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La contabilità istituzionale degli enti non commerciali


Quali sono gli obblighi in termini contabili di un ente non commerciale? Esaminiamo in questo articolo le basi dei bilanci, ovvero le scritture contabili
La contabilità istituzionale degli enti non commerciali

I numeri, i conti e il mondo delle attività umane e sociali prive di scopo di lucro: due binari paralleli che nei decenni passati non sempre si sono toccati.

Inquadriamo cosa significa tenere la contabilità di un Ente No Profit generico (userò l'acronimo ENP), di una Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD) ovvero di un Ente del Terzo Settore (ETS) includendo in questo ultimo gruppo anche le Associazioni di Promozione Sociale (APS) e le Organizzazioni Di Volontariato (ODV).

Per gli ETS specifico che quanto riportato sotto non vale per le imprese sociali.

 

Le rinnovate esigenze informative

Spinti da necessità di carattere fiscale e di controllo, i legislatori che si sono succeduti nel tempo hanno progressivamente ristretto il cerchio.

Il principio “io ti premio ma tu devi essere trasparente e cristallino” è stato quindi il “leit motiv”, direi almeno degli ultimi 40 anni.

Tuttavia il peso sempre piu' marcato del mondo del terzo settore, e delle attività non commerciali in genere, sulla produzione nazionale di servizi e beni, è stato altresi un fattore determinante per la necessità di sistemi contabili di supporto, che esprimessero chiarezza e veridicità verso tutti i portatori di interesse che gravitano intorno alla realtà no profit, a partire dai donanti (di denaro e di lavoro) e dai finanziatori, per arrivare allo stato e al fisco.

Un'altra necessità che ha portato gli enti a redigere una contabilità, anche volontaria, è data dalla verifica periodica dei requisiti di mantenimento della qualifica di “ente non commerciale”, per i tanti enti che dispongono di partita IVA e svolgono anche attività “fatturabili”: le scritture contabili, se redatte correttamente possono costituire una prova a favore dell'ente.

L'insieme dei conti: al centro di un sistema contabile

Chi ha studiato e ha nel cuore la vecchia “economia aziendale”, quando ancora si chiamava “ragioneria”, non può non ricordare in primis che quando si parla di contabilità si intende l'utilizzo di conti, ovvero di elementi che sono veri e propri aggregati di valori omogenei, espressi in valuta monetaria.

A me piace sempre la metafora del “conto” quale “cassetto”, un cassetto contenuto in un grande armadio dove i conti costuiscono la cassettiera dell'armadio ed il rendiconto o bilancio di esercizio la struttura vera e propria dell'armadio, con tante grucce all'interno!

Ma da dove nascono i “valori omogenei” che andiamo a collocare all'interno dei conti?

Dalle singole attività compiute dal nostro ente non commerciale, attività che vengono “scomposte” attraverso una matrice creata sulla base di specifiche esigenze.

Il cosiddetto “piano dei conti” ha una struttura piramidale, su piu' livelli dove il livello piu' basso dovrebbe misurare i valori piu' omogenei, suddivisi in base alla natura dell'operazione rilevata.

Ecco perchè si parla di “mastri”, “conti”, “sottoconti” a seconda della grandezza contabile di riferimento.

L'utilizzo dei conti ci consente in tempi rapidi di ottenere informazioni semplicemente aprendo ….un “cassetto”!

Gli obblighi di contabilità generale per gli enti no profit generici (ENP) e le ASD

Diciamo subito per chiarezza che per gli enti non commerciali non sussistono, relativamente alla attività istituzionale (escludiamo quindi quelle commerciali con partita IVA), obblighi giuridici di natura contabile in quanto le norme impongono solo obblighi in ambito amministrativo a valle, ovvero in termini di rendicontazione annuale, attraverso il rendiconto o bilancio.

Nulla vieta che tali obblighi possano invece derivare dallo statuto dell'ente, ad esempio, ma anche da valutazioni di opportunità degli amministratori, in relazione alle dimensioni e modus operandi dell'ente.

Chiaro che nessun rendiconto o bilancio può essere però realizzato senza la tenuta di forme, anche elementari, di conti, intesi come imputazione di valori omogenei.

Di norma il rendiconto per gli enti di piccole dimensioni viene redatto seguendo criteri finanziari (entrate e uscite di cassa/banca/carte di credito/pay pal ecc...) mentre per gli enti piu' grandi seguendo il criterio economico-patrimoniale, con esposizione quindi del patrimonio, dei crediti, dei debiti ecc....

In passato ci sono state indicazioni sia da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti che della ex Agenzia per le ONLUS sui limiti per adottare un rendiconto di “pura cassa” ma non hanno mai assunto al rango di norma giuridica.

Il sistema contabile utilizzato è chiaramente legato al criterio con cui viene redatto il rendiconto o bilancio.

Non è raro incontrare nella prassi professionale enti che fanno molta confusione su questo punto.....

Con quali formalità adottare le scritture contabili?

Se parliamo di enti di ridotte dimensioni, con un rendiconto redatto con criteri finanziari sono sufficienti registri cartacei o elettronici (ad esempio fogli excel) di cosiddetta prima nota o di libro giornale a partita semplice, con pochi conti (di norma quelli di banca/cassa) addebitati/accreditati per ogni singola operazione registrata.

Non ci sono schemi da seguire, obbligatori, tuttavia consiglio di rispettare sempre la cronologicità e l'ordine nelle registrazioni, anche in contabilità semplici.

Per gli enti che redigono un rendiconto con criteri economico patrimoniali il consiglio è quello di utilizzare sistemi di rilevazione piu' complessi con un vero e proprio piano dei conti e un sistema contabile che utilizzi metodi adeguati tra cui quello della partita doppia che è in assoluto il piu' usato, con almeno l'addebito/accredito di due conti per ogni operazione rilevata e di rilevazioni particolari non presenti in una contabilità per cassa, connesse agli studi di ragioneria che il redattore dovrebbe aver conseguito.

Gli obblighi di contabilità generale per gli ETS (ADV, APS eventuali ASD ETS) e le ex ONLUS in genere

L’art. 87 CTS (D.Lgs 117/2017) disciplina gli obblighi contabili di tutti gli ETS.

Per tali enti “in relazione all’attività complessivamente svolta, le scritture dovranno osservare i requisiti della cronologia e sistematicità e rappresentare analiticamente le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione (questi obblighi si considerano assolti anche se la contabilità consta del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità agli artt. 2216 e 2217 del codice civile); in relazione all’attività svolte con modalità commerciali, le scritture contabili dovranno essere quelle previste dalle disposizioni di cui all'art.18 del D.P.R. n. 600/1973”.

In tale ambito, dunque, esiste un vero e proprio obbligo normativo di redazione di una contabilità che non sia “a partita semplice” ma che rispetti i criteri sia di cronologicità che di sistematicità: in poche parole occorre adottare una contabilità di tipo ordinario.

L'eccezione generale riguarda gli ETS che nell'ambito della attività istituzionale non abbiano conseguito entrate superiori a 220.000 euro: in questo caso è consentita la tenuta di una contabilità di tipo semplificata, basata su criteri finanziari in quanto anche il rendiconto puo' essere redatto con questi criteri anche se nel caso degli ETS a mio giudizio occorre procedere con la creazione di un sistrema di rilevazioni semplificato ma che rispetti in assoluto sia la cronologicità e l'analiticità delle operazioni, sia la sistematicità del sistema stesso.

In poche parole un gradino di complesità superiore rispetto a qualsiasi altro ENP: ecco perchè in ogni caso consiglio l'adozione di una contabilità generale ordinaria.

Obbligo ed esenzioni simili erano poste già per le ex ONLUS iscritte al registro tenuto dall'Agenzia delle Entrate.

Per gli ETS l'approvazione in data 5 marzo 2020 con un decreto ministeriale degli schemi obbligatori di bilancio o rendiconto da depositare al Registro Unico Nazionale Terzo Settore ha comportato una necessità di rielaborazione del piano dei conti utilizzato internamente, al fine di rendere piu' omogenei i valori contabili disponibili dal sistema contabile utilizzato, con quelli richiesti dagli schemi fissi di bilancio.

La contabilità fiscale e quella generica di interesse generale: separati in casa

La prima dicotomia netta è quella che ci porta a dover separare due tipologie di conti: quelli legati ad eventuali attività commerciali fiscalmente svolte in via residuale e quelli legati all'attività tipica, ormai definita “istituzionale”.

La prima forma di contabilità segue regole di carattere “fiscale”, spesso sulla falsariga delle regole applicate alle imprese dalle normative che interessano tributi specifici, come l'IVA, mentre il secondo tipo di contabilità non ha contorni cosi precisi ma puo' fare riferimento piu' in generale alle esigenze di rendicontazione e di bilancio dell' ente, previste da norme tributarie, a partire dall'articolo 20 del DPR 600/1973 per arrivare all'articolo 148 comma 3 del DPR 917/1986 e dall'articolo 4 comma 4 DPR 633/1972, per gli enti associativi.

Chiaro però che la contabilità fiscale non è avulsa da quella generale dell'ente ed è per questo che sono “separate in casa”: i riflessi dell'attività commerciale dovranno comunque essere evidenziati anche nella contabilità generale e quindi poi nel rendiconto o bilancio annuale obbligatorio.

Come fare a separare tali contabilità?

Se da un lato per esigenze fiscali basta curare la compilazione di un registro cartaceo o elettronico separato, il mio suggerimento è di non limitarsi alla separazione fisica dei registri ma di integrare la contabilità generale dell'ente con mastri e/o conti dedicati alle entrate e alle spese riferite all'attività commerciale (quella con partita IVA).

La contabilità di interesse generale e quella delle raccolte fondi: separati in casa pure questi!

Non solo la contabilità fiscale va separata da quella piu' generale, ma anche le spese e le entrate relative a campagne di sensibilizzazione per la raccolta di fondi, a celebrazioni, a ricorrenze.

Questa necessità deriva anch'essa dalle modalità di espressione di tali valori all'interno del piu' generale rendiconto o bilancio dell'ente: oltre a far parte della contabilità generale, infatti, l'articolo 20 del DPR 600/1973, secondo comma, ha imposto da tanti anni la necessità di separata indicazione di proventi e spese legati alla campagna di raccolta fondi, attraverso rendiconti specifici da approvare entro 4 mesi dalla chiusura dell'esercizio.

Tale necessità di rendicontazione deriva per le ASD, anche da normative di carattere tributario agevolativo (mancata tassazione degli introiti sulla base di un numero massimo di eventi/anno).

Come fare quindi a separare la contabilità delle raccolte fondi?

Il mio consiglio è di farlo tramite l'individuazione di mastri (gruppi di conti) e/o singoli conti dedicati alla raccolta di entrate e spese riferite alla singola raccolta fondi.

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