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Tassazione e definizione di sportivi professionisti


La tassazione in Italia degli sportivi professionisti tra lavoro dipendente e lavoro autonomo
Tassazione e definizione di sportivi professionisti

Sportivi professionisti: la tassazione del reddito

L’attività degli sportivi professionisti può rientrare tra le fattispecie di lavoro dipendente o di lavoro autonomo. Questo a seconda delle caratteristiche che la prestazione assume. Di seguito anche le modalità di tassazione dei premi legati ai risultati, del fringe benefit e ai diritti di sfruttamento dell’immagine dell’atleta professionista.

Chi è uno sportivo professionista? Ma soprattutto come viene tassato il reddito di tennisti, calciatori ed in generale di tutti gli sportivi professionisti?

Le modalità di tassazione dei redditi originati da sportivi professionisti, presuppone, preliminarmente l’analisi della natura del rapporto di lavoro che si instaura con la società sportiva.

Il lavoro sportivo professionistico è disciplinato dalla Legge n. 91/1981, ed è caratterizzato, oltre che dalla sua obbligatoria rispondenza a determinati modelli formali. Modelli individuati dal CONI e dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, dall’onerosità e dalla continuità della prestazione sportiva.
 
Inoltre, il rapporto di lavoro sportivo professionistico deve essere stipulato per iscritto tra lo sportivo (sia esso un atleta o un allenatore allenatore) e la società destinataria delle sue prestazioni. Società che, peraltro, deve essere obbligatoriamente costituita nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata.

Chi sono gli sportivi professionisti?

L’articolo 2 della Legge n. 91/1981 prevede che possono essere considerati sportivi professionisti:

  • gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali."

Questo secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica.
 
Sulla base di questa definizione possiamo considerare l’atleta professionista come colui che esercita un’attività sportiva disciplinata dal CONI a titolo oneroso e continuativo nel tempo.

Viene quindi lasciato il compito alle varie federazioni sportive, ognuna per la propria competenza, di qualificare gli atleti professionisti da quelli dilettanti. In pratica, le singole federazioni sportive a loro libero arbitrio, possono stabilire i requisiti per disciplinare gli atleti professionisti, dagli sportivi dilettanti.

La tassazione del reddito degli sportivi professionisti

L'art. 17 stabilisce che i redditi percepiti dagli sportivi professionisti sono imponibili nello Stato in cui tali attività sono svolte. La norma convenzionale non prevede una clausola di esclusività in favore dello stato o paese in cui le prestazioni sportive sono esercitate e, pertanto, i due stati (quello di residenza del percettore e quello di effettivo svolgimento dell'attività) mantengono una potestà impositiva concorrente.

Stesse tematiche si ripropongono ogniqualvolta lo sportivo professionista (fiscalmente residente in Italia) effettui trasferte all'estero. Anche in tale situazione, da un lato occorrerà tenere presente il worldwide taxation principle, il regime fiscale dello stato estero in cui la trasferta viene effettuata, le convenzioni bilaterali eventualmente stipulate dall'Italia con lo stato estero di trasferta e gli strumenti deflattivi della doppia imposizione fiscale.

In un'ottica di pianificazione fiscale internazionale dello sportivo professionista, sono di particolare interesse i regimi agevolativi introdotti dagli stati per attirare capitale umano. Al riguardo, una breve e sommaria menzione deve essere rivolta ai regimi opzionali introdotti dal legislatore nostrano al fine di incentivare il trasferimento della residenza fiscale in Italia, anche da parte degli sportivi stranieri, tra i quali si annoverano il regime dei cosiddetti "lavoratori impatriati", previsto dall'art. 16 del D.lgs. 147/2015 e il regime dei "neo-residenti" disciplinato dall'art. 24-bis del Tuir.

In sintesi, il regime dei "lavoratori impatriati" prevede che i redditi prodotti in Italia dagli sportivi professionisti che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento della residenza fiscale e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due periodi d'imposta concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare. La fruizione dell'agevolazione è subordinata al versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile e trova applicazione a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza ed è valido per cinque periodi d'imposta. In determinate situazioni di legge, iI regime può essere prolungato per ulteriori cinque periodi di imposta.

Il regime fiscale dei "neo- residenti", anch'esso opzionale, previsto in favore delle persone fisiche neo-residenti in Italia prevede:le seguenti opzioni. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato invece, l'applicazione di un'imposta sostitutiva fissa sui redditi prodotti all'estero (cosiddetta "flat tax"), pari a 100mila euro per ciascun anno di imposta, indipendentemente dall'ammontare dei redditi esteri del soggetto optante.

Sono ammessi a beneficiare del regime agevolato gli individui che non siano stati fiscalmente residenti in Italia per almeno nove dei dieci periodi d'imposta precedenti l'inizio del periodo di validità dell'opzione. La durata massima del regime è pari a 15 anni a partire dal primo periodo d'imposta di efficacia. Nel presente contributo si è dato per assunto che lo sportivo professionista mantenga (o assuma) la residenza fiscale in Italia e che tale status permanga anche qualora l'attività sportiva venga svolta all'estero. Indubbiamente, il tema della residenza fiscale dello sportivo professionista è di particolare complessità stante la mobilità internazionale che caratterizza l'attività di atleti agonisti che possono trovarsi nella situazione di essere ingaggiati nel corso di uno stesso anno da società sportive di diversi stati esteri ovvero di effettuare trasferte e partecipare a manifestazioni ed esibizioni nel corso di uno stesso anno in diversi Paesi esteri.

Per questa ragione, anche le autorità fiscali nazionali ed estere si dimostrano particolarmente sensibili ai casi di mobilità transnazionale degli sportivi professionisti e al trasferimento della residenza fiscale che ne può derivare. Natalia Operti Partner di Rlvt, dottore commercialista e revisore Legale, ha maturato una significativa esperienza nel campo delle imposte dirette e indirette e, in particolare, nel campo della fiscalità internazionale e dell'Iva. Con riguardo alla fiscalità internazionale degli individui, offre consulenza in merito al trasferimento di residenza e ai regimi riservati agli inpatriates/expatriates, tassazione transfrontaliera dei redditi e crediti per le imposte pagate all'estero.

Il presente articolo costituisce e riflette un'opinione e una valutazione personale esclusiva del suo autore; esso non sostituisce e non si può ritenere equiparabile in alcun modo a una consulenza professionale sul tema oggetto dell'articolo. WeWealth esercita sugli articoli presenti sul Sito un controllo esclusivamente formale; pertanto, WeWealth non garantisce in alcun modo la loro veridicità e/o accuratezza, e non potrà in alcun modo essere ritenuta responsabile delle opinioni e/o dei contenuti espressi negli articoli dagli autori e/o delle conseguenze che potrebbero derivare dall'osservare le indicazioni ivi rappresentate.

Sportivi e tassazione dei compensi transnazionali

Le implicazioni fiscali per gli sportivi italiani che effettuano prestazioni all'estero. Tassazione nel Paese di residenza fiscale ed applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni per evitare fenomeni di doppia tassazione.

Qual’è il regime fiscale di tassazione per gli sportivi italiani che effettuano prestazioni o eventi sportivi all’estero?

Voglio partire da questa domanda per dare una risposta quanto più possibile completa ai tanti sportivi italiani che oggi, per vari motivi, effettuano prestazioni all’estero. In questo articolo ti parlerò di residenza fiscale di doppia imposizione e di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Il mio obiettivo è quello di fornirti tutte le indicazioni di carattere pratico per capire se e dove devi tassare il reddito che hai percepito all’estero da attività sportiva.

Sono tantissimi i casi di sportivi che effettuano eventi sportivi all’estero: dai calciatori, ai tennisti, passando da golfisti fino ai ciclisti. In tutti questi casi occorre individuare il corretto criterio di collegamento per la tassazione di questi redditi percepiti all’estero. Oltre a questo aspetto, poi, farò cenno alla grande attenzione che ormai portano tutti i Paesi del mondo nei confronti della tassazione del reddito degli sportivi. In particolare, penso a quelli italiani, che spesso decidono di trasferire la loro residenza all’estero.

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Sul punto andremo ad analizzare gli effetti, comunque limitati, che può avere per uno sportivo il trasferimento della propria residenza fiscale in un Paese con fiscalità privilegiata: mi viene in mente subito il Principato di Monaco o la Svizzera. Ebbene, come avremo modo di vedere in dettaglio, a parità di aliquota di imposta, si deve considerare la tassazione del reddito dovuta nel Paese della fonte. Dico questo perché, spesso, lo sportivo che si trasferisce all’estero si “dimentica” che la parte dei compensi legati a prestazioni sportive svolte all’estero, è comunque ivi tassato.

Andiamo ad analizzare, quindi, la tassazione del reddito estero degli sportivi italiani per le prestazioni sportive svolte all’estero.

Criteri generali di collegamento per la tassazione dei redditi

Prima di entrare nel dettaglio, legato alla tassazione dei compensi esteri degli sportivi, occorre partire da qualche definizione generale che si rivela utile allo scopo. In base a quanto disposto dall’articolo 3 del DPR n. 917/86 (TUIR), le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato italiano sono assoggettate a tassazione sui redditi ovunque prodotti (c.d. “worldwide income taxation“). A loro volta, i redditi che le stesse possono produrre, sono classificati (articolo 6) secondo le seguenti categorie:

  • redditi fondiari;

  • redditi di capitale;

  • redditi di lavoro dipendente;

  • redditi di lavoro autonomo;

  • redditi d’impresa;

  • redditi diversi.

Diversamente, ai soggetti non residenti, l’imposta si applica esclusivamente sui redditi dagli stessi prodotti nel territorio dello Stato. Si tratta dei redditi individuati tramite i criteri di collegamento definiti dall’art. 23 del DPR n 917/86. Naturalmente, questi criteri di tassazione sono, generalmente, adottati nella maggior parte degli Stati del mondo. L’effetto che si ottiene è quello di generare sovrapposizioni di potestà impositiva che danno luogo a fenomeni di doppia imposizione. Come andremo a vedere questo tipo di sovrapposizione di potestà impositiva si manifesta anche nel caso dei redditi percepiti da manifestazioni svolte all’estero da parte degli sportivi.

Particolarmente importante quando si parla di residenza fiscale è individuare i criteri secondo i quali uno sportivo può considerarsi fiscalmente residente in uno Stato. Non sono rari, infatti, i casi di sportivi che trasferiscono la propria residenza fiscale all’estero al fine di ridurre la propria pressione fiscale (anche attraverso lo spostamento della residenza fiscale in paesi c.d. “black list”). Molto spesso accade, infatti, che tali sportivi non qualifichino correttamente i requisiti dell’art. 2 del TUIR e quelli previsti dall’art. 4 del modello di Convenzione OCSE per la residenza fiscale. In questi casi, senza voler entrare nel merito della questione, già affrontata in altri articoli, è importante sottolineare come il mancato perfezionamento della residenza estera comporta per lo sportivo l’assoggettamento alla disposizione dell’art. 3 del TUIR. Questa, come saprai, prevede la tassazione dei redditi mondiali in Italia dello sportivo residente. Aspetto che diventa ancora più delicato e peculiare in caso di trasferimenti di residenza in paesi non collaborativi, in virtù dell’applicazione della presunzione legale relativa di residenza in Italia, contenuta nell’art. 2 co. 2-bis del TUIR.

Chi sono gli sportivi professionisti e non?

Prima di analizzare la disciplina fiscale prevista per gli sportivi occorre analizzare la differenziazione esistente tra sportivi professionisti e non professionisti. L’art. 2 della Legge n. 91/81 prevede che si considerino sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica. Ad oggi, in Italia, le federazioni che riconoscono i professionisti sono: calcio, basket, golf e ciclismo.

Accanto alla categoria dello sport professionistico vi sono anche le attività sportive dilettantistiche. Per lo sport dilettantistico non è prevista alcuna definizione specifica. Questo significa che tale attività deve essere individuata in modo residuale rispetto all’attività sportiva professionistica. In buona sostanza, quindi, un’attività sportiva esercitata in modo continuativo ed a carattere oneroso se svolta in un settore non dichiarato professionistico si qualifica come attività sportiva dilettantistica.

Non è intenzione andare ad approfondire questo aspetto, ma è sicuramente importante conoscere questa importante differenza all’interno del mondo dello sport.

Criteri di collegamento per la tassazione degli sportivi: normativa nazionale e convenzionale

Il regime di tassazione dei redditi degli sportivi ha sicuramente caratteristiche peculiari rispetto agli ordinari criteri di collegamento previsti per i redditi da lavoro dipendente o autonomo. Sul punto, la normativa di riferimento è data dalle lettere c) e d) comma 1 dell’art. 23 del TUIR e dall’art. 17 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni. Come detto, le attività lavorative degli sportivi presentano delle peculiarità derivanti dalla loro natura, in quanto:

  • sono esercitate per brevi periodi in più Stati (partecipazione a meeting, tornei, giri, etc);

  • prevedono generalmente remunerazioni piuttosto elevate (legate soprattutto ai premi per le competizioni vinte).

Problematiche connesse ai criteri di collegamento per la tassazione dei redditi nello Stato della fonte e nello Stato di residenza fiscale dello sportivo. In questi casi, devono essere tenuti in considerazione i seguenti aspetti (analizzati successivamente):

  • Gli Stati in cui l’attività sportiva viene prestata possono non prevedere l’assoggettamento a tassazione parte dei compensi percepiti (in virtù della propria legislazione interna). Fattispecie in cui vi è assenza di withholding tax;

  • La tassazione nello Stato di residenza potrebbe, nel medesimo modo, essere ridotta, qualora la stessa venga spostata in un altro Stato (magari a fiscalità privilegiata).

ESEMPIO

Pensa al caso di uno sportivo, un tennista, che è fiscalmente residente nel Principato di Monaco. Tale soggetto si trova ad effettuare una prestazione sportiva remunerata, magari per la partecipazione ad un torneo di tennis in Svizzera. In questo caso si dovrà individuare i corretti criteri di collegamento del reddito in relazione ai due stati coinvolti. È in questo contesto complessivo che bisogna analizzare il regime fiscale degli sportivi italiani.

Redditi degli sportivi nella normativa fiscale nazionale

I redditi degli sportivi non rappresentano una categoria reddituale distinta all’interno del TUIR (DPR n. 917/86). Pertanto, al fine di individuare se detti redditi, siano o meno da assoggettare a tassazione in Italia occorre fare riferimento alle lettere c) e d) comma 1 dell’art. 23 del DPR n. 917/86. Sulla base di quanto previsto da questa disposizione domestica, è sufficiente che l’attività “sportiva” sia “prestata” o “esercitata” in Italia per poter essere considerata come assoggettabile a tassazione. Questo a prescindere dalla presenza effettiva nel territorio dello Stato.

Quindi, per la normativa fiscale nazionale sono imponibili in Italia le prestazioni sportive svolte in Italia ma anche all’estero da parte di uno sportivo residente. Allo stesso modo, uno sportivo non residente è assoggettato a tassazione in Italia quando la prestazione è svolta in Italia e quando il compenso viene corrisposto da ente residente in Italia.

Redditi degli sportivi nella normativa convenzionale

I criteri di collegamento per la tassazione degli sportivi sono contenuti all’interno dell’art. 17 (Entertainers and Sportspersons) del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni. Tale articolo deroga alle previsioni generali sopra ricordate relative ai redditi da lavoro autonomo e dipendente e stabilisce quanto segue.

Nonostante le disposizioni dell’articolo 15, i redditi che un residente di uno Stato contraente, in qualità di professionista dello spettacolo quale artista di teatro. del cinema, della radio o della televisione, o musicista o sportivo. ritrae dalle sue attività personali esercitate nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato.

Qualora i redditi relativi a prestazioni personali effettuate da un artista o sportivo siano corrisposti non all’artista o sportivo direttamente, ma ad altra persona, detta remunerazione è, nonostante le disposizioni dell’art. 15, imponibili nello Stato contraente nel quale le prestazioni dell’artista o dello sportivo sono esercitate.

Art. 17 del Modello di Convenzione OCSE

Secondo l’art. 17 i redditi percepiti da sportivi sono imponibili nello Stato in cui dette attività sono svolte. Si tratta, in buona sostanza, di una deroga ai criteri generali previsti dall’art. 15 (per il lavoro dipendente) e dell’art. 7 (per il lavoro autonomo). Questi, infatti, prevedono l’imposizione del reddito nello Stato dove viene svolta l’attività alla presenza di una presenza fisica del lavoratore per oltre 183 giorni nell’anno (lavoro dipendente) o la presenza di una “stabile organizzazione” o “base fissa” (per il lavoro autonomo). Quindi il criterio di collegamento convenzionale è legato al luogo in cui la prestazione sportiva viene svolta. Come indicato dal commentario al modello OCSE, mancando l’avverbio “soltanto” il reddito è soggetto ad una potestà impositiva concorrente nei due stati coinvolti.

Da sottolineare che la definizione di sportivo ai fini del modello OCSE è diversa da quella (sopra indicata) della normativa nazionale. La nozione di sportivo comprende, infatti, oltre ai partecipanti agli eventi atletici (atletica, nuoto, etc), anche i giocatori di golf, i fantini, i giocatori di calcolo, tennis ed i piloti. Inoltre, sono considerate sport, anche attività come il gioco del biliardo, gli scacchi ed il bridge. Anche i compensi di carattere pubblicitario o sponsorizzativo ricevuti dall’artista sono normalmente inclusi nell’art. 17. Mentre, le royalties a fronte dell’utilizzo di proprietà intellettuale sono inclusi nelle disposizioni dell’art. 12 del modello OCSE.

Redditi percepiti in più stati

I criteri di tassazione dei redditi degli sportivi percepiti in più Stati si collocano all’interno dei paragrafi 9.2 e 9.3 del Commentario all’art. 17 del modello OCSE. Il criterio da seguire è che se il compenso è direttamente legato allo Stato dove la prestazione sportiva è stata svolta il reddito si considera prodotto in tale Stato; se non vi è correlazione diretta, vale il criterio temporale.

Questo significa, ad esempio, che per i ciclisti la ripartizione del reddito va in base ai giorni lavorati in ciascuno degli Stati ove si svolgono le competizioni (Risoluzione n. 79/E/2006 all’Agenzia delle Entrate).

Imponibilità nello stato della fonte anche per le “star company“

L’articolo 17, paragrafo 2 del Modello OCSE prevede, invece, una specifica disciplina che permette di contrastare talune pratiche elusive. Si tratta di fattispecie in cui il corrispettivo per la prestazione svolta dallo sportivo non viene a lui corrisposta, ma viene erogata nei confronti di una società (a questi riferibile). Si tratta, in buona sostanza, di enti conosciuti come “star company“, generalmente localizzati in stati a fiscalità privilegiata al fine di eludere (in linea teorica) la disposizione di cui al comma 1. Questa interposizione societaria è volta, a fini elusivi, a trasformare un reddito professionale in reddito di impresa, che prevede diversi criteri di collegamento per la tassazione.

Attraverso la disposizione di cui al paragrafo 2 dell’art. 17, nel caso in cui il corrispettivo della prestazione venga pagato ad una società (nel qual caso non si renderebbe applicabile il disposto del comma 1), lo Stato della fonte è comunque autorizzato ad assoggettare ad imposizione il reddito relativo alla performance avvenuta all’interno del proprio Paese. Con lo stesso fine deve essere segnalata anche la disposizione di cui all’art. 37, co. 3, del DPR n. 600/73, norma volta a contrastare la c.d. interposizione. La norma consente all’Amministrazione finanziaria di imputare ad un contribuente un reddito il cui titolare risulterebbe essere un soggetto differente. Questo qualora sia dimostrato (anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti) che detto contribuente ne sia l’effettivo possessore. E che ciò sia a riguardo del caso di interposizione fittizia sia a quello di interposizione reale.

Reddito prodotto all’estero da parte di sportivi residenti

Sulla base dei criteri di territorialità sinora analizzati i redditi prodotti all’estero da parte di artisti e sportivi fiscalmente residenti in Italia sono soggetti ad imposizione in Italia, in virtù del principio di tassazione su base mondiale dell’art. 3 del TUIR.

Tuttavia, come previsto dalla disciplina convenzionale (art. 17) si possono verificare fattispecie di doppia imposizione del reddito anche nell’altro Stato (c.d. “Stato della fonte“), se la legislazione di questo Stato lo prevede. Non essendoci clausole di esclusività del reddito nel solo Paese di erogazione del reddito, anche lo Stato di residenza dello sportivo può applicare tassazione sul reddito. In Italia, questa situazione di doppia imposizione viene risolta attraverso l’applicazione del credito per imposte estere (ex art. 165 del TUIR).

Con maggiore dettaglio, il reddito prodotto all’estero da parte di sportivi residenti è assoggettato a tassazione secondo i vari scaglioni IRPEF attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Premi legati a manifestazioni sportive

Per quanto riguarda i premi corrisposti in manifestazioni sportive è necessario distinguere la disciplina fiscale applicabile in relazione agli sportivi professionisti o meno. Andiamo ad analizzare le due casistiche:

  • Sportivi professionisti, le somme corrisposte a titolo di premio devono essere considerate come corrispettivo a fronte di attività professionale. Pertanto, il premio deve essere assoggettato alla ritenuta di cui all’art. 24 o 25 del DPR n. 600/73 (a seconda che lo sportivo svolga attività rientrante nell’attività di lavoro dipendente o autonomo);

  • Sportivi non professionisti (dilettanti), l’art. 67, co. 1, lett. m) del TUIR considera redditi diversi anche i premi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, dal CONI, dalle federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo che persegua finalità sportive dilettantistiche. Tali premi sono oggetto di una specifica disciplina ex art. 69, co. 2 del TUIR. Questa prevede una esenzione fiscale fino a 10.000 euro (non concorrono comunque a tassazione le spese documentate come vitto, alloggio, viaggi, trasporti, etc). Per i premi oltre la soglia è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 23% (primo scaglione IRPEF) fino a redditi che non superano la soglia di 20.658,28 euro. La ritenuta diventa a titolo di acconto per i premi che superano tale soglia. La ritenuta deve essere maggiorata dalle addizionali IRPEF.

In conclusione si può dire che nella maggior parte dei casi, il contratto stipulato tra un’atleta professionista e la società sportiva è inquadrabile come “lavoro subordinato” e, pertanto, la tassazione dei relativi redditi deve avvenire in base alle disposizioni recate dall’art 51 e ss. del TUIR. In queste circostanze, il reddito percepito dall’atleta professionista, in denaro o in “kind o fringe benefit”, deve essere assoggettato ad imposizione reddituale tramite ritenute alla fonte applicate dalla società sportiva, che agisce in qualità di sostituto d’imposta.

Quanto alla quantificazione della base imponibile Irpef, analogamente a quanto accade per le altre categorie di lavoratori dipendenti, vanno incluse a tassazione le somme ed i valori percepiti in relazione allo svolgimento del rapporto di lavoro sportivo; quali, a titolo esemplificativo, gli stipendi, le utilità in natura ed i premi aggiuntivi corrisposti direttamente dalla società sportiva di appartenenza.[1]  

Per quanto riguarda, invece, il regime fiscale dei premi e dei compensi che sono corrisposti agli sportivi professionisti da altri enti – in occasione, ad esempio, della partecipazione alla squadra nazionale impegnata in eventi sportivi internazionali – si è affermato in giurisprudenza che tali, poiché non originati dal rapporto di lavoro con la società sportiva di appartenenza, non sono qualificabili tra i redditi da lavoro dipendente. Su tale punto, si possono citare le sentenze della Cassazione del 1° marzo 1990, n. 1549, del 20 aprile 1990, n. 3303 e del 14 giugno 1999, n. 5866, che, in senso contrario a quanto esposto dall’Agenzia delle Entrate[2], hanno escluso la possibilità che il rapporto di lavoro dipendente in essere con il “club sportivo” possa permanere anche quando il professionista svolga episodiche attività sportive a favore della Federazione nazionale: e ciò considerando che non è in ogni caso possibile ipotizzare l’esistenza di un distacco dell’atleta/lavoratore da parte della società sportiva a favore della Federazione nazionale[3].

In queste circostanze, i compensi percepiti dallo sportivo professionista sono ricondotti al diverso ambito dei redditi da lavoro autonomo. A tale conclusione si è giunti analizzando l’art 3, comma 2 della Legge 91 il quale, individua le caratteristiche affinché i compensi ricevuti dall’atleta professionista siano inquadrabili nell’ambito del reddito di lavoro autonomo. Dette caratteristiche attengono sostanzialmente alle modalità temporali di resa delle prestazioni sportive a favore della società sportiva; e sono individuabili come segue:

  • mancanza di obblighi di frequenza delle sedute di allenamento;

  • prestazione di attività per una singola manifestazione o per più eventi tra loro collegati;

  • disponibilità continuativa a favore della società sportiva per un tempo non superiore a otto ore settimanali (oppure a cinque giorni al mese, o a trenta giorni all’anno).

A tali condizioni, l’attività sportiva è inquadrabile nell’ambito del lavoro autonomo. Conseguentemente, detti redditi devono essere assoggettati a ritenuta alla fonte da parte dell’ente erogante, da determinarsi ex art. 24 del DPR 600/73.

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