Colpo di frusta, le problematiche della risarcibilità del danno biologico permanente

La risarcibilità dei traumatismi alla colonna vertebrale è questione molto dibattuta negli uffici giudiziari italiani.
In effetti, il colpo di frusta è una fattispecie intorno alla quale gli operatori del diritto hanno versato fiumi di inchiostro e che, ad oggi, nonostante l’intervento del Legislatore, è oggetto di notevoli contrasti.
Sono, infatti, trascorsi nove anni dall’entrata in vigore dell’art. 32 commi 3-ter e 3-quater della legge 27/2012 che ha modificato il testo dell’art. 139 del codice delle assicurazioni e, soprattutto, ha comportato un notevole quanto inutile aumento del contenzioso civilistico.
Tanto induce a svolgere alcune considerazioni sulla corretta interpretazione del disposto dell’art. 139/2 cod. ass. ai sensi del quale: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.
Gli operatori del diritto sono al corrente del conflitto che si è venuto a creare tra l’interpretazione della Corte Costituzionale nella sentenza n. 235/2014 e nella successiva ordinanza 242/2015 ed il successivo orientamento della terza sezione della Corte di Cassazione e di parte della giurisprudenza di merito relativamente al concetto di “accertamento clinico strumentale obiettivo”.
In sintesi, secondo una lettura superficiale, da un lato, la Consulta riterrebbe che la prova strumentale della lesione sia condizione indefettibile per il risarcimento del danno, dall’altro, il Giudice di legittimità afferma che è unicamente compito del medico legale quello di accertare l’esistenza della menomazione secondo le “leges artis”, a prescindere dalla dimostrazione strumentale della lesione.
In realtà, il presente dibattito deve essere riesaminato sotto un duplice profilo.
In primis, sotto l’aspetto medico legale, se si considera che nessuno strumento di diagnostica d’immagine è in grado di documentare con certezza una lesione del rachide cervicale e, per l’effetto, il nesso di causalità tra il trauma e la relativa menomazione.
Secondariamente, in diritto, va richiamata l’attenzione sul contenuto dell’ordinanza n. 242/2015 della Corte Costituzionale che ha motivato la necessità dell’indagine strumentale in base al principio di ragionevolezza posto che, in caso contrario, l’accertamento dei postumi sarebbe sottoposto ad una eccessiva discrezionalità.
La finalità perseguita è, dunque, quella di evitare di estendere il risarcimento a postumi inesistenti o enfatizzati.
Senonché, da un’ordinanza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale deriva sia per il giudice a quo che per i giudici di merito unicamente un vincolo negativo consistente nel dovere di non applicare la norma in maniera difforme ai parametri costituzionali.
Va da sé che se il medico legale accerta la sussistenza delle menomazioni utilizzando criteri o parametri che rispondono al requisito di “evitare una eccessiva discrezionalità” viene rispettato il principio dettato dalla Consulta, evidenziandosi, contestualmente, l’assenza di conflitto tra quanto dettato dalla Corte Costituzionale ed il principio stabilito dal Giudice di legittimità.
Per altro verso argomentando è indispensabile far riferimento alle linee guida internazionali in tema di “Whiplash-Associated Disorders”, ovvero alla valutazione delle lesioni alla colonna vertebrale estratte dalla rivista Int J Legal Med (2016) 130:13-22.
Orbene, i parametri internazionali per la valutazione dei traumatismi cervico-dorso-lombosacrali si possono dividere nelle seguenti fasi.
La fase acuta (Acute Phase)
Prevede da parte dello specialista le seguenti attività:
1. esame clinico (clinical examination) consistente nella storia del paziente (Case History) e nell’analisi della idoneità traumatica del sinistro come la violenza dell’impatto (accident and biomechanical analysis);
2. l’identificazione di fattori ad alto rischio (identification of high risk factors);
3. l’esame obiettivo (objective examination) consistente nella visita che, di per sé, è sufficiente per qualificare la gravità delle menomazioni in WAD grade 1 (neck pain = dolore al collo), WAD grade 2 (difficoltà nella mobilità), WAD 3 (difficoltà nella coordinazione e disturbi visivi); WAD 4 (fratture vertebrali).
La fase cronica (Cronical Phase) = Invalidità permanente
Può essere accertata trascorsi 6 mesi dal trauma e prevede le seguenti attività:
1. collection of circumstantial, clinical and instrument data (raccogliere tutti I dati del paziente);
2. case history (ripercorrere la storia clinica del paziente);
3. psicho-physical examination (esame medico legale);
4. pain drawing (localizzazione del punto dolente).
Nell’ambito della pubblicazione si perviene al punto nodale della questione là ove viene specificato quanto segue: “…In presenza di almeno un sintomo significativo (es. dolore cervicale, dolore occipitale, costrizione cervicale) o segni (contratture dei muscoli paraspinali, contratture del trapezio, alterazione della misura del movimento cervicale) l’esame fisico può proseguire o attraverso tests strumentali o consultando uno specialista al fine di ottenere ulteriori dati anantomo-funzionali, se necessario…”.
La quarta e ultima fase prevede l’inevitabile valutazione da parte del medico legale.
Dalla lettura delle predette linee guide si evincono, pertanto, due fondamentali circostanze e segnatamente:
1. per la verifica della cronical phase, ovvero dell’invalidità permanente non sono necessari accertamenti strumentali;
2. questi ultimi vengono equiparati ad un esame specialistico e vengono richiesti solo se necessario, ovvero, quale elemento integrativo rispetto ad una situazione già accertata attraverso i criteri sopra specificati.
Ne consegue, allora, che la finalità perseguita dalla Corte costituzionale, ovvero, quella di evitare che vengano risarciti danni inesistenti, ovvero, enfatizzati viene rispettata qualora il consulente medico abbia eseguito la propria valutazione nel rispetto dei criteri previsti dalle linee guida internazionali.
Per tali ragioni, sarebbe opportuno che, in ipotesi di contenzioso giudiziale, l’ausiliario medico legale del Giudice utilizzi le linee guida internazionali relative al “Whiplash-Associated Disorders” alla cui redazione hanno collaborato tutti i migliori specialisti della medicina legale nazionale ed internazionale e che, guarda caso, prescindono da ogni e qualsivoglia accertamento di diagnostica strumentale.
In buona sostanza, la dottrina medico legale offre agli operatori del diritto una nuova metodologia di accertamento dei postumi permanenti che consente una corretta valutazione del danno nel pieno rispetto del principio costituzionale e, soprattutto, preservando la salute del paziente il quale può così evitare di farsi bombardare di radiazioni pericolose per la propria salute.
Sotto il profilo giurisprudenziale, fondamentale è l’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1272/2018 che, richiamando il contenuto della sentenza n. 18773/2016, ha dettato il seguente principio: “In materia di risarcimento del danno da micropermanente, l’art. 139 comma 2 D.lvo 7 settembre 2005 n. 209, nel testo modificato dall’art. 32 comma tre ter D.lvo 24 gennaio 2012 n. 1, inserito dalla legge di conversione 24 marzo 2012 n. 27, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrità psicofisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione ai fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale”.
Tale criterio è stato più recentemente ribadito dallo stesso Giudice di legittimità nella sentenza 31072/2019 ove è stato ribadito che “…l’accertamento del danno alla persona deve avvenire con criteri medico legali fissati da una secolare tradizione quali l’esame obiettivo (quindi visivo), l’esame clinico e gli esami strumentali che sono fungibili ed alternativi tra loro e non già cumulativi”.
Contestualizzando il conflitto tra danneggiati ed assicuratori nelle controversie giudiziali avanti al Giudice di Pace di Parma, si può affermare che i consulenti medico legali, cui è demandato il compito di valutare se i traumi distorsivi alla colonna vertebrale comportino il riconoscimento di un danno permanente, abbiano scelto la via del buon senso e dell’equilibrio.
In effetti, contravvenendo le linee guide adottate dagli istituti assicurativi che non considerano esami strumentali validi ai fini del riconoscimento del danno permanente né gli esami radiografici né l’elettromiografia, gli ausiliari del Giudice abitualmente esaminano l’entità del danno al veicolo e le condizioni fisiche del lesionato, equiparando l’esame clinico a quello strumentale operando una scelta oculata dei criteri indicati dal Legislatore.
Si deve, allora concludere che le modifiche introdotte dal legislatore al disposto dell’art. 139 cod. ass. hanno comportato un inutile aumento del contenzioso civile, avendo tale novità normativa aumentato la distanza già esistente tra danneggiato ed assicuratore.
Ciò che, infatti, accade nelle aule di giustizia è l’abituale ribaltamento delle tesi esposte dalle compagnie assicurative i cui medici legali che, nel corso della fase stragiudiziale, nulla riconoscono, per danno permanente, nei traumatismi distorsivi alla colonna vertebrale, vedono abitualmente ribaltate le proprie tesi.
Sarebbe, di conseguenza, auspicabile un adeguamento della dottrina medico legale italiana ai parametri suggeriti dalle linee guida internazionali in tema di “Whiplash-Associated Disorders” onde consentire al lesionato di ottenere l’integrale risarcimento del danno derivante dai traumatismi distorsivi alla colonna vertebrale.
Tale prospettata ideazione, aldilà delle contese dottrinarie e giurisprudenziali, garantirebbe una più equanime difesa del diritto del danneggiato ad ottenere l’integrale risarcimento del danno.
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