Danni da lesione del congiunto

Danni derivati da lesioni del congiunto
La lesione, l’invalidazione di un congiunto, comporta normalmente delle precise conseguenze sui familiari a lui prossimi e sull’equilibrio dello stesso consorzio familiare, che rileva per il diritto civile. Spesso si verifica, in simili ipotesi, infatti, una forzosa modifica delle abitudini di vita, in relazione alla necessità di prestare assistenza ad un soggetto divenuto ormai invalido. Si parla anche di “danni da rimbalzo” o “danni riflessi”, che colpiscono cioè soggetti diversi dalla vittima primaria dell’illecito.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno infatti ammesso il risarcimento anche ai congiunti, riconoscendo come non ostativo l’art. 1223 c.c. in quanto anche tale danno trova la causa nel fatto dannoso (Cass. sez. un. 1° luglio 2002 n. 9556). Si parla perciò di fatto illecito plurioffensivo, idoneo a colpire soggetti diversi, i quali possono chiedere autonomi risarcimenti.
Danno esistenziale alla madre di macroleso
Così la Corte di Cassazione ha riconosciuto il danno esistenziale alla madre di macroleso come conseguenza dell’incidente subito dal figlio, comportante per la stessa un radicale sconvolgimento della vita costringendola a lasciare il lavoro per impegnarsi a tempo pieno nei doveri di cura e di assistenza del figlio (Cass. Civ. sez. III 6 aprile 2011, n. 7844)
La giurisprudenza di merito (v. per es. Corte App. Firenze, sez. II civ. 29 gennaio 2009 n. 113, www.personaedanno.it) ha valorizzato come le lesioni gravi subite da una donna abbiano concretamente inciso sull’esplicazione del suo ruolo nell’ambito del rapporto coniugale, esplicando effetti pesantemente sulla vita della famiglia.
Quello che rileva, a livello risarcitorio, sono le seguenti circostanze:
a) il dolore sul piano affettivo relazionale, per le lesioni subite dal famigliare;
b) una serie di adeguamenti del “quotidiano” che non possono non ripercuotersi sulla sfera esistenziale di ciascun componente della famiglia;
c) la modifica o l’interruzione, in particolare, di consolidate abitudini di vita;
d) la necessità di assistenza e cure al congiunto.
Il concetto di famiglia è molto ampio, volto ad abbracciare le relazioni più significative, anche diverse dai canoni della famiglia tradizionale. Rileva in particolare, in senso risarcitorio, la coabitazione o comunque la dipendenza profonda con il macroleso. È certamente ricompreso nel novero dei famigliari anche il convivente, purché in ogni caso legato da un rapporto di coabitazione con la vittima primaria. Per esempio, il risarcimento può spettare anche al figlio “di primo letto”- come si usa dire- che conviva con il/la partner della madre o del padre.
La Corte di Cassazione, almeno in un primo momento, aveva decisamente escluso che potessero dar luogo a fenomeni di risarcimento di “rimbalzo” alcuni fenomeni di lesioni minime (Cass. sez. III, 3 ottobre 2005 n.19316). In ogni caso, si è chiesto che la lesione, per essere rilevante, alteri l’assetto delle relazioni famigliari con i conviventi.
Danni risarcibili
I danni risarcibili sono, recte possono essere principalmente i seguenti:
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il danno patrimoniale;
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il danno biologico;
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il danno morale e/o esistenziale.
Quanto al danno patrimoniale, vengono in considerazione: le spese direttamente sostenute per l’assistenza e la cura del famigliare; non solo i costi delle medicine e delle terapie mediche e riabilitative, ma anche le modifiche strutturali della abilitazione e riorganizzazione degli spazi, l’acquisto di macchinari e strumenti per il macroleso; i pagamenti di compensi e stipendi per assistenti specializzati e/o badanti.
Altra voce del danno patrimoniale comprende la perdita dei contributi economici che il congiunto invalidato attribuiva alla famiglia e che vengono ora meno per effetto dell’evento di danno, con liquidazione giudiziale che deve tener conto di tutte le circostanze che devono essere provate nel caso specifico.
Quanto ai danni non patrimoniali, il pregiudizio che colpisce la vittima secondaria dell’evento invalidante è in primo luogo di tipo affettivo, ma sovente si ripercuote anche nella sfera esistenziale dei famigliari, i quali devono cambiare, per effetto dell’evento inatteso, l’agenda di vita.
L’art. 2059 c.c. consente il risarcimento del danno non patrimoniale alla vittima secondaria dell’illecito, alla luce della storica sentenza Cass. Civ. sez. Un. del 11 novembre 2008 n. 26972, qualora il fatto illecito abbia:
1) alterato l’assetto dei rapporti famigliari;
2) comportando una dilatazione dei bisogni e dei doveri;
3) ed una determinante riduzione, se non annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano.
Il danno biologico o psichico postula, dal canto suo, una vera e propria malattia in cui sia esitato il perturbamento derivante dalla lesione del caro. Si prova tramite certificati medici (inerenti il disturbo psichiatrico e/o le cure del caso) e CTP medico legale (la quale, però, da sola, non è sufficiente a comprovare il danno, perché ha valore di mera allegazione difensiva, specie se non è corroborata da certificati medici).
Il danno morale consiste nella sofferenza transeunte, mentre la parte esistenziale del danno non patrimoniale consiste nel peggioramento della qualità e delle abitudini di vita, nello sconvolgimento delle dinamiche famigliari. Si parla in tal caso di “risarcimento per perdita della serenità famigliare”, espressione che comprende tutte le rinunce, tutti i sacrifici, tutto quanto necessario per esistere il famigliare macroleso.
In molte controversie giudiziarie, si è discusso anche dell’incisione della lesione subita dal macroleso sui rapporti di coppia intrattenuti col coniuge e/o col partner; ciò in quanto la Corte Costituzionale, nella nota sentenza n. 561/1987, ha evidenziato come la sessualità costituisca uno dei principali modi di espressione della persona. È stato richiesto giudizialmente anche il danno per la perdita dell’attività di casalinga (o di casalingo) del famigliare.
Le cause più statisticamente ricorrenti che coinvolgono i famigliari di macrolesi, sono quelle derivanti da incidenti stradali o da colpa medica, a cui si affiancano le nascite di bambini malformati a causa di errore dei sanitari, oppure ancora le ipotesi aggressione o violenza fisica nei confronti di famigliari.
In un caso giudiziario (Tribunale di Catania, sentenza n. 6/2008) si è discusso dei danni spettanti ai famigliari di una ragazza fatta oggetto di violenza sessuale. Il danno può anche consistere nel fatto che il famigliare, per assistere e/o accudire il macroleso sia di fatto costretto ad abbandonare la propria precedente occupazione. In tal caso si verifica un danno patrimoniale.
La prova del danno, anche non patrimoniale, non è comunque mai in re ipsa, ma può essere inferita anche tramite le presunzioni od il notorio, a condizione che si alleghino gli elementi necessari utili ad accertarlo.
In particolare Cass. Civ. n. 5807/2019 ha richiesto, nell’affermare il principio di diritto poi massimato che occorre la prova dell’intensità della relazione affettiva col caro danneggiato dal fatto illecito (nel caso si trattava di fratelli del macroleso al 85 %). Insiste sullo stravolgimento delle relazioni affettive pure la giurisprudenza antecedente (cfr. Cass. n. 14040/2013).
Una più recente sentenza (Cass. civ. n. 11212/2019) valorizza, invece, dal canto suo, la convivenza con il macroleso, con incisione della macrolesione sull’ambito dinamico relazionale dell’attrice.
Particolare importanza può rivestire la CTU medico legale, la quale può descrivere, oltre ai postumi, anche i vari bisogni di assistenza nella vita quotidiana della vittima ed il suo stato di sofferenza, fornendo dunque, siappure indirettamente elementi utili per evidenziare i sacrifici sui sono tenuti i famigliari.
Tutti aspetti, che ovviamente, potranno essere provati anche tramite la prova testimoniale, particolarmente utile in relazione alla dimostrazione della questione della compromissione delle attività realizzatrici della persona. Quanto al danno patrimoniale, uno degli elementi di maggior peso è il costo per l’assistenza futura del congiunto.
Circa la misura del quantum, rilevano i seguenti elementi:
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il grado di invalidità del macroleso;
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il grado di parentela del famigliare;
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il rapporto di convivenza con lo stesso;
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il mutamento degli stili di vita per effetto della necessità di assistenza: il danno sarà, in particolare, tanto maggiore quanto più numerose saranno le rinunce;
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il carico di sofferenza collegato a tutto ciò;
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la necessità di un’assistenza continuativa ed integrale da parte del caro leso.
È dibattuto se il danno non patrimoniale derivante da grave lesione del rapporto parentale possa, per personalizzazione, oltrepassare il danno normalmente liquidato per la morte del congiunto. Al riguardo, vale osservare che l’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, nella relazione di presentazione delle nuove tabelle del 2021, nel paragrafo IV, relativo al “danno non patrimoniale derivante da grave lesione del rapporto parentale”, evidenzia i seguenti concetti:
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la misura del danno non patrimoniale risarcibile alla vittima secondaria è disancorato dal danno biologico subito dalla vittima primaria;
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infatti, pur essendo la gravità di quest’ultimo rilevante per la stessa configurabilità del danno al famigliare, pare opportuno tenere conto nella liquidazione del danno essenzialmente della natura e intensità del legame tra vittime secondarie e vittima primaria, nonché della quantità e qualità dell’alterazione della vita famigliare (da provarsi anche mediante presunzioni);
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non è possibile ipotizzare un danno non patrimoniale “base”, mentre per il tetto massimo occorre fare riferimento alle tabelle per la morte del congiunto;
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ad esempio, il giudice- precisa l’Osservatorio- per il danno non patrimoniale subito dalla madre in conseguenza della macrolesione del figlio, potrà liquidare da zero ad € 336.500,00 corrispondente al massimo sconvolgimento della vita famigliare (che potrebbe in ipotesi sussistere se la madre avesse lasciato il lavoro per dedicare la propria vita all’assistenza morale e materiale del figlio).
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