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Quando è dovuto il mantenimento del figlio maggiorenne?


Ecco quando il figlio maggiorenne non indipendente economicamente può esigere il mantenimento dai genitori
Quando è dovuto il mantenimento del figlio maggiorenne?

 

La legge sull'affidamento condiviso (n. 54/2006) aveva espressamente disposto che il giudice, valutate le circostanze, poteva disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.

Successivamente, la Legge 154 del 2013 introduceva l'art. 337 septies che prevede che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto.

L'obbligazione dei genitori è di tipo solidale ed è ripartita in proporzione alle sostanze patrimoniali e alla capacità lavorativa. L'obbligazione di estende sia alle spese ordinarie (vitto, alloggio, ecc.,) sia a quelle straordinarie (sport, hobby, viaggi, ecc.). Sulla distinzione tra spese ordinarie e straordinarie si veda il Protocollo sottoscritto nel 2014 tra il Tribunale di Roma e l'Ordine degli Avvocati di Roma.

Seppure l'obbligazione dei genitori non cessa con il raggiungimento della maggiore età è pur vero che con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. (alimenti) ma non può più essere trattato come 'figlio', bensì come "adulto".

Ciò viene motivato sulla base del dovere di auto-responsabilità del figlio maggiorenne che non può pretendere la protrazione dell'obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché "l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione" (Cass. n. 18076/2014; Cass. SS.UU. n. 20448/2014).

Alcuni tribunali tra cui quello di Milano stabiliscono una soglia di età (34 anni per il Tribunale di Milano) oltre la quale lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all'adulto.

Ovviamente, è opportuno valutare caso per caso, ma certamente stabilire almeno di massima delle "soglie" consente di evitare ricorsi che alimentano vere e proprie forme di parassitismo di figli adulti ai danni dei loro genitori sempre più anziani.

La Corte di Cassazione con ordinanza 12 aprile 2016, n. 7168 sancisce che il dovere dei genitori di mantenere i figli maggiorenni cessa a seguito del raggiungimento, da parte di quest'ultimi, di una condizione di indipendenza economica che si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.

Pertanto, non qualunque tipo di lavoro fa cessare l'obbligo del mantenimento (ad esempio un lavoro precario), ma è sufficiente un reddito o il possesso di un patrimonio tali da garantire un'autosufficienza economica.

E' evidente che a prescindere dall'età e della posizione socio culturale della famiglia una colposa inerzia nell'attuazione o prosecuzione di un valido percorso di formazione e/o studio determina la cessazione dell'obbligo di mantenimento da parte dei genitori.

Ad esempio la Corte di Cassazione con sentenza n. 1585/2014, ha escluso il diritto al mantenimento del figlio ventottenne che aveva iniziato ad espletare attività lavorativa, ancorché saltuaria, e non frequentava con profitto il corso di laurea a cui risultava iscritto da più di otto anni.

L'indipendenza e l'autosufficienza economica presupposti per la cessazione dell'obbligo di mantenimento si considerano raggiunte ove il figlio trovi un impiego tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità e un'appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni.

La Corte di Cassazione ha affermato che laddove il figlio ottenga una serie di "contratti a termine e guadagni contenuti" possa dirsi raggiunta la sua autosufficienza economica (Cass. Civ. sentenza n. 13354 del 26.05.2017).

Invece, al contrario, in materia di contratto di apprendistato, la sentenza della Corte di Cassazione, numero 407, del 13.01.2007, ha stabilito che la mera prestazione di lavoro da parte del figlio occupato come apprendista non è di per sé tale da dimostrarne la totale autosufficienza economica, "atteso che il complessivo contenuto dello speciale rapporto di apprendistato….si distingue sotto vari profili, anche retributivi, da quello degli ordinari rapporti di lavoro subordinato".

Ove il figlio maggiorenne successivamente al raggiungimento della piena autosufficienza economica perda il lavoro, non potrà comunque più chiedere il mantenimento ai genitori ma vi sarà al massimo e al ricorrerne delle condizioni un obbligo alimentare.

Il genitore obbligato al mantenimento non può di sua iniziativa versare l'assegno direttamente al figlio. E' solo il figlio maggiorenne che, ove lo desideri, deve chiedere al Giudice di disporre il versamento diretto del mantenimento.

La legittimazione attiva a richiedere l'assegno è attribuita sia al figlio maggiorenne che al genitore convivente con il figlio.

L'onere della prova sulla raggiunta autosufficienza del figlio maggiorenne spetta al genitore obbligato.

Sull'entità dell'assegno di mantenimento, se non vi è accordo tra i genitori il giudice ne quantifica l'ammontare, tenendo conto del tenore di vita di cui godevano i figli quando ancora vivevano con entrambi i genitori, delle necessità, del livello socio - culturale della famiglia, dei redditi e delle sostanze dei genitori, del luogo in cui vive il figlio e di ogni altro elemento ritenuto utile.

 

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L'autore è esperto in Diritto di famiglia
Avv. Valentina Di Bartolomeo
VIALE ALESSANDRINO, 385 SCALA C INTERNO 3 00172 R
00172 - Roma (RM), Lazio


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