione superiore rispetto al target del 2%, dimostrando di non avere preoccupazioni sul fronte monetario. Inoltre, il Congresso ha votato per una potenziale riduzione dell’impatto della legge Dodd-Frank che favorisce le banche statunitensi e infine la guerra commerciale tra US e Cina sembra essersi almeno temporaneamente sospesa in attesa della visita in Cina da parte del Segretario del Commercio Ross a inizio giugno. L’unica nota stonata è stata la rinuncia di Trump al summit nordcoreano, ma il dialogo continua, il che rimane un successo notevole rispetto agli ultimi anni.
Sfortunatamente in Europa il quadro non è così buono. Innanzitutto l’indice PMI ha ripreso la discesa e la BCE sembra meno fiduciosa riguardo la fine del Quantitative Easing a settembre (e quindi sull’eventuale aumento dei tassi), il che è negativo per le banche. Le stesse banche e in generale gli asset europei sono stati ulteriormente colpiti dal tentativo di Lega e 5Stelle di formare un governo con Conte come primo ministro e l’euroscettico Savona come ministro dell’Economia. Lo spread contro il Bund ha superato la soglia dei 200 punti base, il livello più alto dal 2014 e le azioni bancarie sono state assai colpite. È importante tenere a mente che ~30% del debito italiano è detenuto da stranieri e ~1/2 del debito complessivo scadrà entro i prossimi 5 anni. Per finire, in Spagna, uno scandalo in seno al partito di Governo ha fatto sì che il Parlamento minacciasse di revocare la fiducia al governo di Rajoy.
Sui mercati emergenti l’aumento del 3% del tasso turco sembra aver stabilizzato la lira mentre la potenziale riduzione, nel secondo semestre del 2018, della produzione accennata dall’OPEC ha portato un po’ di tranquillità al mercato del petrolio e ha ridotto i timori legati all’inflazione e alla crescita globale.
C’è molto da digerire e l'Europa è certamente nell'occhio del ciclone, anche se la speranza è che le perturbazioni del mercato finiranno per contenere l'ambizione del programma populista, seppur potrebbe permanere della volatilità fino ad allora.
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