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Vittima incidente. Risarcibile anche la fidanzata


Il danno morale non spetta solo ai parenti o al coniuge ma anche ai soggetti che siano stati legati alla vittima da uno stretto legame affettivo
Vittima incidente. Risarcibile anche la fidanzata

La Corte di Cassazione ha di recente affrontato il tema della risarcibilità del danno morale oltre che in favore dei prossimi congiunti della vittima anche in favore di quei soggetti che pur non essendo legati alla vittima da un rapporto di coniugio o di parentela, siano stati tuttavia legati alla vittima medesima da uno stretto e stabile vincolo affettivo.
Il casus decisus ha riguardato, in particolare, una fidanzata che in un incidente stradale aveva perduto il fidanzato al quale era legata da tempo.

Con la sentenza n.46351 del 10.11.2014 la Corte di Cassazione ha rammentato il principio secondo il quale «affinché si configuri la lesione di un interesse a rilevanza costituzionale, la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come "stabile legame tra due persone", connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti».
Pertanto, sotto tale profilo, sono risarcibili i legami affettivi che siano stati connotati dalla stabilità della relazione.
In primo grado il danno, a titolo di provvisionale, era stato determinato in 15mila euro (la stessa somma assegnata ai fratelli della vittima), cifra dimezzata in secondo grado perché la fidanzata non era convivente.
A supporto della propria statuizione la Suprema Corte ha sottolineato che i principi costituzionali da prendere a riferimento non sono gli articoli 29 e 30 della Costituzione - «così che detto legame debba essere necessariamente strutturato come rapporto di "coniugio", ed a questo debba somigliare» - quanto piuttosto nell'articolo 2 della Costituzione che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazione della persona in quanto tale.
Al riguardo, risulta acquisito il principio in base al quale ai prossimi congiunti della persona che ha subito lesioni, a causa del fatto illecito altrui, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato, in relazione ad una particolare situazione affettiva intercorrente con la vittima. In tal caso, il congiunto e' legittimato ad agire "iure proprio" contro il responsabile (Cass. Civ. S.U. n. 9556/02).

La giurisprudenza di legittimita', invero, ha chiarito che il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione piu' ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. In particolare, le Sezioni Unite (Cass. Civ. Sez. U n. 26972/2008) hanno ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale inteso nella sua piu' ampia accezione, ivi compreso, appunto, il danno morale, che puo' essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilita') e puo' sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad es., derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto).
In tale prospettiva, di ritenuta risarcibilita' dei pregiudizi di natura non patrimoniale conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona, si e' chiarito che il riferimento ai "prossimi congiunti" della vittima primaria, quali soggetti danneggiati "iure proprio" a cagione del carattere plurioffensivo dell'illecito, deve essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, e' proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l'ingiustizia del danno ed a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate (se ed in quanto queste siano allegate e dimostrate quale danno-conseguenza), a prescindere dall'esistenza di rapporti di parentela o affinita' giuridicamente rilevanti come tali.

La Corte ha pertanto statuito che, affinche' si configuri la lesione di un interesse a rilevanza costituzionale, la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come "stabile legame tra due persone", connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti.

Sul piano probatorio si e' poi considerato che colui che rivendica il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza della morte della persona a cui e' legato da relazione affettiva, deve allegare e dimostrare l'esistenza e la natura di tale rapporto, la sua stabilita', intesa come non occasionalita' e continuita' nel tempo, tale da assumere rilevanza al momento di verificazione del fatto illecito; che spetta al danneggiato, che chiede il risarcimento del danno non patrimoniale attinente alla propria sfera relazionale, dare la prova dell'esistenza e della natura di tale rapporto, potendo tuttavia questa essere fornita con ogni mezzo, ed anche mediante elementi presuntivi; e che spetta al giudice di merito accertare, alla stregua delle circostanze del caso concreto, e degli elementi, anche presuntivi, addotti dalla parte, l'apprezzabilita' della relazione affettiva, a fini risarcitori.

Avv. Sigmar Frattarelli

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