La consulenza finanziaria come forma d'arte


Tutto ha un costo, ma la gestione patrimoniale risulta poco valutabile dai non addetti ai lavori perché si basa molto sulle competenze e la professionalità di chi la fa
La consulenza finanziaria come forma d'arte

Entrando in una galleria d’arte l’altro giorno, ho ripensato alla frase di Albert Einstein “Se non c’è un prezzo da pagare, allora non c’è valore”.

Mi è venuta in mente perché erano esposte delle opere di una giovane pittrice ligure i cui quadri mi avevano incuriosito per i colori e tecnica.
L’attenzione che quelle opere avevano catturato, mi aveva fatto tralasciare la scena che si stava svolgendo poco lontano da me, altrettanto importante. Un visitatore della mostra, interessato all’acquisto di una delle opere, chiedendo la valutazione al gallerista ha risposto con un diretto “Bello, ma caro!”.


Valore e valutazione
Su quali basi l’interessato acquirente ha decretato il valore dell’opera? Forse basandosi sull’utilizzo dei materiali e i costi di produzione? Ma, in un’opera d’arte, davvero sono questi i parametri utilizzabili per sancirne o meno il valore? Non sarà che il prezzo sia, in larga parte, generato dall’artista stesso in una miscela di creatività, anni di studio, stile, esperienza, ricerche e prove? L’esperienza vissuta in galleria mi ha fatto pensare a quanto il mio lavoro sia molto simile a quello dell’artista. Il prezzo che paga un mio cliente non è tanto per lo strumento finanziario proposto, per i piani di investimento, per le azioni e le obbligazioni, quanto per il mio lavoro, il mio tempo impiegato nei vari road show delle varie case d’investimento, i numerosi corsi di specializzazione che ho svolto, il tempo dedicato nella costruzione di un portafoglio adeguato alle sue esigenze.


Il Fai-Da-Te
Ecco, dunque,  che se potessi parlare liberamente con un mio potenziale cliente, gli chiederei prima di tutto su quali basi si sente in grado di giudicare il costo di un servizio offerto, senza avere le stesse competenze di chi lo eroga; inoltre, gli chiederei se, in termini di tempo e denaro, la pratica del fai-da-te risulterebbe realmente un minor dispendio di soldi ed energia; infine, gli domanderei se ha competenze per distinguere tra rischio specifico e sistematico e tra incidenza sul titolo dovuto al rialzo dei tassi o di una valuta (dando per scontato che sia in grado di farlo). Forse azzarderei con quest’ultima, ma il punto fondamentale è rendersi conto che non possiamo fare tutto da soli. Non possiamo curarci, per esempio, basandoci su una diagnosi trovata su Google, né possiamo difenderci in un tribunale dopo aver letto una di quelle guide motivazionali che si trovano in libreria come “Avvocato di Me Stesso”. Allo stesso modo, pensiamo veramente di poter gestire i nostri risparmi con fortuna e qualche trafiletto letto online? Quando ancora lavoravo in banca alla fine degli anni ’80, erano presenti BOT, BTP, libretti di risparmio e certificati di deposito; non era necessario fare programmi a lungo termine perché i tassi erano alti, inflazione alta ed erano sempre liquidabili.
Oggi non è più così. Siamo martellati costantemente da offerte allettanti, forse, ma siamo davvero in grado, senza competenze, di capire se queste offerte rispondono alle nostre esigenze? Perché accettare un’offerta di breve periodo attirati dai mercati volatili ci può far perdere delle importanti opportunità di medio periodo che ci ripagano ampiamente dei momenti bui.

 

Articolo del:


di Silvio Frontini Private Banker

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