Siamo investitori razionali? Parte I


Esiste davvero l'Homo Oeconomicus?
Siamo investitori razionali? Parte I

La teoria economica classica (John Stuart Mill, “Sulla definizione di economia politica”, 1836) definisce l’Homo Oeconomicus come “un agente totalmente razionale che, avendo a disposizione una perfetta informazione e possedendo un sistema completo e ordinato di preferenze, è in grado di scegliere gli strumenti migliori per il conseguimento dei propri interessi”.

Ma esiste davvero l’Homo Oeconomicus?

L’attribuzione del Premio Nobel per l’Economia nel 2002 allo psicologo israeliano Daniel Kahneman fornisce la risposta definitiva.

Siamo tutti uomini ed, in quanto tali, tendiamo a commettere errori cognitivi ed emotivi che inficiano il comportamento razionale prospettato dalla teoria classica.

Il nostro cervello è una macchina portentosa ma è spesso chiamato a mettere in moto processi decisionali in tempi molto rapidi e, per farlo, utilizza un numero limitato di regole intuitive, dette tecnicamente “euristiche”. In altre parole, quando prendiamo delle decisioni, non facciamo dei calcoli complicati ogni volta, ma ragioniamo in modo intuitivo, veloce.

Ma è grazie a questa velocità che il genere umano è sopravvissuto.

L’uomo primitivo non poteva permettersi il lusso di fermarsi a pensare alle strategie migliori quando si imbatteva in un animale feroce; poteva fare solo due cose, lottare o fuggire; se si fosse fermato a calcolare in quanto tempo la bestia lo avrebbe raggiunto si sarebbe estinto da millenni.

I nostri processi mentali non sono dissimili da quelli degli uomini primitivi. Il nostro cervello continua a ragionare in modo “euristico”, intuitivo e meccanico e, quindi, di fronte a questioni che sono, o semplicemente sembrano, complesse, può condurci ad effettuare scelte incoerenti e sub ottimali.

E tutti, ma proprio tutti, come potrebbe raccontarci Sir Isaac Newton, vittima di una delle più clamorose bolle speculative di tutti i tempi, la South Sea Bubble, siamo esposti alle conseguenze di questi errori. Scienziati, scrittori, medici, avvocati, ingegneri, economisti, risparmiatori, gestori di fondi, consulenti finanziari.

Le principali semplificazioni euristiche “traditrici”, alle quali dobbiamo fare molta attenzione, sono quelle dovute alla “Rappresentatività”, alla “Disponibilità”, all’”Ancoraggio”.

La “Rappresentatività” è la tendenza a prendere decisioni basandosi su stereotipi.

Per capire meglio facciamo riferimento all’esperimento fatto proprio da Kahneman.

Immaginate di trovarvi davanti ad una cesta nella quale ci sono 100 descrizioni relative ad altrettanti professionisti, dei quali 30 sono ingegneri e 70 avvocati. Prendiamone una a caso e leggiamo:

“Giovanni ha 45 anni, sposato e ha 4 figli. E’ tradizionalista, accurato e ambizioso. Non ha alcun interesse per la politica e le questioni sociali. Impiega la maggior parte del suo tempo libero a coltivare i suoi hobbies, come il bricolage, la vela e i puzzle. Giovanni è un ingegnere o un avvocato?”.

In effetti, la descrizione sembra più rappresentativa di un ingegnere piuttosto che di un avvocato. E la maggior parte di noi fa appunto riferimento a questo prima di rispondere, ovvero fa riferimento allo stereotipo dell’ingegnere. Ma non bisogna perdere di vista l’informazione iniziale. Nella cesta si sono solo 30 descrizioni di ingegneri e ben 70 di avvocati. Dunque la risposta corretta è “un avvocato”, semplicemente perché è la più probabile.

La “Disponibilità” è la tendenza ad attribuire maggiore probabilità di accadimento a determinati eventi solo perché, appunto più “disponibili”.

Negli Stati Uniti venne condotta un’indagine che rilevò che i cittadini americani credevano che ci fossero più morti dovute a sparatorie che ad infarti. L’informazione televisiva tende a dare vistosa rilevanza alle sparatorie e nessuna agli infarti.

L’”Ancoraggio” è la tendenza a prendere una decisione affidandosi in modo eccessivo alla prima informazione che ci viene fornita (l’ancora, appunto).

In un famoso esperimento condotto da Tversky e Kahneman, un gruppo di persone doveva stimare in percentuale quanti degli Stati facenti parte delle Nazioni Unite fossero africani. Ad alcuni, con una specie di ruota della fortuna truccata, veniva mostrato il numero 10, ad altri il numero 65. La percentuale stimata da chi aveva visto il numero 10 (in media 25%) era sempre inferiore a quella stimata da chi vedeva il 65 (in media 45%).

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di Michele Prignano

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