Buona fede e obbligo di rinegoziazione

La Corte Suprema di Cassazione, ufficio del Massimario e del Ruolo, con relazione tematica n. 56 del 8 luglio 2020, ha affrontato la problematica delle “novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”
Al punto 9 del sommario, fra le altre numerose tematiche prese in considerazione, si rinviene la questione della “rinegoziazione del contratto squilibrato”, tema di grande attualità in periodo di pandemia. In detto punto della predetta relazione, si afferma, fra le altre cose, che “la correttezza, con le sue regole, ivi compresa quella sul dovere di rinegoziare un contratto sperequato, non è soppiantata dal rimedio formalizzato nell’art. 1467 c.c., trovando rispetto ad esso un proprio autonomo spazio di prevalenza”.
La relazione prosegue nel senso di evidenziare che “la giurisprudenza si è talvolta occupata del problema relativo alla sussistenza o meno di un obbligo di modificare il contratto, senza tuttavia approdare ad un’impostazione sistematica cristallizzata. L’esigenza di rinegoziazione è gradualmente affiorata in alcune pronunce della Suprema Corte” (si citano nelle note, fra gli altri Tribunale Bari, Ord. 31 luglio 2012 in Nuova giur. Civ. comm. 2013, 117; Cass. 24 settembre 1999 n. 10511 inter alia).
Si postula quindi la rinegoziazione come “commino necessario di adattamento del contratto alle circostanze ed esigenze sopravvenute. La correttezza è suscettibile di assolvere, nel contesto dilaniato della pandemia, la funzione di salvaguardare il rapporto economico sottostante al contratto nel rispetto della pianificazione convenzionale” (nelle note si citano i seguenti Autori: Roppo, Il contratto, II ed. in Iudica- Zatti, Trattato di diritto privato, Milano, 2011, 968; nonché Scognamiglio, L’emergenza Covid 19: quale ruolo?).
Dunque, in questa prospettiva, il contemperamento tra istanze istruttorie e debitorie relative a prestazioni temporaneamente impossibili o eccessivamente onerose va intrapreso, in base a questo strumento giuridico, che si affianca agli altri esistenti e che dunque non prescinde certamente dagli altri a disposizione attraverso il ricorso alla rinegoziazione, secondo la clausola generale di buona fede, quale garanzia di un comportamento corretto nella fase di attuazione delle previsioni contrattuali.
La negoziazione, se dunque richiesta dal contraente svantaggiato, va compiuta in modo costruttivo, secondo i criteri posti dagli artt. 1175 e 1375 c.c.. Le trattative devono perciò essere intavolate e condotte correttamente, in relazione a soluzioni riequilibrative che possono ritenersi eque ed accettabili alla luce dell’economia del contratto.
Si avrà dunque inadempimento, precisa la relazione della Suprema Corte “se la parte tenuta alla rinegoziazione si opponga in maniera assoluta ed ingiustificata ad ossa o si limiti ad intavolare delle trattative di mera facciata, ma senza alcuna intenzione di rivedere i termini dell’accordo”.
A queste condizioni sembra dunque che ci si possa avvalere, specularmente, dall’altra parte dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., addirittura - secondo taluni - sospendendo o riterminando la prestazione, in particolare del canone di locazione (cfr. in dottrina MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione)
Non è imposto, ovviamente, un apprezzabile sacrificio, personale od economico (v. ex multis Cass. 27 aprile 2011 n. 904 e Cass. 4 maggio 2009 n. 10182) alla controparte.
La giurisprudenza di merito pare essersi mossa sulla scorta di detti principi.
Vale ricordare la pronuncia del Tribunale Roma, 27.08.2020 in Foro It. 2020, 10, I, 3261, la quale ha proprio sanzionato la violazione dell’obbligo di rinegoziazione ed ha ordinato in via cautelare la riduzione dei canoni di locazione di un immobile adibito ad attività di ristorazione e la sospensione della fidejussione prestata a garanzia delle obbligazioni medesime.
Secondo il Giudice Romano la crisi economica è dipesa chiaramente dalla pandemia. La pandemia e i suoi effetti devono qualificarsi come “sopravvenienza” nel substrato giuridico che costituisce il presupposto del negozio.
Si ritiene che i contratti a lungo termine, in forza della clausola rebus sic stantibus debbano essere continuati ad essere rispettati quando rimangono intatte le condizioni ed i presupposti di cui hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio.
Sostanzialmente nello stesso Tribunale Venezia 28 luglio 2020 secondo cui in tema di mancato pagamento del canone di affitto nelle locazioni ad uso non abitativo nel periodo di lockdown, ove la morosità sia riferita a mensilità nelle quali la società conduttrice non abbia potuto esercitare nei locali attività commerciale a cause delle restrizioni imposte dalla normativa sanitaria in materia di COVID, si deve parlare di impossibilità parziale temporanea tale da giustificare o la riduzione della controprestazione o del recesso ex art.li 1256, 1258, 1464 c.c. (In Plus Plus Diritto).
In altri termini e conclusivamente: può ribadirsi, anche in epoca di pandemia, un obbligo di cooperazione tra le parti finalizzato, da un lato a salvaguardare il rapporto economico sottostante al contratto, dall’altro ad evitare che una delle parti si avvantaggi in modo ingiustificato rispetto all’altra, proprio a causa dell’imprevista sopravvenienza.
Così si ritiene che nel caso in cui il conduttore richieda un adeguamento del canone di locazione, lo stesso dovrà essere parametrato, ad esempio, al periodo di mancata fruizione, o alla diversa utilità ricavata, agli eventuali benefici fiscali, etc. (cfr. PANDOLFINI, Epidemia Covid 19 e contratti di locazione commerciali: quali rimedi per i conduttori).
Recentissimamente questo principio é stato affermato in sede legislativa.
Decreto Legge del 22/03/2021 - N. 41
Gazzetta Uff. 22/03/2021 n. 70
Art. 6 nonies - (Percorso condiviso per la ricontrattazione delle locazioni commerciali) .
1. Le disposizioni del presente articolo sono volte a consentire un percorso regolato di condivisione dell'impatto economico derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia subito una significativa diminuzione del volume d'affari, del fatturato o dei corrispettivi, derivante dalle restrizioni sanitarie, nonché dalla crisi economica di taluni comparti e dalla riduzione dei flussi turistici legati alla crisi pandemica in atto. Locatario e locatore sono tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone di locazionE.
Nello stesso senso, si muove la legge 106/2021, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 73/2021, recante misure urgenti sull'emergenza da Covid-19 (art. 4 bis: rideterminazione temporanea del canone di locazione per un periodo massimo di 5 mesi nel 2021, ove il locatario abbia subito una significativa riduzione del volume d'affari in un determinato arco temporale).
Si veda anche il decreto legge n. 118/2021, art. 10 relativo ai contratti imprenditoriali.
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