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Inflazione, bisogna davvero temerla?


Nelle economie di mercato i prezzi dei beni e dei servizi sono soggetti a variazioni in qualsiasi momento: si tratta di un processo economico fisiologico
Inflazione, bisogna davvero temerla?

Nelle economie di mercato i prezzi dei beni e dei servizi sono soggetti a variazioni in qualsiasi momento. Talvolta i prezzi aumentano, altre volte diminuiscono: si tratta di un processo economico fisiologico

In caso di un rincaro dei prezzi di ampia portata, quasi incontrollato, e che coinvolge beni e servizi nella loro totalità, non limitandosi a singole voci di spesa, si parla di inflazione.

In parole semplici e nella pratica, possiamo dire che oggi con 50 euro si comprano meno beni e servizi rispetto al passato.

L’inflazione riduce il valore del denaro nel tempo. La scelta del termine inflazione è legato anche al suo significato originario: essa deriva infatti dal latino e significa “gonfiatura”; perfetto, dunque, per indicare un aumento generalizzato del livello medio dei prezzi.

 

Inflazione, vita quotidiana ed emozioni

I rincari degli ultimi mesi, specie per le bollette dell’energia elettrica, del gas, delle materie prime e dei carburanti hanno scatenato dubbi e timori su come affrontare l’inflazione preservando il proprio patrimonio e continuando a risparmiare. Ciò che, infatti, accomuna molti investitori nei periodi di inflazione è il disorientamento  per la propria sicurezza finanziaria.

In finanza farsi sopraffare dalle emozioni non è mai una buona cosa perchè si corre il rischio di compiere scelte inappropriate. È vero che fare la spesa è più oneroso, è vero che pagare le bollette di gas e luce è un salasso, come è vero che fare rifornimento per l’auto diventa quasi un lusso.

Eppure mantenendo la calma e gestendo l’emotività, si riesce ad affrontare e superare anche questo periodo. Ecco perchè nonostante sia un tema di cui tutti  parlano, occorre capire bene come funziona e quali sono le conseguenze.

 

Inflazione nei diversi Paesi

L’inflazione è un fenomeno globale, ma presenta delle differenze, anche notevoli, da un Paese all’altro, sebbene per decenni l’inflazione mondiale sia stata omogenea. 

In Italia il tasso di inflazione è pari a circa il 3,5%, negli USA al 7%, in Inghilterra al 5,5%, in Brasile al 10%, in Cina e in Giappone è sotto l’1%.

 

 

Il perchè di questa ampia forbice tra i diversi Paesi è da ricercare nelle cause dell’inflazione.

Negli USA, per esempio, l’inflazione è alimentata dalla pressione monetaria, mentre in Europa si additano le pressioni a livello energetico.
Come i numeri e le cause dell’inflazione sono diverse, anche le reazioni da parte delle diverse Banche Centrali lo sono. Non esiste, infatti, una soluzione universale per i mercati globali, occorre tener conto anche dei differenti fattori produttivi, di consumo e di risparmio.

 

La situazione in Europa

L’inflazione attuale è stata causata da shock negativi dal lato dell’offerta che hanno provocato un aumento dei prezzi e un calo dell’attività economica. A differenza degli USA, l’economia europea non è caratterizzata da un eccesso di domanda interna rispetto all’offerta.

L’inflazione in Europa è in larga misura importata. La causa è legata agli shock che hanno colpito sia la domanda sia l’offerta a livello globale e che si ripercuotono ora sull’economia mediante l’incremento dei prezzi all’importazione. Il tutto si traduce nei rincari dei prodotti energetici, di cui l’Europa è importatrice. Il costo dell’energia, oltre a quanto già detto, ha accelerato notevolmente la sua scalata dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Occorre, inoltre, tenere in considerazione la riallocazione della spesa per consumi di beni e servizi, in presenza dei vincoli alla produzione di beni su scala globale e imposti per via della pandemia. Negli ultimi due anni, infatti, sono emerse diverse strozzature nelle catene di approvvigionamento mondiali, che si sono tradotte in rincari dei beni durevoli.

Tenendo dunque a mente queste dinamiche, è più semplice spiegare i motivi alla base dell’alta inflazione degli ultimi mesi, in particolare nei settori dell’energia, dell’industria e dell’alimentare.

 

Quale strategia dovrebbe seguire un investitore in Italia per proteggersi dall’inflazione?

A prescindere dal periodo complesso che stiamo vivendo, la popolazione italiana “vanta” quantità di denaro fermo sui conti correnti tra le più alte nel mondo. Prevale insomma la tradizione di “lasciare  i soldi sul conto corrente”. Questa scelta, però, soprattutto in periodi particolari come quello attuale, non comporta vantaggi. 

Facciamo l’esempio di un investitore medio italiano con un bottino di 100.000 euro sul conto,  svincolati da qualsiasi forma di investimento. Cosa accadrebbe al suo bottino nei prossimi 3 anni ponendo l’ipotesi che il tasso d’inflazione rimanesse costante a quello attuale e, quindi, pari al 3,5%?

Il bottino perderebbe valore, tanto valore. E l’investitore medio italiano titolare di quel conto perderebbe potere d’acquisto.
Con inflazione al 3,5% medio e 100.000 euro, in 3 anni, verrebbero erosi circa 10.000 euro di patrimonio. 

Per chi è più avvezzo alla matematica, ecco la formula esatta.

VR= C/(1+I/100)^X

dove :

VR corrisponde al valore reale

C corrisponde al capitale

X corrisponde al numero di anni presi in considerazione

I corrisponde al tasso d’inflazione

Riprendendo il nostro esempio, quindi

C = 100.000 euro

X = 3 anni

I = 3,5% inflazione

VR = 100.000/(1+3,5/100)^3 = 100.000/(1,035)^3 = 100.00/1,109 = 90.171,33 

Quasi 10.000 euro praticamente persi in 3 anni!

Questo esempio è molto utile per spiegare che tenere fermo il proprio patrimonio non è prudenza!

 

BTP: investimento prudente o rischioso considerando l’inflazione?

Con tassi reali negativi e ai minimi storici anche i titoli di Stato non sono la scelta migliore. Anzi, sono quasi al pari del lasciare liquidità sul conto! E ciò non vale solo in Italia, ma anche in Paesi come la Germania, la Gran Bretagna e gli USA.

A causa dell’inflazione in forte aumento, il mercato obbligazionario ha rendimenti reali negativi e i dati parlano chiaro. Chi investisse oggi 100 euro in titoli di Stato italiani, per esempio, tra 5 anni anni si ritroverebbe con 92 euro, tra 10 anni con 90 euro, tra 15 anni con 91 euro.

Discorso analogo valido anche per gli investitori tedeschi, inglesi o americani. Lo si può ben notare dal grafico qui sotto riportato, simulato da Algebris.

 

Anche in questo caso (investimenti in titoli di Stato), quindi, il patrimonio verrebbe eroso dall’inflazione!

 

Vuoi perdere denaro o vuoi proteggere per davvero i tuoi soldi?

Investire non è un azzardo e non è il male assoluto. Sfatiamo questa credenza popolare!

Tenere i soldi fermi o sotto il materasso è il vero problema, perchè si va a distruggere il proprio patrimonio.

Un’accurata selezione dei mercati e dei settori che crescono e portano vantaggi all’investitore, è indispensabile per proteggere i risparmi.

Ecco perchè è fondamentale affidarsi a professionisti in grado di analizzare e comprendere le esigenze e gli obiettivi del singolo investitore e optare per scelte finanziarie corrette e coerenti con i traguardi da raggiungere. 

Per proteggere il proprio patrimonio e guadagnare, occorre investire, ma con intelligenza.

Il fai da te, per esempio, può essere molto rischioso, così come credere a chi vi propone facili investimenti ad alti rendimenti.

I mercati globali sono differenziati e presentano articolazioni complesse. Le conoscenze e gli aggiornamenti continui di un consulente finanziario sono indispensabili per non rischiare di erodere inutilmente il proprio patrimonio.

Se vuoi una consulenza, mi puoi contattare scrivendomi una mail a:  info@fulviaferrari.it 

Capiremo insieme qual è il tuo punto di partenza, qual è la tua destinazione e qual è la rotta migliore da seguire per raggiungere i tuoi obiettivi.

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