Cosa deve fare chi vuole investire ora sui titoli di stato?


Un’analisi dei risparmi sui titoli di stato in epoca di tassi negativi e emergenza sanitaria
Cosa deve fare chi vuole investire ora sui titoli di stato?

Molto spesso mi è capitato di vedere risparmiatori e investitori che hanno sottoscritto cifre considerevoli, a volte addirittura l’intero patrimonio mobiliare in loro possesso, in titoli di stato.

Alla luce degli ultimi accadimenti relativi all’emergenza coronavirus, al crollo dei mercati e al lockdown in corso in quasi tutto il mondo, una delle contromisure che ormai sembrano prendere forma ovunque per aiutare l’economia reale, e quindi le aziende e le famiglie, sembra ormai quella sostenuta da un ulteriore aumento del debito di stato per finanziare coloro che dopo i morti veri e propri, rappresentano le altre criticità di questa situazione. Ciò apre uno scenario che annuncia chiaramente che quasi in tutto il mondo aumenterà il debito di stato. 

Mentre in Giappone, attualmente, il debito è in mano quasi interamente agli stessi cittadini residenti, in Italia invece non è cosi. Questo può aumentare ulteriormente i rischi di credito, come già in gran parte è un rischio presente, e previsto, nei titoli di debito corporate (obbligazioni)

Solitamente il debito viene fatto con la consapevolezza che poi sia la crescita a sostenerlo, ma per quanto riguarda l’Italia, per esempio, la crescita media degli ultimi anni è rappresentata da un Pil molto basso se non prossimo allo zero, quindi, sorge spontanea la domanda: se il nostro paese fino ad oggi non è riuscito a compensare con la crescita la sostenibilità del debito, cosa ci fa pensare che lo farà in futuro, senza un radicale cambio di prospettiva? 

Poi In passato il nostro debito veniva in qualche modo compensato da un meccanismo inflattivo, ma da quando siamo “Europa”,  i trattati e le direttive attinenti il patto di stabilità, di fatto non lo consentono. 

Tra l’altro, oltre che nei portafogli dei clienti, i titoli di stato sono dentro i fondi pensione, le gestioni separate, i fondi monetari e quelli assicurativi e anche in diversi fondi comuni di investimento, anche se in quota parte generalmente di un portafoglio più diversificato. 

Quindi, con meccanismi inflattivi che non possono aiutarci, la mancanza di crescita, un debito attuale al limite della sostenibilità, e il fatto che il debito non è in mano ai residenti, ma spesso a investitori esteri che con i nostri titoli di stato fanno spesso speculazione, e in un’ottica di recessione che interessa il mondo intero, a cosa ci si può appellare per allontanare lo spettro di un rischio di ristrutturazione del debito? Quando anche pure le stesse pensioni sono garantite da debito pubblico?

Il governo potrebbe non avere altra carta da giocare che una forte stretta all’evasione fiscale e, comunque, ad un inasprimento fiscale, che renderebbe il fisco ancora più asfissiante (e aggiungo controproducente) per le nostre imprese. 

Questa è forse la vera ragione per cui l’Europa, anche in tempi di coronavirus, non vuole dividere il debito con noi

Quindi cosa deve fare chi vuole investire ora sui titoli di stato? O forse sarebbe meglio chiedersi, cosa non dovrebbe fare?

Chi non ne ha in portafoglio, valutare attentamente la situazione, prima di acquistare titoli specie di lungo e lunghissimo termine, anche se avessero la prospettiva di un rendimento positivo diverso da zero. 

E chi, invece, ne ha già una gran quantità in portafoglio, di cui alcuni con scadenze che addirittura vanno oltre le più rosee aspettative di vita se dovessimo comparare l’età anagrafica del risparmiatore con la scadenza del titolo in possesso?

Certamente cominciare a considerare una liquidazione programmata finalizzata ad una diversificazione degli stessi, anche valutando verso altri strumenti di investimento, sia similari, come ad esempio titoli di stato però contenuti in gestioni separate che hanno almeno sulla carta un ulteriore garanzia, ove prevista, anche della compagnia stessa, o cominciando a pianificare e considerare una diversificazione verso i mercati, con altri tipi di strumenti che possano consentire, nel tempo, di ridisegnare il portafoglio puntando ad un rendimento, senza però rimanere così esposti e assumendosi un rischio che sta diventando più elevato rispetto a qualsiasi precedente previsione.

Intanto già lo scorso venerdì siamo stati con il fiato sospeso nell’attesa del giudizio di S&P rispetto al rating attuale. Abbiamo rischiato di vedere i nostri titoli di Stato venire classificati come spazzatura. La nota ufficiale ci ha poi confermato il rating attuale (BBB)  anche se con outlook negativo.

Per fare una panoramica che possa renderci l’idea, i tassi retributivi dei Btp a 10 anni si attestano all'1,975%, e in apertura erano saliti anche al 2,10%. 

Il differenziale (spread) rispetto ai tassi dei bund tedeschi equivalenti, si stringe a 244,2 punti base.

 Un altro banco di prova per il nostro paese sarà il prossimo 8 maggio, quando Moody's esprimerà il suo di giudizio sul debito italiano  insieme a Dbrs, due giorni dopo dell'appuntamento che la Commissione Europea avrà  per valutare l'introduzione del Recovery Fund.

Secondo alcuni esperti, un eventuale downgrade, avrebbe comunque effetti limitati, se si tiene conto delle recenti decisioni della Bce, cioè quelle relative all’allargamento ai junk bond con rating superiore al BB- per l'uso come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento del settore bancario europeo, che può essere visto come un vero e proprio scudo protettivo della Banca centrale europea.

I capi di stato europei sembrano concordi sulla promozione di un Recovery Fund, ma sono invece in disaccordo sulle modalità di finanziamento e distribuzione dei fondi, e il 6 maggio appunto ci si aspetta che si sciolga la prognosi in questo senso.

Anche perché continuare a rinviare decisioni sul Recovery Fund potrebbe portare a inevitabili  tensioni sociali. La soluzione sembra essere quella di dotare di  una forza fiscale la Commissione Europea. Alcuni specialisti credono che con l'introduzione di una tassa europea di solidarietà, ad esempio l’introduzione di un’Iva europea, una tassa sui redditi sopra i 75 mila euro e una tassa sulle multinazionali, la Commissione Europea potrebbe davvero poter lanciare progetti ambiziosi appunto come il Recovery Fund.

Insomma trovare il modo di uscire dallo stallo è la parola d’ordine. 

Nel frattempo, venerdì  il Tesoro ha piazzato Ctz e Btp indicizzati per un totale di 3,75 miliardi. Nel dettaglio, il Mef ha assegnato 2,75 miliardi della tredicesima tranche del Ctz scadenza 29/11/2021 con un rendimento in crescita di 69 punti base all'1,001%, record dall'agosto 2018. Buona la domanda, pari a 4,469 miliardi, per un rapporto di copertura di 1,63. Il Tesoro ha anche collocato la quarta tranche del Btp indicizzato scadenza 15 maggio 2030 per un miliardo e un rendimento lordo in rialzo di ben 146 punti base, all'1,77%. La richiesta è stata di 1,516 miliardi per un rapporto di copertura di 1,52.

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di Luca Della Rosa

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