Lo spread, questo famoso sconosciuto


Cause ed effetti dell'aumento dello spread
Lo spread, questo famoso sconosciuto
Dopo mesi e mesi di oblio, spunta nuovamente l'ansia da spread, il famigerato differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund).
Mentre scrivo l'indice ha toccato i 200 punti per poi assestarsi a quota 190.
E' grave?
No, non è grave, per ora.
Ricordiamo che nel momento più drammatico della crisi che colpì il Governo Berlusconi nel 2011, lo spread arrivò a toccare il record storico di 574 punti. L'aumento di questi giorni non è ancora grave, ma è un segnale di attenzione e di nervosismo da parte degli investitori, che trovano motivo di preoccupazione nello stallo politico post elezioni del 4 marzo scorso e nel programma di Governo in corso di definizione tra M5S e Lega.
Rispetto al 2011, a tenere calme le acque c'è il "bazooca di Draghi", ovvero l'acquisto di titoli di stato da parte della Bce, che ha permesso di stabilizzare lo spread dal 2015 in poi, tenendo a bada le speculazioni. A causa del massiccio ricorso al Quantitative Easing (suddetto "bazooca"), i rendimenti dei titoli obbligazionari si sono appiattiti a tal punto da indirizzare gli investitori verso altri asset. Perciò è probabile, che sia da molto tempo che i vostri consulenti non vi consiglino l'acquisto di Btp, anche perchè la prospettiva che Draghi diminuisca e poi concluda il piano di acquisti a partire dal 2019, minaccia abbassamento dei prezzi nel mondo obbligazionario.
A questo punto penserete: "ma se non ho Btp nel portafoglio, nè fondi monetari/obbligazionari, cosa mi importa se lo spread sale?"
In realtà la faccenda ci interessa, eccome.
L'aumento dei rendimenti dei titoli di stato fa sì che debbano essere pagati più interessi ai detentori dei titoli e questo per lo Stato è un costo. Risultato: aumenta il debito.
Uno spread più alto significa, in gergo finanziario, che il Paese è meno affidabile, perciò si avrà una contrazione degli investimenti a nostro favore e a favore delle nostre imprese, cosa che si riflette automaticamente sull'economia reale, creando una catena di conseguenze che incidono negativamente sul processo di crescita economica che, se pur a rilento, si è riattivato anche per l'Italia.
Lo spread a 200, quindi, non è ancora grave, ma auspichiamo che il nuovo Governo, una volta all'opera, riattivi la fiducia dei mercati e degli investitori.

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di Laura Capovilla

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